Medio Oriente: relazioni sempre più forti tra Emirati Arabi Uniti e USA. Firmata una lettera d’intenti che istituisce una “Partnership Globale di Difesa”

Di Giuseppe Gagliano*

ABU DHABI. Nel complesso scacchiere geopolitico del Medio Oriente, le relazioni tra gli Emirati Arabi Uniti (UAE) e gli Stati Uniti rappresentano un pilastro fondamentale per la stabilità regionale e la proiezione degli interessi globali.

L’incontro delle scorse settimane ad Abu Dhabi tra il Presidente degli Emirati, Sheikh Mohammad Bin Zayed Al Nahyan (MBZ) e quello degli Stati Uniti, Donald Trump, ha segnato un momento cruciale per consolidare i legami bilaterali.

Khaled Mohammad Bin Zayed

 

Tra i risultati più rilevanti vi è la firma di una lettera d’intenti (LOI) che istituisce una “Partnership Globale di Difesa” tra i due Paesi.

Tuttavia, un aspetto di particolare interesse è la riattivazione dell’accordo per i droni MQ-9B SeaGuardian, escluso dalla partnership difensiva.

Questo articolo esplora le implicazioni di questa decisione, il contesto strategico, le prospettive emiratine e le opzioni alternative per l’acquisizione di tecnologie avanzate, offrendo un’analisi approfondita e scalabile.

Contesto dell’incontro e della partnership di Difesa

L’incontro tra MBZ e Trump è stato il culmine di una serie di colloqui bilaterali avviati nei mesi precedenti, con un’agenda incentrata sul rafforzamento della cooperazione militare, il contrasto alle minacce regionali e l’allineamento strategico in un contesto globale in evoluzione.

La LOI rappresenta un impegno formale verso una cooperazione strutturata, che include esercitazioni congiunte, condivisione di intelligence e sviluppo di capacità difensive avanzate.

Questo accordo riflette l’importanza degli Emirati come partner strategico degli Stati Uniti in una regione caratterizzata da tensioni crescenti, come quelle legate agli Houthi nello Yemen e alla rivalità con l’Iran.

Miliziani Houthi

L’esclusione dell’accordo MQ-9B SeaGuardian dalla partnership ha però attirato l’attenzione.

Questo drone, prodotto da General Atomics, è una piattaforma avanzata per sorveglianza, ricognizione e attacco, progettata per operare in ambienti complessi come il Golfo Persico.

La decisione di trattare l’accordo separatamente rivela un mix di considerazioni tecniche, operative e geopolitiche, che analizzeremo di seguito.

 

Di Lt. Col. Leslie Pratt

Perché l’Accordo MQ-9B è Stato escluso?

L’esclusione dell’MQ-9B dalla partnership di difesa sembra derivare da molteplici fattori. In primo luogo, gli Emirati hanno sollevato preoccupazioni sulle restrizioni imposte dagli Stati Uniti per la vendita di armamenti avanzati.

Le condizioni sull’uso operativo, la condivisione di dati sensibili e le normative sull’esportazione di tecnologia, come l’International Traffic in Arms Regulations (ITAR), hanno complicato i negoziati.

Gli Emirati, che negli ultimi anni hanno diversificato le loro fonti di approvvigionamento militare, cercano maggiore autonomia e flessibilità operativa, un aspetto cruciale per un Paese che ambisce a consolidare il proprio ruolo regionale.

In secondo luogo, la vulnerabilità dei droni MQ-9 è stata messa in discussione dopo che un MQ-9 Reaper è stato abbattuto dagli Houthi nel 2024.

Sebbene il SeaGuardian sia una versione più avanzata, con capacità di sorveglianza marittima migliorate, gli Emirati hanno richiesto garanzie aggiuntive sulla protezione elettronica e sulla resilienza contro sistemi di difesa aerea sempre più sofisticati. Questo evento ha probabilmente spinto Abu Dhabi a valutare con maggiore cautela l’investimento in questa piattaforma.

Infine, considerazioni geopolitiche giocano un ruolo significativo.

Gli Stati Uniti, sotto l’Amministrazione Trump, devono bilanciare il rafforzamento delle relazioni con gli Emirati con la necessità di mantenere un equilibrio strategico in Medio Oriente.

La vendita di droni avanzati potrebbe suscitare preoccupazioni tra altri alleati, come Israele e Arabia Saudita, o alimentare tensioni con l’Iran, che vedrebbe un rafforzamento delle capacità emiratine come una minaccia diretta.

Trattare l’MQ-9B separatamente consente a Washington di gestire queste dinamiche con maggiore cautela.

La prospettiva degli Emirati sull’MQ-9B

Per gli Emirati, l’MQ-9B SeaGuardian rappresenta una componente importante ma non indispensabile del loro arsenale.

Abu Dhabi ha investito massicciamente nella modernizzazione delle forze armate, con un’enfasi su tecnologie avanzate come l’intelligenza artificiale, i sistemi autonomi e la sorveglianza marittima.

Il SeaGuardian, con la sua capacità di coprire lunghe distanze e monitorare vasti tratti del Golfo, si allinea a queste priorità, ma non è l’unica opzione disponibile.

Gli Emirati hanno mostrato interesse per droni alternativi, come il Bayraktar TB2 turco e il Wing Loong II cinese, che offrono costi inferiori e minori restrizioni operative.

La Turchia, in particolare, ha rafforzato i legami con gli Emirati, come dimostrato dalla crescente cooperazione in ambito militare e tecnologico.

La Cina, invece, rappresenta un’opzione pragmatica, sebbene un’eventuale partnership più stretta con Pechino potrebbe complicare i rapporti con gli Stati Uniti, data la competizione tecnologica e militare tra le due superpotenze.

Opzioni alternative e le implicazioni strategiche

Qualora i negoziati sull’MQ-9B non dovessero andare a buon fine, gli Emirati dispongono di diverse alternative.

La collaborazione con la Turchia potrebbe intensificarsi, sfruttando droni come il Bayraktar TB2, che hanno dimostrato efficacia in teatri operativi come la Libia e l’Ucraina.

Un’altra opzione è approfondire i legami con la Cina, anche se ciò comporterebbe rischi geopolitici, soprattutto in termini di interoperabilità con le forze statunitensi e di percezione da parte degli alleati occidentali.

Un percorso meno esplorato ma potenzialmente strategico è lo sviluppo di droni domestici.

Gli Emirati hanno le risorse finanziarie e l’ambizione per investire in un’industria tecnologica nazionale, sfruttando partnership internazionali e il loro crescente settore dell’innovazione.

Progetti legati all’intelligenza artificiale e alla robotica potrebbero posizionare Abu Dhabi come un attore emergente nel campo delle tecnologie militari.

Dal punto di vista strategico, la riattivazione dell’accordo MQ-9B, anche fuori dalla partnership di Difesa, rafforzerebbe l’interoperabilità tra le forze emiratine e quelle statunitensi, un fattore chiave per operazioni congiunte nel Golfo e oltre.

Tuttavia, l’approccio cauto degli Emirati suggerisce che Abu Dhabi stia perseguendo un equilibrio tra cooperazione con gli Stati Uniti e autonomia strategica, un riflesso della loro visione di lungo termine come potenza regionale.

Conclusione: tra cooperazione e pragmatismo

L’incontro tra MBZ e Trump, culminato nella firma della LOI per una partnership di difesa, rappresenta un passo avanti nelle relazioni tra Emirati Arabi Uniti e Stati Uniti.

L’esclusione dell’accordo MQ-9B SeaGuardian dalla partnership riflette un mix di considerazioni tecniche, operative e geopolitiche, ma non ne diminuisce l’importanza.

Gli Emirati, con il loro approccio pragmatico, stanno bilanciando l’opportunità di acquisire tecnologie avanzate con la necessità di mantenere flessibilità strategica e diversificare le loro opzioni.

Mentre i negoziati sull’MQ-9B proseguono, il futuro della cooperazione militare tra Abu Dhabi e Washington dipenderà dalla capacità di entrambe le parti di allineare interessi comuni senza compromettere le rispettive priorità. In un Medio Oriente in continua evoluzione, gli Emirati si confermano un attore chiave, capace di navigare con abilità tra alleanze globali e ambizioni regionali.

*Presidente Centro Studi Cestudec
©RIPRODUZIONE RISERVATA

 

Torna in alto