Di Pierpaolo Piras*
Nuova Delhi. Nelle strade di Nuova Delhi si respira aria da fine dei tempi. Ovunque si odono le sirene delle ambulanze con i contagiati in debito di ossigeno.

Malati in un ospedale indiano
È la variante indiana del Coronavirus che fa strage.
La Repubblica dell’India sta vivendo la seconda ondata da record di Covid-19, più concentrata tra la popolazione della capitale.
La situazione sanitaria appare senza controllo. Gli ospedali con poche ore di autonomia di ossigeno in bombole, per lo più riservati ai numerosi ricoverati affetti da distress respiratorio.
Una lunga fila di cadaveri, trasportati con i mezzi più diversi e di fortuna, attende fuori dai centri crematori mentre scarseggia la legna sacralmente destinata alle cremazioni secondo i vari riti religiosi.
I più poveri bruciano le salme persino sui marciapiedi urbani.
Scene non diverse appaiono nelle città vicine.
Al di là delle grigie statistiche, questo è il volto umano per l’orrore che le persone devono vivere soffrire.
A tutt’oggi, il totale dei contagiati ha raggiunto quasi 19 milioni, 15,4 milioni sono i guariti e le vittime oltre 200 mila. Mentre l’incidenza di tali parametri continua a crescere.
Queste sono le cifre ufficiali, ma sussistono ragioni epidemiologiche che si tratti di un sottoconteggio e che le cifre reali siano ben più alte e su una scala dilagante nel territorio. Non è sbagliato definirla un’ecatombe!
Tutto il popolo indiano chiede se davvero doveva succedere questa strage di popolazione. Il Governo ha fatto tutto quello che doveva e poteva fare?
Neanche due mesi fa, il Partito Bharatiya Janata (BJP) al potere si compiaceva di sé stesso per la sua “lotta vittoriosa contro il Covid”.
Ma la verità cronologica dice che il primo ministro indiano, Narendra Modi, e il suo Governo ignorarono numerosi avvertimenti nei primi tre mesi di quest’anno e, ancor più pericolosamente, ignorarono gli allarmi emanati dalla società scientifica.

Il primo ministro indiano, Modi
Insomma, molti fattori hanno sicuramente contribuito a determinare questa gigantesca seconda ondata di infezioni virali e morte, ma al centro del disastro c’è il rifiuto del governo di vederlo giungere nono stante le chiare evidenze.
Il tempo perso
Già alla fine di settembre dell’anno scorso gli osservatori indiani registravano contagi Covid in misura irrisoriamente bassa. Tanto da far supporre a qualche sprovveduto, nonostante il miliardo e mezzo di abitanti di questa nazione, in gran parte giovani, a ritenere che i cittadini fossero naturalmente immuni dal virus.
Nel contempo il Governo pronunciava che a breve sarebbe stato disponibile un vaccino grandemente efficace.
Ma il coronavirus non conosce riposo: la sorveglianza epidemiologica locale, già nel mese di ottobre scorso intercettava nel Paese un nuovo virus (identificato B.1617) senza stanziare immediatamente i fondi e le misure organizzative necessari per organizzare l’esecuzione dei test per l’identificazione del COVID-19, accompagnati dal sequenziamento dei codici genetici necessari per monitorizzare la malattia.
I dati iniziano a preoccupare nei mesi del passaggio cronologico all’inverno, ovvero quelli prediletti per gli affollati matrimoni indù nel nord del continente indiano.
Ma il trionfalismo nelle parole di Modi aumenta, supportato anche dalla iniziale produzione del vaccino anti-Covid.
Il premier Modi ebbe persino l’ardire di rivolgersi al “Virtual World Economic Forum”, asserendo gaiamente ai partecipanti che le loro previsioni scientifiche preoccupate sull’India erano sbagliate; che il suo Paese aveva affrontato rapidamente il COVID-19 e che, anzi, era ora pronto a contribuire a porre fine alla pandemia in tutto il mondo esportando milioni di dosi di vaccino.

La mappa del COVID in Italia
La preparazione alla seconda ondata
La retorica precedente non corrispondeva alle azioni del Governo: la spavalderia di Modi al Forum ha avuto conseguenze del tutto drammatiche.
Alcuni giornali compatibili con il Governo hanno amplificato l’idea che l’India avesse sconfitto il COVID-19.
Con grande disappunto del mondo scientifico medico, gli indiani hanno continuato ad ignorare le linee guida sul distanziamento sociale. Di conseguenza sono emersi i nuovi casi clinici di COVID-19 conclamato.
Il 1° febbraio scorso, l’India ha registrato oltre 11 mila casi e la curva epidemiologica ha iniziato a salire progressivamente da allora.
La seconda ondata
Nonostante i segnali allarmanti, il Governo esacerbava la diffusione della malattia permettendo la celebrazione di grandi feste religiose e relativi pellegrinaggi sacri.
Prova ne sia della presenza di Modi che accoglieva migliaia di pellegrini l’11 marzo scorso (quando nuovi casi quotidiani avevano raggiunto quasi 50 mila unità) sulle rive del fiume Gange (ritenuto sacro dagli indù) nello stato di Uttarakhand per il “Kumbh Mela” .
Il “Kumbh Mela” è una festa religiosa indù molto importante che, in certi giorni, attira milioni di pellegrini.
Gli elementi aggravanti
I primi di questi sono gli imperativi politici elettorali.
All’inizio di marzo, l’attenzione del Governo si era spostata verso le elezioni in cinque stati chiave.
Lo stesso Modi ha viaggiato intensamente da stato a stato convocando e affrontando massicci raduni di persone, spesso senza indossare la maschera.
A metà aprile, quando l’India registrava oltre 200 mila nuovi casi al giorno, il primo ministro si vantava ancora nei media del grande afflusso ai suoi comizi nel Bengala Occidentale.
Non basta, i suoi vice e alleati apparivano costantemente nelle TV nazionali per respingere propagandisticamente qualsiasi legame tra la seconda ondata e questi affollati raduni pubblici.
Il BJP è stato l’ultimo partito a sospendere la campagna nel Bengala Occidentale, definendo realisticamente grave la situazione solo allorché migliaia di cittadini iniziavano a morire ogni giorno per l’infezione virale respiratoria e la carenza di presidi terapeutici.
L’inaffidabilità dei dati disponibili
L’attuale crisi della sanità pubblica in India è aggravata dalla inaffidabilità dei dati epidemiologici comunicati dalle autorità specifiche del Governo.
Si è configurata una vera crisi epistemologica secondo la quale gli esperti accusano fortemente che l’India stia sottorappresentando intenzionalmente l’entità della sua tragedia.
Alcuni studiosi hanno ipotizzato un tasso verosimile di mortalità effettivo dieci volte superiore a quello riportato ufficialmente e prevedono che l’India raggiungerà la cifra di un milione di decessi da COVID-19 entro la fine del prossimo agosto.
Finalmente in questi giorni si è preso atto che la vaccinazione rimane il modo migliore (al posto della retorica propagandistica) per evitare l’escalation esponenziale del ricovero ospedaliero e dei tassi di mortalità in un paese così densamente popolato affollato nel quale il distanziamento sociale e le restrizioni sociali sono difficili da applicare e profondamente impopolari politicamente.
Il Governo Modi si è impegnato a rendere disponibili i vaccini COVID-19 a tutti gli indiani di età superiore ai 18 anni dopo il 1° maggio.
Una politica governativa ragionevole sarebbe imporre la vaccinazione universale gratuita, ma gli indiani possono accedere ai vaccini gratuitamente solo in pochi luoghi particolari.
Quando il primo ministro ha fermato il Paese con sole quattro ore di preavviso, migliaia di senzatetto e umili lavoratori giornalieri sono andati incontro ad una crisi alimentare.
Gli indiani stanno sopperendo con una straordinaria azione di solidarietà.
Anche ora, mentre le persone muoiono di insufficienza respiratoria, i cittadini si riuniscono per sostenersi a vicenda.
Fanno migliaia di chiamate per recuperare le bombole di ossigeno da un punto di ricarica all’altro, consegnandole poi a casa dei bisognosi e, quando necessario, portano i malati negli ospedali e i corpi delle vittime nei luoghi di cremazione.
Gli stessi volontari cucinano i pasti per coloro che si riprendono in salute.
Giorno e notte si trovano in interminabili code nelle farmacie per cercare di trovare farmaci, quasi sempre fuori scorta.
L’unica vera luce di conforto alla fine di questo lungo tunnel buio rimane la grazia e la spontanea solidarietà del popolo indiano.
*Specialista in Otorinolaringoiatria e Patologia Cervico-Facciale
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