Covid-19: la cosiddetta “immunità di gregge” non guarisce dal virus. I casi del Brasile e della Svezia

Di Pierpaolo Piras*

Roma. Si parla sempre di più della cosiddetta “immunità di gregge” come uno dei processi terapeutici da intraprendere per sconfiggere la pandemia da Coronavirus.

Il Coronavirus non si combatte con l’immunità di gregge

La stessa che al 30 novembre (dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità) ha già causato 62.195.274 di casi clinici confermati e 1.453.355 morti nel mondo.

Ma, le cose stanno davvero così ? Siamo certi che la immunità di gregge sia la soluzione migliore ?

Oggi, siamo scientificamente certi che la lotta al Coronavirus richiede azioni e misure decisamente articolate nei dettagli e procedure cliniche molto costose e complesse da attuare.

Incominciamo dai vocaboli utilizzati.

Il termine “gregge” non appartiene alla medicina scientifica né tanto meno alla scienza in generale. Il significato che questa dizione vorrebbe esprimere si definisce più propriamente come “Immunità Sociale”, non di gregge.

E’ nato in un comizio tenuto nello Stato americano del New Jersey dal Presidente USA, Donald Trump, che fin dall’inizio del fenomeno pandemico  ha sposato la strategia dell’immunità sociale come strumento per combattere la diffusione virale nei vari strati della popolazione.

Il Presidente USA, Donald Trump ha parlato molte volte in pubblico senza mascherina

Sua è stata l’esibizione di sé stesso ostentatamente privo di mascherina protettiva, che negava la sua utilità pronunciando termini altisonanti e privi di sostegno scientifico.

Nella stessa occasione non sono mancati gli insulti verso chi sosteneva il contrario, scienziati compresi.

Cosa è accaduto nel mondo ?

In letteratura ufficiale, viene riportata l’esperienza epidemiologia nella città amazzonica brasiliana di Manaus (oltre due milioni di abitanti), dove, nel settembre scorso (data del monitoraggio sul campo), dopo diversi mesi di epidemia dilagante, due gruppi di ricercatori hanno riscontrato un calo sia dei contagi interpersonali che delle infezioni clinicamente rilevabili.

La successiva indagine sierologica su un campione di 6 mila cittadini  ha dimostrato un’incidenza di positività al virus pari all’elevato valore del 66%.

Per i sostenitori della immunità sociale è stato facile attribuire questo calo delle patologie alla immunità diffusa dal virus stesso che ha limitato progressivamente il potere diffusivo del SARS-Covid-19.

In breve, il numero delle persone ancora vulnerabili e superstiti era considerato troppo esiguo per poter sostenere nuovi focolai infettivi.

Questa esperienza epidemiologica non ha tardato ad essere aspramente criticata dalla maggior parte degli epidemiologi.

La loro contestazione più valida si rifà al catastrofico numero di vite umane che si è avuto a Manaus, lasciando che il virus diffondesse senza freni.

La zona del Brasile colpita dal Covid-19

I pareri opposti condividono un profondo malinteso su cosa sia l’immunità sociale e su quale sia il percorso più proficuo per crearla.

Tutto dipenderà dal trovare risposte competenti e serie ad alcune domande.

Cosa è l’immunità sociale ?

L’immunità sociale è un fenomeno biologico che si verifica quando un virus (oppure, per altri versi, un batterio o altri agenti biologici contagiosi) si trova nella impossibilità a diffondersi, trovando intorno a sé solo persone già immunizzate.

È lo stesso risultato che si ottiene a seguito di una qualsiasi vaccinazione di massa, come ad esempio quella anti-influenzale.

A latere, una prima conseguenza virtuosa degli alti livelli di immunità sociale è quella di proteggere anche i Pazienti che non possono essere vaccinati, come ad esempio  sono i malati affetti  da una compromissione (e quindi inefficienza) del proprio sistema immunitario.

In quest’ultimo caso, si riduce esclusivamente la possibilità di essere contagiati da esso.

Come si ottiene e si calcola la immunità sociale ?

Gli epidemiologi e i matematici hanno elaborato un metodo abbastanza complicato ma fruttuoso che consente di calcolare la percentuale della popolazione che deve essere immunizzata prima che tutti gli altri possano  godere dei primi benefici della immunità sociale.

Essa risponde ad un numero, obbligatoriamente teorico, che tiene conto della naturale quanto diversa suscettibilità della popolazione al virus nel corso della pandemia.

Recentemente questo parametro, comunicato anche da alcuni media, è stato assunto operativamente ed ufficialmente anche dalle autorità sanitarie italiane.

Il suo nome è denominato “Rt”. È rappresentato da un numero che può variare al variare di altri indici numerici di contagio.

Tali indici sono in gran parte numerici e non rappresentano la totalità dei flussi di contagio.

Nel sostenerlo, i ricercatori adducono due realtà che sono state monitorizzate:

La prima: carcere di San Quentin in California dove più del 60% della popolazione è stata infettata prima di poter vedere un rallentamento della epidemia interna. Una cifra troppo elevata.

La seconda: la diffusione virale in alcune navi da crociera è apparsa più veloce in una popolazione confinata e non vaccinata. Quest’ultimo riscontro ha indotto gli studiosi ad ipotizzare l’esistenza di speciali individui portatori, ma dotati (superspreader) di particolari capacità di diffondere il virus.

Inoltre, la prigione di San Quentin rifiutò a suo tempo i test gratuiti sul Covid-19 nonché di osservare le restrizioni individuali. Ora deve combattere contro un’epidemia massiccia.

Ovvero, è accaduto il contrario di ciò che avrebbe dovuto succedere sulla base della sola prassi dell’immunità sociale.

E la Svezia ?

All’inizio della pandemia anche la Svezia ha adottato una strategia perseguendo la immunità sociale e adottando, di conseguenza, poche restrizioni individuali e ancor meno di chiusure dell’economia, come invece avveniva nel resto d’Europa.

L’economia in tal modo si è salvata, le restrizioni individuali e sociali sono state minime e le scuole non hanno chiuso.

Nonostante ciò, la Svezia non è stata un mo0dello di successo in tutte le sue forme: secondo le statistiche della Johns Hopkins University, la Svezia ha avuto un numero di morti dieci volte superiore rispetto alla vicina Norvegia, mentre il tasso di mortalità ha raggiunto un valore di tre volte superiore rispetto alla stessa Norvegia e alla vicina Danimarca.

Quali saranno i risultati del vaccino in arrivo e le preoccupazioni degli scienziati ?

Essendo il Covid-19 al suo primo esordio sulla scena mondiale, non siamo ancora in grado di sapere quanto durerà l’immunità conferita dal vaccino.

Altre specie di Coronavirus, diverse ma pur sempre imparentate geneticamente con il SARS-Covid-19, che causano una sintomatologia a carattere flogistico a carico delle alte vie respiratorie ( tipo raffreddore comune), danno un’immunità che dura circa un anno. La speranza di tutti è che il vaccino anti-Covid19 ne conferisca una analoga.

La immunità sociale è un obiettivo eticamente accettabile ?

No, considerata da un punto di vista etico, la vaccinazione del SARS-Covid-19, è e sarà l’unica pratica universalmente accettabile.

Contro il Covid-19 ialòo studio vari vaccini

Non si vede davvero neanche un motivo per il quale dovrebbero morire molte più persone per il solo perseguimento di un fine esclusivamente economico.

Vien da dire che la vita umana ha un costo liberamente spendibile alla bisogna? Ovviamente no.

Da un punto di vista dell’etica del medico, l’immunità sociale è da condannare: verrebbero meno anche i principi ippocratici più fondanti della professione medica che mira innanzi tutto ad allungare la vita umana, non a ridurla.

*Specialista in Otorinolaringoiatria e Patologia Cervico-Facciale

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