Covid-19, la ‘grande strategia’ cinese nella crisi globale da pandemia spiegata da Alberto Pagani

di Maria Enrica Rubino

ROMA. Come insegna l’antico trattato di strategia militare “L’arte della guerra” di Sun Tzu: “il migliore generale non è chi vince cento battaglie, ma chi vince la guerra senza combattere nessuna battaglia”. Alberto Pagani, docente al Mater di Intelligence dell’Università della Calabria e deputato della Commissione Difesa della Camera, cita un passaggio del manuale scritto dal generale cinese per spiegare la ‘Grande Strategia’ della Cina nell’attuale crisi globale legata alla pandemia da Covid-19. “In Occidente il gioco strategico per eccellenza è quello degli scacchi, rappresentazione simbolica della guerra il cui scopo è l’annientamento dell’avversario, che produce la vittoria e la sconfitta dei giocatori. Il gioco strategico degli orientali invece è il wei chi, un gioco di accerchiamento in cui vince chi occupa meglio il terreno di gioco, muovendosi in base agli spazi lasciati vuoti dall’avversario: è la rappresentazione simbolica di una cultura strategica che cerca di evitare il più possibile lo scontro, proprio come insegnato nell’antichissimo trattato di strategia militare” spiega Pagani in una lezione del Master diretto dal Prof. Mario Caligiuri.

Alberto Pagani, Deputato della Commissione Difesa della Camera e docente al Master d’Intelligence della Calabria

Stando all’analisi del docente, la Repubblica Popolare Cinese con la Belt and Road Initiative, intende costruire una rete di collegamenti infrastrutturali e di accordi commerciali, sulla direttrice dell’antica via della seta, ma anche realizzare, attraverso la costruzione di relazioni di interdipendenza economica, un nuovo sistema di alleanze politiche. Sarebbe questa l’essenza della strategia cinese, che risponde perfettamente all’antica cultura e al modo di pensare dell’antichissima civiltà che l’ha prodotta. E, di qui, il collegamento ai diversi filoni religiosi e filosofici della cultura cinese come il Taoismo e il Confucianesimo ed il Legismo.

“Per questo il fondamento della strategia cinese non è mai un obiettivo fermo ed inamovibile, da perseguire ostinatamente, ma la ricerca della massimizzazione delle condizioni di vantaggio nel contesto occasionale, che si ottiene cogliendo tutte le opportunità che si presentano. La realtà è concepita come mutamento, e le opportunità sono di natura dinamica e relazionale”.

A tal proposito, Pagani ha ripreso l’argomento delle “Nuove Vie della Seta”, un progetto che non può essere interpretato come se fosse solamente un grandioso piano di interconnessione infrastrutturale tra Asia e Europa. Non è un caso che il XIX Congresso nazionale del Partito Comunista Cinese, tenuto nel 2017, su proposta di Xi Jinping, abbia inserito “La Via della Seta” nella costituzione cinese. Si tratta di un progetto politico, uno strumento di geopolitica, e non di un piano di opere pubbliche, che riguarda soltanto le strade, le ferrovie, linee aeree e navali, i porti e gli aeroporti, le pipline energetiche o i cavi di connessione dati. La B.R.I è essenzialmente un progetto politico del partito Comunista Cinese, finalizzato a conquistare, attraverso l’interdipendenza economica, l’appoggio di nuovi alleati nel sistema di autorità ed enti sovranazionali che governano il mondo.

“La Cina, abbracciando l’economia di mercato senza allontanarsi dalla sua cultura e senza cambiare il suo modello politico autoritario – ha affermato Pagani – in pochi decenni è riuscita a diventare la seconda, o forse la prima potenza economica ed industriale del mondo.” Con una popolazione che conta oltre un miliardo e mezzo di persone, ha oggi un peso politico sul piano globale che non corrisponde né alla sua forza economica né al suo peso demografico. Per questo la classe dirigente cinese sta tentando di costruire un sistema di alleanze che le consenta di avere riconosciuto quel ruolo e peso politica da grande potenza mondiale a cui ritiene di avere diritto. E questo sistema di alleanze, che si basa sull’interdipendenza economica, comporta necessariamente anche delle conseguenze politiche. “Quando un Paese lega la propria economia ed il proprio benessere ad un altro non può che averne a cuore anche il destino ed il successo politico. E tutti i Paesi che lungo le nuove vie della Seta si legheranno alla superpotenza economica cinese hanno ovviamente una dimensione ed un peso molto inferiore rispetto a quello della Cina. Per questa ragione” – ha continuato Pagani – “se l’Italia aderisce singolarmente al progetto politico della Repubblica Cinese, e quindi del Partito Comunista Cinese, si trova per forza in una posizione debole e subalterna. Confrontarsi con il progetto della B.R.I. per il nostro a Paese è necessario ed inevitabile, ma se il dialogo sarà tra la Superpotenza cinese ed una variegata e litigiosa compagine di Paesi europei che interloquiscono in ordine sparso, o tentando di fregarsi l’un l’altro, ciascuno di questi conterà poco o nulla e negozierà delle briciole”.

Secondo il docente, questo varrebbe anche per l’Italia, che senza la forza ed il peso contrattuale dell’Euopa Unita, “potrà avere solo un ruolo subalterno e residuale, e peserà come uno dei tanti Paesi che si affacciano sul Mar Mediterraneo”.

Pagani ha ricordato l’importanza strategica del Mediterraneo: un mare intercontinentale quindi fondamentale perché strategico per tutti questi Paesi, un centro di libero scambio, che, però, nel XXI secolo ha perso la sua antica centralità a favore dell’Oceano Pacifico.

Citando Kissinger, Pagani sottolinea che la trasformazione di questo inizio millennio è talmente profonda che rende evidente che il vecchio Ordine Mondiale, basato sul Washington Consensus, è ormai finito. “Dalle sue ceneri ne nascerà certamente uno nuovo” – spiega il docente – “che oggi però è ancora indefinito. Questa ridefinizione dei ruoli e riallocazione del potere su scala globale avverrà nei prossimi anni. Bisogna che questo accada senza cadere in quella che il politologo Americano Graham Allison chiama “trappola di Tucitide”, facendo riferimento alla guerra del Peloponneso, tra Sparta ed Atene. Nella maggior parte dei casi storici nei quali una potenza emergente ha insidiato il ruolo egemone di una potenza dominante, il conflitto è sfociato in una guerra. Il nostro destino però non è scritto negli astri, non è segnato, dipende dalle scelte degli uomini. Non sta scritto da nessuna parte che la nascita di un nuovo equilibrio tra le grandi potenze debba passare per forza attraverso una nuova guerra tra USA e Cina, che diventerebbe inevitabilmente globale e rischierebbe di distrugge il Pianeta. È meglio costruire il nuovo ordine mondiale con metodi pacifici, ed in questo processo quella Grande potenza civile che è l’Europa, con la sua storia, la sua cultura politica e giuridica e la sua antica civiltà, potrà giocare un ruolo determinante, se sarà unità. Dentro un’Europa Unita anche l’Italia può avere un peso determinate”.

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