Di Giuseppe Gagliano*
TAIPEI. L’ultima stagione della partita tra Stati Uniti e Cina sul destino di Taiwan non si gioca più soltanto sulle forniture di caccia, navi o sistemi missilistici.

Sempre più, il terreno decisivo è quello dell’autonomia tecnologica, dei droni e dell’intelligenza artificiale.
È qui che entrano in scena due protagonisti emergenti della difesa occidentale: Auterion e Anduril Industries.
La prima, società svizzero-americana nata dall’esperienza open-source nel campo dei sistemi senza equipaggio, ha firmato un accordo con l’Istituto Chung-Shan (NCSIST), cuore della ricerca militare taiwanese.
L’intesa porta a Taipei due piattaforme software già testate nella guerra ucraina: AuterionOS, sistema operativo per droni, e Nemesis, capace di coordinare sciami di velivoli autonomi.
Armi pensate per colpire blindati e unità navali, ora adattate allo scenario del Mar Cinese Meridionale.
Anduril, fondata da Palmer Luckey, si muove con altrettanta decisione.
Dopo aver aperto un ufficio a Taipei, ha consegnato i prim: 291 unità per un contratto da 385 milioni di dollari.

Macchine leggere, modulari, utilizzabili tanto per ricognizione quanto per colpi di precisione o guerra antisommergibile.
In prospettiva, si parla persino della produzione locale di missili da crociera come il Barracuda-500.
La nuova dottrina militare
Non si tratta di dettagli. La strategia taiwanese, sostenuta da Washington, è chiara: puntare su sistemi asimmetrici per contenere la schiacciante superiorità numerica della Cina.
Auterion e Anduril offrono la combinazione di software e hardware capace di orchestrare migliaia di droni, in aria e in mare, coordinati da piattaforme come Lattice AI.
Ecco allora che i droni diventano il moltiplicatore di forze.
In scenari come quello delle Isole Penghu, punto nevralgico nello Stretto di Taiwan, Taipei sta già testando sciami aerei e navali per respingere sbarchi anfibi.
Le esercitazioni di luglio hanno incluso simulazioni con fuoco reale, mentre resta viva la memoria dei sabotaggi ai cavi sottomarini del febbraio scorso, attribuiti a navi cinesi.
L’impatto economico e industriale
La partita ha anche un chiaro risvolto economico.
Auterion ha raccolto 130 milioni di dollari per espandere la propria presenza internazionale.
Taiwan, dal canto suo, ha fissato un obiettivo ambizioso: produrre 50 mila droni entro il 2028.
Una filiera che intreccia ricerca nazionale, investimenti esteri e strategie di contenimento.
Ogni partnership significa trasferimento tecnologico, creazione di competenze, apertura di un mercato dal valore di centinaia di milioni.
Anduril, con i suoi capitali privati e il sostegno politico di Washington, rappresenta la punta di diamante di un modello industriale che fonde innovazione della Silicon Valley e applicazione militare.
Non a caso, anche altre società come Shield AI o Thunder Tiger sono state coinvolte, creando un vero e proprio ecosistema.
La cornice geopolitica
Dietro le innovazioni c’è la cornice strategica.
Gli Stati Uniti puntano a consolidare una forma di “deterrenza tecnologica”: trasferire capacità d’avanguardia senza impegnarsi direttamente in un conflitto con la Cina.
Le lezioni della guerra in Ucraina hanno insegnato che sciami di FPV e munizioni circuitanti possono logorare un avversario superiore.
Così, a Taiwan nasce persino una scuola di guerra con i droni, con istruttori formati sulla base delle esperienze ucraine.
Washington non nasconde che l’obiettivo è preservare la stabilità indo-pacifica, al prezzo però di accelerare la corsa agli armamenti e l’innovazione militare guidata dall’AI.
Conclusione: un equilibrio fragile
Il messaggio è chiaro: Taiwan non può più contare su quantità, ma su qualità e innovazione.
La scommessa di Auterion e Anduril è che l’AI possa trasformare l’isola in un laboratorio avanzato della difesa asimmetrica.
Per la Cina, è una sfida diretta al controllo dello Stretto. Per gli Stati Uniti, un modo di contenere Pechino senza varcare la soglia dello scontro diretto.
Ma ogni passo in questa direzione aumenta la posta in gioco.
Perché ciò che oggi appare come deterrenza, domani potrebbe trasformarsi nel detonatore di un conflitto tecnologico che nessuno, a Washington o a Pechino, sembra davvero in grado di controllare.
*Presidente Centro Studi Strategici Cestudec
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