Commissione Europea, Manfred Weber il candidato CSU tedesco che vuole costruire una nuova Unione

Di Pierpaolo Piras

Berlino. “Sono un costruttore di ponti”, ha detto Manfred Weber, l’8 novembre scorso ad Helsinki, al termine del congresso del Partito Popolare europeo (PPE) che lo ha eletto, ad ampia maggioranza (79% dei delegati), come candidato di punta del PPE alla presidenza della Commissione Europea, in vista delle elezioni del Parlamento Europeo che si terranno nel maggio del 2019.

Manfred Weber (CSU)

Manfred Weber è un bavarese di 46 anni, laureato in fisica ingegneristica, membro del Partito conservatore della CSU (Unione Cristiano-Sociale) dal 2004, oggi capogruppo del Partito Popolare Europeo e strettamente legato alla Cancelliera tedesca, Angela Merkel.

E’ noto sia per il carattere riservato che per le sue elevate capacità come mediatore.

La sua candidatura è nata con la dichiarata esigenza di recuperare l’emorragia elettorale subita dalla CDU della Merkel nelle ultime elezioni regionali in Baviera ed in Assia, nonché per le deludenti previsioni pronosticate per la CDU all’appuntamento elettorale europeo del 2019.

Il PPE è il più grande partito politico dell’ala conservatrice del Parlamento Europeo. Nel 2014 ha guadagnato la quarta affermazione elettorale, confermandosi come forza politica di maggioranza all’assise di Strasburgo.

Esso annovera anche i presidenti della Commissione Europea, Jean-Claude Juncker e del Consiglio Europeo, Donald Tusk.

Il presidente del Consiglio europeo, Donald Tusk

L’identità cristiana è in cima alla lista dei valori per quest’uomo politico , molto legato alle sue origini bavaresi, che non ha esitato a salire palcoscenico, facendo il segno della croce. “Siamo orgogliosi di questi valori e li difenderemo, noi siamo democristiani”, ha ripetuto almeno venti volte durante il suo ultimo discorso prima delle votazioni.

Ha continuato sottolineando che solo un’Europa unita può contare politicamente nelle grandi strategie mondiali.

E’ noto che l’Unione Europea è un gigante economico ma sofferente di nanismo politico, fin dalla sua nascita. Basti citare le recenti crisi, siriana ed in Ucraina, laddove l’Unione Europea ha esercitato un ruolo del tutto marginale o, tutt’al più, da comprimaria, non senza le consuete quanto inutili divisioni tra alcuni dei suoi Stati membri.

Il PPE ha necessità di nuove idee capaci di mantenere integro il suo ruolo maggioritario al Parlamento di Strasburgo.

Weber sembra averle trovate nel cambiamento della linea politica emersa ad Helsinki. Essa deriva in primo luogo dalla presa di conoscenza, di fronte agli attacchi all’interno dell’UE, dei movimenti euroscettici, dal riconoscimento che il mondo ed, ancor più, la società europea, stanno vivendo profonde ed inaspettate trasformazioni . I cosiddetti “sovranisti” non sono più visti come un movimento di irrazionale e/o d’istintiva protesta o come un soggetto politico da etichettare sbrigativamente come “populisti di destra”.

Piuttosto essi sono apparsi giustificati dalla legittima reazione alle prevaricazioni in campo economico imposte da organismi non elettivi delle Commissioni europee. Al congresso PPE di Helsinki, i populisti sono stati valutati, anche se in forma velata, la giusta reazione al pericolo di perdita della cultura patria e di tutti i valori peculiari della propria identità di popolo, in ogni caso da tutelare o ripristinare .

Sul fronte verso i “sovranisti”, Weber ha dichiarato con nettezza di voler intavolare una “discussione costruttiva”. Egli sembra proprio l’ “homo novus” adatto ad affrontare i processi sociali, nazionali ed europei, legati alla digitalizzazione, i danni economici esercitati sulle microproduzioni europee secondari alla globalizzazione economica, i conflitti sorgenti dalle migrazioni clandestine ed il relativo cambiamento demografico.

La logica e l’ampio consenso partitico in seno al PPE fanno prevedere che Weber , dopo le elezioni europee, possa rivendicare la successione di Jean- Claude Juncker come presidente della Commissione europea.

Il candidato principale del PPE avrà l’opportunità di servire come presidente della Commissione se i democratici cristiani diventeranno il gruppo più forte nel prossimo Parlamento dell’UE. Tuttavia, dovrà essere in grado di raccogliere sul suo nome i voti di diversi gruppi politici che saranno investiti dal Parlamento europeo, ma dovrebbe anche essere ufficialmente nominato dai Capi di Stato e di Governo dell’UE ed eletto dal Parlamento Europeo.

Attualmente, a Strasburgo , il PPE ed i socialdemocratici detengono il 55% dell’assemblea, ma i sondaggi attuali pongono in minoranza tale coalizione. E’ plausibile che dovrà essere formata una nuova maggioranza aggiornata che legiferi alla guida della Commissione Europea, magari con i (non più esclusi a priori) “populisti” nel suo seno.

Una riunione del Parlamento europeo

Rimane una domanda, più geopolitica, rivolta ai leader tedeschi: il cancelliere tedesco pensa davvero che le altre 26 nazioni (il Regno Unito sarà fuori entro la data delle elezioni europee) accetterà di affidare la presidenza della Commissione europea a un tedesco, dato il peso specifico già molto importante dei parlamentari della Germania nelle diverse istituzioni europee?

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