Conflitto ucraino: i calcoli dei due contendenti e gli scarsi risultati di Istanbul. Trump minaccia nuove sanzioni nei confronti della Russia

Di Fabrizio Scarinci

ISTANBUL. Il vertice di Istanbul sull’Ucraina, mediato dal Presidente turco Recep Tayyip Erdogan, è terminato nel tardo pomeriggio di ieri con un quasi nulla di fatto.

Come noto, già alla vigilia (e, in particolare, nel momento in cui il Presidente russo Vladimir Putin aveva reso nota la lista definitiva dei propri negoziatori) era stato ampiamente compreso come, ben difficilmente, esso avrebbe potuto produrre risultati significativi.

Il Presidente della Federazione Russa Vladimir Putin

Infatti, per quanto russi e ucraini abbiano ristabilito un dialogo diretto (cosa certamente da non sottovalutare), le loro posizioni di fondo rimangono ancora molto distanti.

La ragione di ciò risiede nel fatto che sia Mosca che Kiev risultano, al momento, poco interessate a concludere un accordo. Non perché vogliano farsi la guerra per sempre, ma perché entrambe sperano di negoziare da una condizione maggiormente favorevole rispetto a quella in cui si trovano ora.

Carro russo T-90 catturato dalle forze ucraine – Mil.gov.ua

Analizzando più in dettaglio quanto accaduto durante i colloqui, la delegazione di Kiev (di cui non ha fatto parte il Presidente Zelensky, che aveva chiarito di essere disposto a partecipare in prima persona solo se avesse avuto la possibilità di incontrare il suo omologo russo) ha insistito, in linea con quanto concordato la settimana scorsa con i partner occidentali del Paese, nel chiedere un cessate il fuoco prima dell’avvio dei negoziati; una richiesta molto probabilmente formulata contando più su una risposta negativa da parte di Mosca (peraltro quasi scontata fin dall’inizio) che su una risposta positiva, con l’obiettivo di scoprire le carte del Cremlino e mostrare (soprattutto agli USA) come Vladimir Putin sia l’unico vero responsabile della continuazione del conflitto.

Il Presidente ucraino Volodymyr Zelensky

Altrettanto calcolata la risposta degli uomini di Mosca, che, nell’esprimere il loro rifiuto per la proposta di Kiev hanno anche voluto precisare come, da un lato, il loro governo non ritenga necessaria una tregua al fine di far partire un eventuale negoziato (a tal proposito, citando Napoleone, il loro capo delegazione, Vladimr Medinsky, ha specificato come guerra e trattative si svolgano sempre contemporaneamente) e, dall’altro, di essere disposti ad accettare una pausa nei combattimenti solo dopo il riconoscimento ucraino della propria sovranità sui territori già conquistati.

Una richiesta (anche questa) che sembrerebbe essere stata formulata proprio al fine di far sì che Kiev la ritenesse inaccettabile, con l’obiettivo di scaricare su di essa la colpa dello stallo venutosi a creare e continuare con le proprie operazioni sul campo senza chiudere del tutto la porta ad un’Amministrazione Trump con cui, comunque, almeno nel medio termine, sembrerebbero voler ricucire.

Del resto, si sa; le forze russe stanno avanzando e, pur prendendo seriamente in considerazione l’ipotesi di un accordo (non dimentichiamoci dell’enorme sacrificio in termini di vite umane da esse sopportato e dei considerevoli rischi connessi a un’eccessiva vicinanza nei confronti di Pechino), Mosca vorrebbe comunque strappare agli ucraini quanto più territorio possibile.

Forze russe nei pressi di Pokrovsk

Alla fine, i due contendenti si sono accordati solo sul fatto di redigere due rispettivi piani di tregua, da discutere nel prossimo incontro, e su un nuovo scambio prigionieri (1000 per parte), mentre Kiev è tornata sulla propria richiesta di un incontro diretto tra Putin e Zelensky.

Chiaramente, questa situazione ha consentito all’Ucraina di tornare a godere (almeno per il momento) di un sostegno più compatto da parte del mondo occidentale, con lo stesso Presidente statunitense Donald Trump che, pur restando fiducioso nella possibilità di raggiungere un accordo con Putin (con cui, adesso, anch’egli vorrebbe un incontro), non ha esitato a minacciare nuove sanzioni da parte degli USA in caso di fallimento dei negoziati.

Il Presidente degli Stati Uniti Donald Trump

Quanto all’Europa, invece, i nuovi pacchetti di sanzioni sarebbero già in preparazione da un paio di giorni. Stando a quanto dichiarato, essi dovrebbero riguardare diverse banche russe (molte delle quali già oggi sottoposte a divieti generali) e i gasdotti Nord Stream 1 e Nord Stream 2, al momento fuori uso a causa del sabotaggio avvenuto il 26 settembre 2022.

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