ROMA. Uno studio condotto dall’Istituto di scienze polari del Consiglio nazionale delle ricerche di Messina (Cnr-Isp), nell’ambito del progetto Ipeca coordinato dall’Università di Trieste, in collaborazione con l’Università degli Studi dell’Insubria (Varese), l’Ateneo di Perugia, la Ca’ Foscari Venezia e la Libera Università di Bolzano, pubblicato sulla rivista “Scientific Reports”, ha portato alla scoperta di un crioecosistema unico sotto la superficie dei ghiacci antartici.
La ricerca, promossa nell’ambito del Programma nazionale di ricerche in Antartide (Pnra) finanziato dal Mur e coordinato dal CNR per le attività scientifiche e dall’ENEA per l’attuazione operativa delle spedizioni, ha permesso l’identificazione di brine endoglaciali nell’area del ghiacciaio di Boulder Clay, nei pressi della Stazione scientifica italiana ‘Mario Zucchelli’.
“Di recente abbiamo rinvenuto brine ipersaline all’interno dei ghiacci di questa zona antartica che, per la loro diversità microbica e geochimica, determinano un habitat unico rispetto alle brine finora studiate in quell’area – spiega Angelina Lo Giudice, ricercatrice del CNR- ISP – Questa diversità di microrganismi è la probabile conseguenza di una progressiva concentrazione di acqua marina nelle masse ghiacciate, che inizia a verificarsi già in epoche remote”.
Un ambiente simile a quello delle Blood Falls, famoso per la loro colorazione rossastra, nelle Dry Valleys dell’Antartide orientale, dove è presente un sistema idrologico di brine ipersaline all’interno del ghiacciaio Taylor.
“In questi habitat particolari, l’elevato contenuto di sale nel ghiaccio fa sì che le brine si mantenga allo stato liquido. Questo ci fa ipotizzare che ci possano essere crioecosistemi simili anche in altre aree terrestri dove sono presenti ghiacciai – conclude Maurizio Azzaro, ricercatore del Cnr-Isp e coordinatore scientifico della 38^ spedizione italiana in Antartide -. Da molti anni il nostro istituto lavora su queste tematiche, che sono considerate pioneristiche. L’obiettivo delle ricerche è quello di acquisire maggiori informazioni sulla vita microbica in condizioni estreme, perché la nostra idea è che possano esistere criecosistemi anche sui pianeti cosiddetti ghiacciati, ad esempio come Urano e Nettuno”.
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