Direzione Investigativa Antimafia: sequestrati beni a un imprenditore operante nel settore della vendita di dispositivi di protezione e antinfortunistica, per un totale di oltre 15 mila euro

CATANZARO. La Direzione Investigativa Antimafia ha dato esecuzione a un decreto di sequestro di beni ai fini di confisca emesso, ai sensi della normativa antimafia, dal Tribunale di Catanzaro -Sezione Misure di Prevenzione, su proposta formulata congiuntamente dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Catanzaro e dal Direttore della D.I.A., nei confronti di un imprenditore operante nel settore della vendita di dispositivi di protezione e antinfortunistica attualmente ristretto, in regime ex art. 41 bis dell’Ordinamento Penitenziario.

Questi, nel gennaio 2021, era stato sottoposto a un’ordinanza di custodia cautelare in carcere nell’ambito della nota operazione “Profilo Basso” della D.D.A. di Catanzaro.

All’esito del processo di primo grado, nel luglio 2023, è stato condannato alla pena di trent’anni di reclusione per il delitto di associazione di tipo mafioso.

Dagli atti d’inchiesta è emerso il suo ruolo quale imprenditore di riferimento di alcune tra le organizzazioni ‘ndranghetiste più pericolose insistenti nelle province di Crotone.

Direzione Investigativa Antimafia di Catanzaro

In particolare, ha gestito, in regime di sostanziale monopolio, la fornitura di prodotti antinfortunistici ed ha utilizzato le proprie compagini aziendali per agevolare l’infiltrazione delle cosche nel tessuto economico nazionale.

L’imprenditore, attraverso società cartiere, gestite da prestanome, ha emesso fatture per operazioni inesistenti mantenendo un rapporto privilegiato con i vertici delle cosche di San Leonardo di Cutro (Crotone) e di Roccabernarda (Crotone) con la finalità di agevolare quei sodalizi, come hanno confermato anche le dichiarazioni dei collaboratori di giustizia e le intercettazioni che hanno restituito l’esistenza e l’operatività di diversi sodalizi e fra questi l’associazione che ha visto, in posizione apicale, proprio l’imprenditore oggi attinto dalla misura.

L’uomo poteva contare su una rete di società, strumentali alla realizzazione delle finalità del sodalizio, attraverso l’autoriciclaggio e le intestazioni fittizie.

Gli accertamenti patrimoniali disposti, hanno consentito di rilevare come i beni intestati o, comunque, riconducibili all’imprenditore sono frutto o reimpiego di attività illecite e, in ogni caso, di valore sproporzionato rispetto ai redditi dichiarati.

Il provvedimento ablativo in questione riguarda sette tra imprese con il loro compendio aziendale, quote societarie, undici beni immobili, trenta beni mobili, ventitré rapporti finanziari per un valore complessivo stimato in oltre quindici milioni di euro.

L’operazione di oggi si inserisce nell’ambito delle attività istituzionali finalizzate all’aggressione delle illecite ricchezze acquisite e riconducibili, direttamente o indirettamente, a contesti delinquenziali, agendo così a tutela e salvaguardia della parte sana del tessuto economico nazionale.

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