Di Chiara Cavalieri*
IL CAIRO. Il conflitto a Gaza sembra entrare in una nuova fase cruciale.
Dopo mesi di devastazione, il movimento islamista Hamas ha annunciato la propria disponibilità ad avviare negoziati “per definire tutte le questioni” con Israele, accettando di rilasciare tutti gli ostaggi come parte integrante del piano di pace promosso dal Presidente degli Stati Uniti, Donald Trump.

Secondo quanto dichiarato da un alto dirigente del movimento, l’Egitto ospiterà a breve una conferenza palestinese per determinare il futuro della Striscia di Gaza, aprendo così un nuovo capitolo nel lungo e complesso dossier palestinese.
L’Egitto torna protagonista nella mediazione regionale
Il Cairo riafferma il suo ruolo di mediatore imprescindibile nel dossier israelo-palestinese.
“L’Egitto inizierà presto i preparativi e gli inviti per ospitare e sponsorizzare un dialogo palestinese completo sull’unità nazionale e sul futuro di Gaza,” ha dichiarato il leader del movimento, sottolineando la necessità di una gestione transitoria della Striscia attraverso un organismo indipendente di esperti, incaricato di amministrarla fino a quando non verrà ristabilita un’unica autorità legittima in tutti i territori palestinesi.

Si tratterebbe di una soluzione di compromesso tra la necessità di stabilità immediata e le profonde divisioni politiche che, da anni, separano Hamas e l’Autorità Nazionale Palestinese.
Il piano Trump e il rilascio degli ostaggi
La svolta diplomatica è avvenuta dopo che Hamas ha annunciato di aver accettato il rilascio di tutti gli ostaggi israeliani in cambio della cessazione delle operazioni militari israeliane e dell’avvio di un processo negoziale globale.
Il piano di Donald Trump, che mira a porre fine alla guerra di Gaza e avviare una ricostruzione controllata sotto supervisione internazionale, prevede come elementi centrali:
- Cessazione immediata dei bombardamenti israeliani su Gaza.
- Rilascio di tutti gli ostaggi israeliani e dei prigionieri palestinesi detenuti in Israele.
- Avvio di un’amministrazione provvisoria neutrale nella Striscia.
- Piano di ricostruzione economica internazionale con la partecipazione dei Paesi arabi moderati.
Tuttavia, il movimento non ha ancora accettato le clausole più controverse del piano, ovvero il disarmo completo e il ritiro delle brigate armate dalla Striscia di Gaza, punti ritenuti indispensabili da Israele e Washington.
Le parole di Trump: “Un passo positivo verso la pace”

In una dichiarazione rilasciata venerdì sera, Donald Trump ha salutato con favore la decisione palestinese, definendola “una mossa positiva” e invitando Israele a “fermare immediatamente i bombardamenti su Gaza” per favorire un clima negoziale costruttivo.
Il Presidente statunitense ha aggiunto che questi sviluppi rappresentano “la migliore opportunità di pace in quasi due anni”, ponendo le basi per un possibile accordo storico che, se realizzato, potrebbe ridefinire gli equilibri in Medio Oriente.
Il Presidente degli Stati Uniti ha dichiarato ad Axios: “Bibi ha esagerato a Gaza e Israele ha perso molto sostegno nel mondo. Ora gli restituirò tutto quel sostegno”.
Le reazioni regionali
Secondo fonti diplomatiche egiziane, il Cairo starebbe già lavorando alla definizione della conferenza palestinese, che vedrà la partecipazione di tutte le fazioni, inclusi Fatah, Jihad Islamica, Fronte Popolare e Fronte Democratico per la Liberazione della Palestina.
L’obiettivo è ricostruire un consenso interno palestinese, spezzato da anni di divisioni e conflitti interni, per presentarsi uniti alla fase successiva dei negoziati internazionali.
Il Governo israeliano, pur non rilasciando dichiarazioni ufficiali, ha espresso “prudente scetticismo”, sottolineando che ogni accordo dovrà includere garanzie reali sul disarmo e sulla sicurezza del confine meridionale.
Netanyahu: “La Striscia di Gaza sarà libera dalle armi”

Ieri sera, in un discorso trasmesso in diretta televisiva, il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha ribadito la determinazione di Israele a disarmare completamente la Striscia di Gaza, sia attraverso un accordo sia attraverso la prosecuzione della guerra.
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“Hamas verrà disarmato tramite un accordo o tramite la guerra. La Striscia di Gaza sarà libera dalle armi,” ha affermato Netanyahu, aggiungendo che “abbiamo preso il controllo del corridoio di Filadelfia per impedire qualsiasi possibilità di contrabbando.”
Il premier israeliano ha ringraziato il presidente Donald Trump, sottolineando che “una mossa politica coordinata con lui ha cambiato le sorti della guerra: non è Israele a essere isolato, ma Hamas.”
Netanyahu ha poi annunciato di aver inviato la delegazione guidata da Ron Dermer in Egitto per discutere i dettagli del piano Trump, con l’obiettivo di “concludere le trattative entro pochi giorni”.
Il premier ha infine ricordato che “tutti i rapiti, vivi e morti, saranno riportati a casa”, ringraziando i soldati israeliani e ribadendo: “Non ho abbandonato né i prigionieri né gli obiettivi della guerra. Continueremo a garantire l’eternità di Israele.”
I negoziati su Gaza iniziano, oggi, a Il Cairo, con la partecipazione del ministro israeliano per gli Affari strategici, Ron Dermer, e dell’inviato statunitense Steve Witkoff, incaricati di avviare la prima fase del piano Trump per la liberazione degli ostaggi e la cessazione delle ostilità.
Questa nuova tappa conferma che l’iniziativa americana-egiziana ha ormai assunto una dimensione operativa concreta, pur tra molte incognite. Le due principali questioni che rischiano di bloccare i colloqui sono chiare: da un lato, la possibilità che Hamas subordini il rilascio degli ostaggi al ritiro totale dell’esercito israeliano, dall’altro, le divergenze sulle linee di ritiro, poiché Israele è disposto a un disimpegno solo parziale.
Le stime israeliane indicano che il termine di 72 ore per il rilascio degli ostaggi potrebbe essere prorogato, senza compromettere il completamento dell’accordo. Hamas potrebbe porre difficoltà sui nomi, ma il principio del rilascio è già stato fissato: non verrebbero inclusi i membri d’élite responsabili dei massacri.
Secondo fonti citate dall’emittente israeliana Canale 12, “ci stiamo dirigendo verso una settimana drammatica”. Israele, pur consapevole della necessità di concludere rapidamente la prima fase, non esclude una ripresa delle operazioni militari se il negoziato dovesse fallire.
Radio dell’esercito israeliano: “L’occupazione della città di Gaza è cessata”

Nelle stesse ore, la radio dell’esercito israeliano ha diffuso un aggiornamento cruciale: le tre Divisioni impegnate nelle manovre nella città di Gaza hanno cessato l’avanzata.
Secondo la fonte militare, non si registrano progressi verso nuove aree né ritiri verso le retrovie, ma le truppe restano sulle linee finora conquistate, sotto il comando diretto del capo di Stato Maggiore.
“L’Esercito israeliano rimane sulle linee conquistate. Non ci sono avanzate né ritiri. Le divisioni sono ferme e concentrate nella protezione delle posizioni,” ha riferito la radio.
Per garantire la sicurezza delle forze di terra, saranno utilizzati ulteriori mezzi di sorveglianza e di ricognizione, inclusi droni e veicoli per la raccolta di informazioni, al fine di monitorare i movimenti di Hamas.
La stessa fonte ha chiarito la nuova politica di fuoco: “Nessun attacco premeditato, ma risposta immediata a qualsiasi minaccia diretta alle nostre forze.”
Gli attacchi registrati nelle ultime ore, secondo la radio, “hanno avuto l’obiettivo di eliminare minacce imminenti e di scoraggiare i civili di Gaza dal tornare nel nord della città.”
Un equilibrio precario tra diplomazia e campo di battaglia
Il quadro che emerge è quello di una tregua di fatto ma non dichiarata, in cui l’Egitto tenta di aprire la via al negoziato mentre Israele calibra le sue mosse sul terreno, in un momento di grande pressione internazionale.
La conferenza de Il Cairo si annuncia come la più importante occasione di dialogo intra-palestinese dell’ultimo decennio, e forse l’unica chance concreta per ricostruire una leadership unitaria in grado di negoziare da pari con Israele.
Resta da vedere se i prossimi colloqui – sotto la supervisione americana ed egiziana – sapranno trasformare questo stallo in un processo politico strutturato, o se l’attuale pausa militare si rivelerà soltanto il preludio a una nuova fase del conflitto.
*L’autrice è presidente della associazione Italo-Egiziana Eridanus e vicepresidente del Centro Studi UCOI-UCOIM.
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