Di Fabrizio Scarinci
Stoccolma. A pochi giorni dalla storica decisione di Berlino di tornare ad aumentare le proprie spese militari dopo svariati decenni di tagli, anche il governo svedese, fortemente preoccupato dall’evolversi della situazione in Ucraina e dall’atteggiamento sempre più aggressivo dei suoi vicini russi, sembrerebbe aver optato per un programma di riarmo piuttosto consistente.
Il piano in questione è stato annunciato non molte ore fa nel corso di una conferenza stampa a cui hanno preso parte il Primo ministro Magdalena Andersson e il ministro della Difesa Peter Hultqvist, che hanno chiarito come, pur non essendo un membro dell’Alleanza Atlantica, Stoccolma avrebbe ugualmente deciso di dedicare allo strumento militare nazionale non meno del 2% del proprio prodotto interno lordo (anche se, a dire il vero, né loro né altri avrebbero al momento fornito informazioni ufficiali riguardo alle tempistiche con cui tale proposito verrà portato avanti).
In seguito a questo aumento (che, pur con qualche sfumatura, sembrerebbe mettere d’accordo tutte le maggiori formazioni politiche del Paese) è assai probabile il Servizio di leva (sospeso nel 2010 per poi essere riattivato nel 2017) venga sottoposto a un significativo aumento di personale, che, stando a quanto dichiarato dalla Premier, dovrebbe essere chiamato a collaborare anche nei ruoli di Protezione civile.
Pur essendo un Paese demograficamente piuttosto piccolo, durante i lunghi decenni della Guerra fredda la Svezia (che all’epoca arrivava spesso a spendere ben più del 2% del suo pil per il proprio strumento militare) ha progressivamente sviluppato un avanzatissimo comparto industriale della Difesa, che ha resistito ai notevoli tagli avutisi a partire dagli anni 90 sia vendendo all’estero alcuni dei propri prodotti (tra i quali spicca, in modo particolare, il famoso caccia multiruolo JAS 39 “Gripen”, sviluppato da SAAB), sia partecipando a programmi multinazionali di ampio respiro, tra cui quello inerente lo sviluppo del nuovo sistema da combattimento aereo di nuova generazione “Tempest”, che vede le aziende del Paese collaborare attivamente con quelle britanniche e con quelle italiane (cosa che, dal nostro punto di vista, rappresenta sicuramente una ragione in più per seguire attentamente le decisioni di Stoccolma).
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