Criminalità, nel Casertano arrestate 4 persone. Giravano con armi da guerra

Caserta. Da questa mattina, nelle Province di Caserta, Benevento e Torino, nell’ambito di un’articolata indagine coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia (DDA) di Napoli, i Carabinieri della Compagnia di Mondragone (Caserta) ed il personale del Nucleo Investigativo Centrale della Polizia Penitenziaria, hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare in carcere nei confronti di 4 persone.

Operazione dei Carabinieri nel Casertano

Le indagini, iniziate nel 2015 a Mondragone, hanno permesso di scoprire le condotte criminose poste in essere dagli indagati, accusati di detenzione illegale di armi comuni da sparo e da guerra, con l’aggravante del metodo mafioso.

L’inchiesta è stata condotta utilizzando anche intercettazioni telefoniche ed ambientali e monitorando in carcere Augusto La Torre, ex capo del clan di Mondragone tra gli anni ‘80 e ‘90, e del fratello Antonio. Dal lavoro investigativo è emerso che i due, con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso, a Mondragone dal luglio 2015, abbiano illegalmente detenuto e portato in luogo pubblico più armi comuni da sparo e un’arma da guerra (pistola GLOCK, mitra da guerra, pistola calibro 38, fucile M52, pistola calibro 7.65) allo scopo di riaffermare l’egemonia del loro clan sul territorio.

Dalle conversazioni ambientali, registrate durante i colloqui in carcere, è emerso che Augusto, fratello di Antonio e il figlio Tiberio in più occasioni abbiano fatto riferimento alla detenzione e all’occultamento di queste armi. Gli indagati, inoltre, avrebbero anche formulato minacce di morte nei confronti del Pubblico Ministero Alessandro D’Alessio, titolare dell’indagine insieme alla sua collega Maria Laura Lalia Morra.

Lo stesso Augusto La Torre è indagato per estorsione, aggravata dal metodo mafioso, poiché, tra marzo e aprile 2015, in qualità di capo clan, inviò, dal carcere di Pescara da dove era detenuto, una lettera minatoria all’amministratore di un condominio di Mondragone, con la quale pretendeva l’assunzione di suo figlio Tiberio, fatto poi non verificatosi a causa del rifiuto della vittima.

Nello stesso periodo il capo clan risultò di avere inviato, con le stesse modalità intimidatorie, una lettera al proprietario di numerose abitazioni all’interno del suddetto complesso, con la quale richiedeva la somma di 25 mila euro. Ma anche in questa occasione la vittima prescelta non aderì alla richiesta estorsiva.

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