Di Chiara Cavalieri*
SHARM EL-SHEIKH (EGITTO). Si apre oggi il terzo giorno di colloqui indiretti tra Israele e Hamas nella località egiziana di Sharm el-Sheikh, con la partecipazione di nuovi protagonisti di peso: gli Stati Uniti, il Qatar e la Turchia.
L’obiettivo dichiarato è porre fine a quasi due anni di guerra nella Striscia di Gaza attraverso un piano in 20 punti proposto dal Presidente americano Donald Trump.

Il piano, presentato alla Casa Bianca lo scorso 29 settembre alla presenza di Benjamin Netanyahu, prevede un cessate il fuoco immediato, la liberazione di tutti gli ostaggi israeliani detenuti da Hamas – circa 48, di cui 20 ancora vivi – e, in cambio, il rilascio da parte di Israele di 250 prigionieri palestinesi condannati all’ergastolo e di 1.700 detenuti imprigionati dall’inizio del conflitto.
Un vertice multilaterale sotto egida egiziana
I colloqui, iniziati lunedì, si svolgono sotto la supervisione congiunta di Egitto, Qatar e Stati Uniti.
La delegazione israeliana è guidata da Ron Dermer, stretto consigliere del primo ministro Benjamin Netanyahu, mentre quella di Hamas è condotta da Khalil al-Hayya, sopravvissuto a un attentato israeliano a Doha.

Secondo le fonti, partecipano anche gli inviati statunitensi Steve Witkoff e Jared Kushner, mentre delegazioni provenienti da Qatar e Turchia stanno arrivando a Sharm el-Sheikh per partecipare alle riunioni relative all’attuazione del piano Trump.
Nel pomeriggio di martedì, Ankara ha annunciato ufficialmente la partecipazione del capo dell’intelligence turca Ibrahim Kalin, che raggiungerà la località egiziana mercoledì insieme alla sua delegazione.
L’Amministrazione turca ha confermato che Kalin prenderà parte ai colloqui in corso “insieme ai mediatori chiave, Egitto e Qatar”.
Le parole de Il Cairo e il clima dei negoziati
Il ministro degli Esteri egiziano Badr Abdel Aty ha dichiarato martedì mattina che i negoziati “stanno discutendo un meccanismo di sicurezza per garantire il completo ritiro di Tel Aviv dalla Striscia di Gaza” e ha sottolineato che “l’obiettivo è consentire un accesso pieno e incondizionato agli aiuti umanitari nella Striscia, sotto la supervisione delle Nazioni Unite”.

Secondo i media egiziani, il primo giorno di consultazioni si è concluso “in un clima positivo”.
Tuttavia, le fonti presenti a Sharm el-Sheikh avvertono che restano divergenze sostanziali sulle modalità di attuazione del piano statunitense e, in particolare, sul tema del rilascio dei prigionieri palestinesi.
Hamas: “È troppo presto per giudicare”

Il leader di Hamas Taher al-Nunu, interpellato dall’Agenzia di stampa russa RIA Novosti, ha dichiarato che “è troppo presto per giudicare questo round di negoziati”.
Ha aggiunto che “la misura della volontà di Israele di negoziare seriamente e con flessibilità potrà diventare chiara oggi, il secondo e più importante giorno dei colloqui”.
Hamas ha ribadito la propria disponibilità a rilasciare tutti gli ostaggi israeliani, vivi o morti, come previsto dal piano Trump, e ad accettare la creazione di un governo di tecnocrati palestinesi indipendenti per amministrare la Striscia di Gaza, sostenuto da un consenso arabo e islamico.
La questione dei prigionieri palestinesi
Fonti egiziane a conoscenza dei colloqui confermano che Hamas insiste sul rilascio di un gruppo di leader storici detenuti da Israele, tra cui Marwan Barghouti, Abdullah Barghouti, Ahmed Saadat, Hassan Salameh e Abbas al-Sayed.

Israele, dal canto suo, considera la liberazione di tali figure una “linea rossa”, poiché molti di loro sono stati condannati per attentati che causarono decine di vittime civili.
Chi sono i leader chiesti da Hamas
Marwan Barghouti
Figura storica di Fatah, 65 anni, soprannominato il “Mandela palestinese”. Arrestato nel 2002, sta scontando cinque ergastoli e 40 anni di carcere per il suo ruolo nella Seconda Intifada. È considerato il leader palestinese più popolare e potenziale successore di Mahmoud Abbas.
Abdullah Barghouti
Ha 53 anni è ingegnere e comandante delle Brigate al-Qassam, è noto come “l’ingegnere di Hamas”. Arrestato nel 2003, è stato condannato a 67 ergastoli, la pena più lunga mai inflitta in Israele, per aver costruito gli ordigni usati in numerosi attentati suicidi.
Ahmed Saadat
Segretario generale del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina, condannato a 30 anni per il suo ruolo nell’assassinio del ministro israeliano Rehavam Ze’evi nel 2001. È considerato un simbolo della resistenza di sinistra palestinese.
Hassan Salameh
Comandante militare di Hamas, addestrato da Hezbollah e dalla Guardia Rivoluzionaria iraniana, arrestato nel 1996 e condannato a 48 ergastoli per una serie di attentati di ritorsione dopo l’uccisione di Yahya Ayyash.
Abbas al-Sayed
Leader militare di Hamas a Tulkarem, ritenuto la mente dell’attacco al Park Hotel di Netanya nel 2002, in cui morirono 30 persone.
Condannato a 35 ergastoli, rimane una figura di spicco per i militanti del movimento.
L’orizzonte del piano Trump
Secondo le fonti diplomatiche, il piano di Trump prevede non solo lo scambio di prigionieri e il cessate il fuoco, ma anche l’avvio di un processo politico che porti a una soluzione dei due Stati e all’unificazione amministrativa tra Cisgiordania e Striscia di Gaza.
Gli Stati Uniti mirano a ottenere un impegno da entrambe le parti per evitare che il conflitto si riaccenda immediatamente dopo lo scambio.
La Russia, in una dichiarazione ufficiale, ha affermato di sostenere “ogni iniziativa che conduca a un cessate il fuoco sostenibile e a una soluzione globale che garantisca la creazione di uno Stato palestinese indipendente accanto a Israele”.
Un fragile ottimismo
Il clima a Sharm el-Sheikh rimane teso ma non privo di speranza.
L’Egitto, garante della mediazione, tenta di tenere unite le diverse parti, mentre le delegazioni proseguono le discussioni su dettagli tecnici e liste di prigionieri.
Come ha commentato una fonte diplomatica egiziana:
“La strada è lunga, ma è la prima volta che tutte le parti accettano, anche se indirettamente, di discutere lo stesso piano. È un segnale che non può essere ignorato.”
*L’autrice è presidente della associazione Italo-Egiziana Eridanus e vice presidente del Centro Studi UCOI-UCOIM.
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