Difesa: Lorenzo Guerini in Polonia al Warsaw Security Forum 2021. Il discorso integrale del ministro

Varsavia. Il ministro della Difesa Lorenzo Guerini ha aperto oggi a Varsavia, nell’ambito del “Warsaw Security Forum 2021”, il panel di discussione “Il Fianco Sud della NATO ed il suo impatto nella sicurezza Euro-Atlantica”.

Il ministro della Difesa, Lorenzo Guerini in visita a Varsavia

Il Forum si è svolto per la prima volta nel 2014. Il tema del Forum è la cooperazione transatlantica e l’elaborazione di risposte condivise alle sfide comuni in materia di sicurezza.

L’evento è organizzato dalla Fondazione Casimir Pulaski, in partenariato strategico con la NATO, l’Ufficio per la sicurezza nazionale del Presidente della Repubblica di Polonia e sotto il patrocinio del Ministero degli Affari Esteri della Polonia.

I partenariati comprendono quattro organizzazioni internazionali – il Consiglio d’Europa, l’UE, la NATO e l’OSCE – oltre a 30 think-tank americani ed europei.

La conferenza annuale riunisce oltre 1.500 partecipanti provenienti da 40 Paesi, tra cui capi di Stato, ministri, personalità di spicco di organizzazioni internazionali e non governative, rappresentanti di alto rango del mondo degli affari, dei media, del mondo accademico e della società civile.

Molti gli aspetti geopolitici tracciati dal ministro Guerini

L’INTERVENTO INTEGRALE DEL MINISTRO DELLA DIFESA LORENZO GUERINI

Warsaw Security Forum 2021

Panel Discussion: NATO Southern Flank and its impact on Euro-Atlantic security

E’ con molto piacere che ho accettato l’invito a partecipare a questa edizione del Forum sulla sicurezza di Varsavia. Rivolgo quindi il mio personale ringraziamento all’organizzazione dell’evento ed un caloroso saluto agli altri partecipanti, nonché al qualificato uditorio di questa importante manifestazione.

L’argomento del panel che mi accingo ad introdurre è di stringente attualità proprio alla luce dei processi di revisione strategica che coinvolgono NATO ed Unione Europea.

E’ innegabile che gli accessi più meridionali all’area euro-atlantica abbiano sempre rappresentato snodi strategici essenziali per la sicurezza dell’intera Regione.

Il fianco Sud dell’Alleanza si conferma teatro di un arco di crisi che pone alla nostra sicurezza condivisa le sfide meno intellegibili e perciò più pericolose. Sono, infatti, il frutto di dinamiche complesse che travalicano il confronto militare puro e semplice e che risentono di fattori di rischio sistemici che richiedono tempestività di reazione, attraverso l’impiego di tutti gli strumenti a disposizione: politici, economici, militari, culturali e sociali.

In altre parole, l’area del Mediterraneo allargato – che coincide largamente con il nostro fronte meridionale – conferma la sua strategica importanza di tessuto connettivo tra il Nord ed il Sud del nostro emisfero e la sua centrale rilevanza quale irrinunciabile infrastruttura strategica tra l’Oriente e l’Occidente del globo.

La nostra attenzione alle dinamiche del fianco Sud è essenziale per l’Europa, sia per gli evidenti impatti sulla nostra sicurezza individuale e collettiva, sia perché in esso si giocherà una parte rilevante della partita per gli equilibri globali futuri. Dobbiamo perciò esserne protagonisti.

Infatti, la traiettoria geopolitica regionale a cui assistiamo e le dinamiche emergenti in campo tecnologico, energetico ed economico ci impongono delle scelte a garanzia della nostra sicurezza, e molte di queste sono inequivocabilmente correlate alla direzione strategica meridionale.

Sicuramente i qualificati relatori che prenderanno successivamente la parola sapranno analizzare in maniera più dettagliata l’impatto del quadrante sulla sicurezza euro-atlantica. Desidero tuttavia offrire alcuni spunti per alimentare un confronto che troveremo sicuramente di grande interesse.

Partirei dal ruolo che intendono svolgere, ed in molti casi, stanno già svolgendo, i nostri competitor globali.

Relativamente alla Russia, alla presenza militare ormai stabile in Siria ed in Libia, si accompagna la strategia industriale di Mosca nel settore dei sistemi di armamento, con un sempre maggiore attivismo sui mercati della Regione. Una modalità di azione che amplifica in maniera significativa l’estensione dell’influenza della Federazione nel bacino mediterraneo, anche attraverso la creazione di affiliazioni di lungo termine.

Ancora più a meridione, mi riferisco qui al Sahel, con l’eccezione forse del Niger, sembra perpetuarsi una tragica instabilità istituzionale e le compagnie private, riconducibili alla strategia ibrida di Mosca, tentano di sostituirsi ai partner internazionali quali provider di formazione e addestramento, oltre a supportare direttamente le forze di sicurezza locali nelle attività di natura cinetica.

La Cina, dal canto suo, prosegue senza sosta un’efficace azione di penetrazione nel bacino mediterraneo, continuando anche in quest’area quanto già in corso da anni nei quadranti africani e mediorientali. Un approccio che si concretizza specialmente negli ambiti economici e commerciali, attraverso i quali Pechino persegue i propri obiettivi strategici, ma che non esclude futuri risvolti nella dimensione militare.

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La crisi afgana, i cui esiti devono essere oggetto di una imprescindibile approfondita lettura, ha il potenziale per dare nuovo vigore, soprattutto in termini motivazionali, alle organizzazioni terroristiche che compongono la galassia jihadista che in questo quadrante sembrano aver trovato le condizioni migliori per proliferare dopo la sconfitta militare subita nel levante.

Aggiungerei, quale ulteriore stimolo alla nostra riflessione, la necessità di considerare il cambio impostato dalle recenti Amministrazioni americane in termini di attenzione prevalente alla Regione Indo-pacifica.

Un adattamento che risente di una nuova stagione di Competizione tra Potenze che, pur in presenza di una conferma dell’impegno statunitense nell’area euro-atlantica, richiede certamente un maggiore impegno dell’Europa anche nel settore della sicurezza e della difesa, che deve poggiare necessariamente su una chiara volontà politica, accompagnata da un adeguato livello di autonomia strategica e da un conseguente impiego di tutti gli strumenti a nostra disposizione.

Su questo punto voglio essere molto chiaro La promozione dello sviluppo e dell’acquisizione di capacità militari europee, che l’Italia persegue con convinzione, deve essere però interpretata quale naturale e coerente azione di rafforzamento del pilastro europeo dell’Alleanza Atlantica, finalizzato a consentire all’Europa di contribuire in maniera sostanziale ed efficace alla sicurezza e alla stabilità globale.

In questo senso va letto il nostro impegno al rafforzamento dell’alleanza fra l’Alleanza e l’Unione, quale conferma del principio di complementarietà con la NATO e dell’indissolubilità del solido rapporto transatlantico, che vede nell’Alleanza Atlantica il pilastro della nostra sicurezza collettiva.

Concludendo, posso affermare che l’Italia si sta adoperando attivamente per promuovere l’adattamento della NATO al fine di renderla più adeguata all’evoluzione dello scenario geopolitico e così in grado di affrontare le sfide provenienti da tutte le direzioni strategiche, incluso il Sud, come risulta evidente dal percorso che abbiamo già intrapreso per la revisione del Concetto Strategico.

Al contempo, l’Unione Europea non può sottrarsi alle responsabilità derivanti dal ruolo politico a cui aspira e la Presidente lo ha chiarito ineccepibilmente nel recente “Discorso sullo Stato dell’Unione”.

Il lavoro sulla Bussola Strategica, che concluderemo nei prossimi mesi, rappresenta una grande opportunità per l’Europa. Dovremo tenere alto il livello di ambizione, pur con un approccio realistico e concreto.

Non dobbiamo tendere ad un accordo al ribasso ma anzi credo che sia essenziale fare in modo che il nostro lavoro condiviso abbia un chiaro orizzonte politico e una visione comune: analisi delle minacce, una agenda politica condivisa, costruzione di capacità comuni e volontà di utilizzarle come Unione sono gli elementi qualificanti di una vera Difesa Europea.

Certamente, in questa nostra riflessione comune non possiamo prescindere da una piena consapevolezza della valenza che il vicinato meridionale ha sia in termini di opportunità che di rischi per la sicurezza qualora si ignorassero le sfide che proprio da lì provengono: minaccia terroristica, squilibri demografici, pressione migratoria e cambiamenti climatici e presenza di competitors internazionali. E’ proprio in questa Regione, a mio avviso, che l’Unione europea può mettere in campo le sue specificità in termini di intervento che abbracci non solo la sfera di sicurezza ma anche aspetti economici e sociali essenziali per una stabilità duratura.

Da un punto di vista italiano, l’azione del Governo in termini di impiego delle nostre Forze armate, quale strumento di importante rilievo per la postura internazionale del Paese, rappresenta la volontà di un contributo concreto alla sicurezza euro-atlantica. Un approccio che si sostanzia da un lato attraverso la condivisa necessità di supportare i nostri alleati lungo il fianco Est contribuendo alle principali attività di deterrenza e difesa, quali la Enhanced Forward Presence e la Baltic Air Policing. Dall’altro dall’esigenza di dare risposte concrete a Sud, nel Mediterraneo, in termini di stabilizzazione, capacity building, sicurezza marittima e consapevolezza della situazione strategica e tattica.

Vi ringrazio per l’attenzione e sono certo che la discussione che seguirà offrirà spunti di grande interesse per i nostri obiettivi comuni.

 

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