ECUADOR: ALBERTO SALASSA MOSSI DA UFFICIALE NAPOLEONICO A COLONNELLO DELL’ESERCITO Di QUITO

Di Gerardo Severino*

QUITO (ECUADOR). La storia dell’emigrazione italiana nel mondo – lo abbiamo più volte ricordato su questo quotidiano – ci riserva sempre delle soprese, soprattutto quando nel riscoprirla s’incontrano figure leggendarie, che molto spesso hanno contribuito a scrivere pagine gloriosissime per quei Paesi stranieri ove erano giunti.

Quito in una stampa della prima metà dell’Ottocento

 

Eppure, si tratta di personaggi pressoché sconosciuti nella loro stessa Patria d’origine, l’Italia, che magari avevano abbandonato da giovani senza farvi più ritorno.

Ciò, purtroppo, è capitato anche a causa della deformazione dei cognomi, spesso frutto di un’errata traduzione dall’italiano allo spagnolo, come nel caso del personaggio del quale ci occuperemo a breve, Alberto Salassa Mossi, originario di Morano sul Po (Alessandria).

Basterà verificare, sia in testi e giornali dell’epoca, in contributi storici successivi, così come nei vari riferimenti in Internet come il cognome Salassa sia stato storpiato più volte, assumendo le forme di Salazza, Zalassa, Zalazza e così via, mentre la diversa interpretazione del luogo di nascita, su di un documento notarile, ha fatto immaginare qualcuno che Alberto Salassa fosse nato a Murano, la celebre località veneziana.

Una cartina dell’America Centro-meridionale del 1847

Sino ad oggi le uniche notizie biografiche che lo riguardavano si debbono allo storico Alfonso Ortiz Crespo, autore dell’articolo dal titolo “La mappa di Quito di Alberto Salazza”, edito il 1° maggio del 2021 da Mundo Diners Magazine, il quale giustamente si è posto per primo taluni interrogativi, evidenziando quanto segue: “Nel suo testamento, redatto nel 1837, afferma di essere nato (senza menzionare l’anno) a Murano, nel Regno di Sardegna. Ciò sembra strano, poiché, per quanto ne sappiamo, il Regno di Savoia non ha mai governato il Veneto, tanto meno l’isola di Murano, vicino a Venezia. Questo ci costringe a cercare un altro luogo con quel nome, forse in Sardegna o in Piemonte, il territorio continentale che faceva parte di questo Regno…”.

Cartina dela città di Quito

Raccogliendo, quindi, l’invito di Alfonso Ortiz Crespo abbiamo voluto approfondire questa bellissima vicenda umana e professionale, potendo così – e finalmente, aggiungiamo noi – restituire alla sua Patria d’origine il giusto orgoglio di aver dato i natali ad un personaggio così importante per l’Ecuador, come cercheremo di dimostrare a breve.

 Dal Monferrato ai campi di battaglia d’Europa (fine settecento – 1814)

 Alberto Salassa nacque a Morano sul Po, oggi in provincia di Alessandria, nel Monferrato sul finire del Settecento, nell’ambito di una storica famiglia originaria di Montanaro (Torino).

Sua madre era una diretta discendente di Giovanni Pio Mossi, Marchese di Morano, Penango e del Torrione e, di conseguenza, imparentata anche con il celebre figlio di questi, l’Arcivescovo Vincenzo Maria Giuseppe Mossi di Morano (Casale Monferrato, 25 aprile 1742 – Torino, 29 luglio 1829).

Alberto entrò a far parte, a far data dal 23 marzo 1814[1], del glorioso 31º Reggimento di Fanteria Leggera della Grande Armée, un reparto istituito nel 1799 e reclutato in prevalenza fra Piemonte e Liguria, che aveva operato in diverse campagne militari, fra la Polonia, Portogallo e Spagna.

Ufficiale 31° Reggimento fanteria leggera (1814)

Come riferisce lo storico Pauvert: “Ho proprio pochissimi elementi archivistici nella pratica amministrativa del 31e Léger su quest’individuo, nominato sottotenente dal Maréchal Soult alla fine della guerra (figura soltanto in una lista collettiva di promozioni).

Lo vedo in aspettativa (demi-solde) in Bordeaux ancora nell’ottobre 1817, poi in una lista della Regia Commissione Superiore di Liquidazione (verosimilmente per arretrati
di soldo) nel 1825, se non mi sbaglio, poi nulla”
[2].

In quel frangente la formazione di guerra si trovava in Spagna, al comando di Costantinos Dionysios Vurvakis, noto come Bourbak i[3] ed era parte integrante della Divisione Darmagnac, schierata verso il centro dell’Armata dei Pirenei.

Nelle settimane precedenti la Brigata era stata attaccata dalla Brigata Keane, sostenuta da due Reggimenti spagnoli e da uno portoghese, costretta quindi a ritirarsi sotto il fuoco nemico.

Il 19 marzo la Divisione Darmagnac aveva, poi,  sostenuto due combattimenti in retroguardia dietro a Vic en Bigorre, continuando poi la ritirata fino a Tolosa, dove la Divisione contese alle avanguardie inglesi il ponte sul Touch a Tournefeuille. Il 10 aprile, quattro giorni dopo l’abdicazione di Napoleone, il 31° Reggimento prese parte alla battaglia di Tolosa, fornendo la guarnigione per il Convento dei Minimi, sulla via per Montauban, che venne attaccato dalla Brigata Kempt della Light Division.

Qui il glorioso 31° resse per tutta la giornata del 10 aprile, ma il giorno successivo, per non essere assediato a Tolosa il Generale Nicolas Jean-de-Dieu Soult,si dovette ritirare verso Carcassonne.

Fu così che il 12 maggio 1814 il 31° Reggimento fu sciolto nell’ambito del ricostituito Regno di Francia.

A parte i congedati, 655 fra sottufficiali e comuni furono rimandati nel Regno di Sardegna, onde continuare il servizio nella nuova Armata Sarda, dove formarono il Battaglione Cacciatori Piemontesi, il quale l’11 agosto successivo sfilò per le strade di Torino [4].

Inizialmente ritirato con mezza paga il 21 di agosto, il Sottotenente Salassa fu richiamato in servizio a far data dal 18 di novembre dello stesso anno. Alcuni giorni dopo, per effetto del Regio viglietto del 30 novembre, il Battaglione assunse il predicato di “Cacciatori di Nizza”, prestando servizio in città sino ai moti del 1821, ove molti ufficiali, sottufficiali e soldati rimasero coinvolti, avendo aderito alla causa rivoluzionaria [5].

A quella data, in verità, Alberto Salassa si trovava già da alcuni anni in Sudamerica, come racconteremo nel prossimo capitoletto, ivi trasferito, molto probabilmente, attorno al 1817, rispondendo al richiamo del Generale Simón Bolivar, che stava reclutando ex soldati Napoleonici provenienti dall’Europa, onde continuare la lotta per l’indipendenza del Venezuela.

Una delle tante raffigurazioni del Generale Bolivar

In una raccolta di editti del Regno di Sardegna edita nel 1825, accanto al suo nome viene indicata la seguente frase: “…già Sottoten. nel 31 Regg. d’Inf. Legg. (per 2 articoli)”, ma non specifica affatto la causa del congedo definitivo, ovvero dell’eventuale espulsione dall’Armata.

 L’avventura sud-americana (1817 – 1847)

 Anche se non è stato possibile acquisire, presso gli Archivi di Bogotà, elementi a riguardo, sappiamo di certo che Alberto Salassa, attorno al 1820, occupava già un posto molto importante nell’ambito della Diplomazia Colombiana. Ne abbiano prova dal seguente brano, tolto da un capitolo riguardante la situazione di Cuba attorno al 1820: “Era vero che nel 1820 il governo degli Stati Uniti aveva consigliato ai governi di Colombia e Messico di astenersi da qualsiasi attacco a Cuba, con la motivazione che la Russia era disposta a offrire la sua mediazione con la Spagna.

Il 20 dicembre 1820, il signor Clay scrisse al signor Salassa, ministro della Colombia a Washington, informandolo della proposta di mediazione della Russia tra la Spagna e le sue colonie; e, alludendo a una spedizione che, a suo avviso, era in preparazione a Cartagena, destinata a Cuba o Porto Rico, affermò che l’astensione dall’inviare tale spedizione avrebbe avuto un’influenza benefica su tale mediazione; sperava, quindi, che il governo della Colombia comprendesse l’importanza di astenersi dall’attacco previsto.

Ora, non si potrebbe certo sostenere che, se la Colombia avesse seguito quel consiglio, gli Stati Uniti avrebbero assunto l’obbligo di stringere un’alleanza difensiva con essa contro qualsiasi attacco da parte di Cuba.

La risposta del signor Salassa a quella comunicazione fu importante: egli affermò che, in merito al desiderio degli Stati Uniti di sospendere qualsiasi attacco imminente della Colombia contro Cuba, non avrebbe perso tempo a comunicarlo al suo governo; ma, allo stesso tempo, riteneva necessario dichiarare che né tramite comunicazioni ufficiali, né in altro modo, aveva ricevuto informazioni che tale attacco fosse previsto” [6].

Appena qualche anno dopo il suo arrivo in Sud America, Alberto Salassa avrebbe ripreso a combattere, questa volta per l’indipendenza dell’Ecuador. Lo fece eroicamente anche nel corso della celebre battaglia di Pichincha, alle pendici del vulcano Pichincha, il 24 maggio del 1822.

Fu proprio in quella circostanza che il Generale venezuelano Antonio José de Sucre (uno dei più fidati collaboratori del grande Simón Bolivar) con reparti peruviani e colombiani, sconfisse le truppe spagnole del Generale Melchor de Aymerich y Villajuana.

Dopo di ciò il Sucre entrò a Quito, assicurando la libertà all’Ecuador.

Successivamente Guayaquil e Cuenca si unirono agli attuali Colombia, Panama e Venezuela, con il nome di Distretto del Sud, nella Confederazione costituita da Bolívar nel 1819 della Grande Colombia.

Per le sue azioni, Alberto Salassa ricevette una medaglia d’oro, rubini e smeraldi, sul cui dritto appariva la scritta: “Victor in Pichincha. 24 maggio 1822″.

Nel 1823, quindi un anno dopo essersi distinto a Pichincha, Alberto convolò a nozze, sempre in quel di Quito, con Maria Mercedes Donoso Mogrovejo Miranda, vedova del leggendario eroe di Tanizahua, Don José García de León y Zaldúa, che aveva sposato intorno al 1820, quando quest’ultimo era di stanza a Quito.

Da Maria Mercedes, Alberto non ebbe figli e per questo adottò il figlio di costei, Rafael García, che in seguito aggiungerà al proprio cognome anche quello di Salassa.

Nel 1824, progredendo nella carriera militare, Alberto Salassa avrebbe preso parte all’ultima fase delle guerre indipendentistiche che ben presto avrebbero consentito al Perù e alla Confederazione di affrancarsi definitivamente dalla Spagna, grazie alla battaglia di Ayacucho [7].

Martín Tovar y Tovar, Battaglia di Ayacucho, National Art Gallery, Londra

La battaglia di Ayacucho  ebbe luogo il 9 dicembre 1824 nei pressi dell’omonima cittadina del Perù tra un esercito indipendentista guidato dal già citato Generale Sucre e composto da contingenti provenienti da Perù, Grande Colombia, Province Unite del Río de la Plata e Cile (oltre a diversi volontari stranieri, in maggioranza britannici), e un’armata monarchica sotto il comando del Viceré del Perù José de la Serna e Hinojosa e del Generale José de Canterac, composta da reparti spagnoli, di realisti ispanoamericani, e di nativi alleati.

Nella sua vecchia Patria, il Piemonte, intanto, nel corso del 1825 la Regia Commissione Superiore di Liquidazione Sabauda riconobbe finalmente al Salassa un credito verso la Francia per il periodo in cui combatté nelle Armate Napoleoniche [8].

Naturalmente non sapremo mai se la somma venne effettivamente percepita, anche perché presso l’Archivio di Stato di Torino non è stato rinvenuto alcun atto matricolare riguardante il Salassa.

Una vera e propria svolta professionale nella vita di Alberto Salassa si concretizzò nel corso del 1831, allorquando, con Decreto esecutivo, Juan José Flores, primo Presidente dell’Ecuador, ordinò l’istituzione della Zecca di Stato in Quito[9]. Il 23 ottobre di quell’anno, infatti, il Presidente ecuadoriano informò il Congresso della risoluzione da lui assunta per l’istituzione di una Zecca a Quito. Sulla base di tale decreto, il Congresso ordinò la creazione della Zecca e il “Primo Registro Nazionale Autentico” emanò la “Legge sulla Monetazione”, che inizialmente regolamentò il tipo di monetazione emessa dalla nascente Zecca.

La Zecca di Quito iniziò ad operare nel 1832, nell’angolo Nord dell’edificio situato in via García Moreno y Espejo (oggi Centro Culturale Metropolitano di Quito). Il Colonnello Alberto Salassa ricevette dallo Stato la somma di “quattromiladuecento diciotto pesos e sei reales, con la quale la istituì”.

Aggiunge lo storico Crespo che: “Alla fondazione della Repubblica, Salazza fu nominato organizzatore e primo direttore della Zecca di Quito. Pur non avendo familiarità con il processo di coniazione, grazie alla sua formazione e alla sua esperienza militare, svolse il suo ruolo in modo esemplare” [10].

Fu, quindi, importata dall’Inghilterra la pressa [11] per coniare e nominato Direttore della Zecca proprio Alberto Salassa, il quale si sarebbe prodigato nell’installazione dei macchinari per la coniazione, nell’edificio in calce e mattoni nelle attuali vie García Moreno ed Espejo.

Dopo aver ottenuto copia del “Regolamento Generale e la Tariffa” da parte di un corrispondente di Lima, Salassa riuscì a produrre il primo campione di monete ecuadoriane il 30 agosto del 1832.

Ed ancora, sempre il Crespo aggiunge: “Nonostante la mancanza di sostegno economico e politico, la costante scarsità di metalli preziosi per la coniazione, la mancanza di macchinari adeguati e moderni e la piaga della contraffazione, il lavoro di Salazza alla Zecca fu fondamentale per diversi decenni. Quando, nel 1836, su iniziativa del presidente Vicente Rocafuerte, furono ricostruite le piramidi di Caraburo e Oyambaro, basi della triangolazione dei geodeti francesi, Salazza fece incidere le lastre metalliche con iscrizioni allusive da collocare su una delle loro basi” [12].

Alberto Salassa avrebbe tenuto le redini della Zecca sino al 1843, epoca nella quale fu sostituito da un altro illustre personaggio, il Dottor William Jameson ( Edimburgo, 1796 – Quito , 22 giugno 1873), già celebre medico, botanico e naturalista scozzese, poi divenuto cittadino ecuadoriano, che l’avrebbe diretta per molti anni ancora.

Ma il Colonnello Salazza non sarebbe stato solo un bravo funzionario dello Stato, oltre che Ufficiale in servizio permanente dell’Esercito ecuadoregno, in quanto lo scopriamo anche abile cartografo e uomo di scienza.

Il suo nome è, poi, legato anche alla realizzazione di una bellissima “Mappa della città di Quito”, da lui eseguita nel corso del 1846, praticamente ad un anno dalla morte, ed oggi conservata presso la Biblioteca Nazionale di Francia, a Parigi.

La pianta manoscritta di Quito reca l’intestazione francese: “Plan de la Ville de Quito par Albert Salazza An 1846″.

Ulteriori particolari sulla sua vita in Ecuador ci pervengono ancora da Ortiz Crespo, secondo il quale “oltre al suo lavoro alla Zecca, Salazza aveva interessi in compagnie minerarie in Ecuador, a Suní Curí e Pillón; possedeva diverse proprietà urbane e conduceva una vita agiata. Adottò Rafael García, il figlio di sua moglie Mercedes, che aveva solo pochi mesi al momento della tragica morte del padre. In seguito, Rafael adottò Salazza come secondo cognome e sposò Mercedes Carrión, una delle grandi fortune di Quito. Ebbero otto figli, sei dei quali femmine, i cui discendenti continuano a vivere in Ecuador ancora oggi”.

La sua morte deve essere avvenuta all’inizio del 1847, secondo il viaggiatore, scienziato e naturalista lombardo Gaetano Osculati, che in quel contesto storico stata affrontando un viaggio esplorativo e scientifico proprio nelle terre dell’America equatoriale, il quale così aveva ricordato il nostro protagonista, parlando della Zecca di Quito: “Questo stabilimento era sotto la direzione del suo fondatore il colonello Salazza torinese, antico ufficiale della grande armata francese, morto il quale vi succedette il professor Jamèson di Londra, attualmente in attività […]”.

Ed ancora, commentando l’eruzione del vulcano Antisana: “Il Governo rimase indifferente tanto quanto il pubblico, ed è solo alle dotte ricerche del signor Salazza ch’io sono debitore di tali notizie>>[13].

Eppure, nonostante i lusinghieri apprezzamenti del Dott. Osculati, mentre per il Professore scozzese che divenne Direttore della Zecca di Stato di Quito si spalancarono le porte della celebrità, tanto che su di lui vi è un’ampia bibliografia, sul grande combattente napoleonico, ufficiale dell’Esercito ecuadoriano, funzionario del Tesoro ma anche abile cartografo non rimasero che poche e scarne tracce, tanto che, ancora oggi, non si conosce nemmeno la data esatta della sua scomparsa.

È forse questo il prezzo che sono chiamati a corrispondere le persone modeste, che non pensarono di seminare bene in vita, onde poter raccogliere dopo morti.

NOTE

[1] Cfr. Virginio Ilari, Bruno Pauvert, Piero Crociani, IL 31e LEGGERO Storia del  31e Régiment d’infanterie léger 1799-1815, 2011, pag. 225.

[2] Come comunicato all’autore dal Prof. Bruno Pauvert, con mail in data 18 agosto 2025.

[3] Constantin Denis Bourbaki (Cefalonia, 1787 – Kamaterò, 8 febbraio 1827). Fu un generale greco naturalizzato francese. Ufficiale dell’armata napoleonica, morì combattendo durante la guerra d’indipendenza greca.

[4] Cfr. Stefano Ales, L’Armata Sarda della Restaurazione (1814 – 1831), Roma, Ufficio Storico Stato Maggiore Esercito, 1987, pag. 14.

[5] Sull’argomento vgs. Gerardo Severino, Vittorio Ferrero: l’eroe di San Salvario, in www.giornidistoria.net, 15 luglio 2021.

[6] Cfr. Hansard’s Parliamentary Debates: Forming a continuation of the work entitled The Parliamentary History of England, Vol. XXIV, London, 1830, pag. 889.

[7] Cfr. Luis A. Rodriguez S., Ayacucho: la batalla de la libertad americana, 1824-1974, Editorial Casa de la Cultura Ecuadoriana, 1975, pag. 149.

[8] Cfr. Regno di Sardegna, Editti e Manifesti del 1825.

[9] Nel 1830 il Paese si era separato dalla Confederazione ormai disgregata della Grande Colombia, proclamandosi autonomo con il nome di Ecuador.

[10] Cfr. Ortiz Crespo, “La mappa di Quito di Alberto Salazza”, op. cit.

[11] La macchina è attualmente esposta in modo permanente presso il Museo Numismatico della Banca Centrale dell’Ecuador.

[12] La vicenda è riportata anche da Jules Remy, Ascension du Pichincha. Notes d’un Voyageur, Chalos-sur-Marne, E. Laurent, Imprimeur Libraire, 1858, pag. 11.

[13] Cfr. Gaetano Osculati, Esplorazione delle Regioni Equatoriali lungo il Napo ed il fiume delle Amazzoni. Frammento di un viaggio fatto nelle due Americhe negli anni 1846-47-48, Milano, presso i Fratelli Centenari e Comp., 1854, pag. 48 e 59.

*Colonnello (Aus) della Guardia di Finanza – Storico Militare. Membro del Comitato di Redazione di Report Difesa

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