Elezioni europee, flop e successi. In attesa di trovare una guida politica per l’Unione

Di Pierpaolo Piras

Londra. Nel Regno Unito, il Partito conservatore ha conseguito la peggiore sconfitta subita dal 1832, data della sua fondazione. Questo risulta dalle recenti votazioni per i rappresentanti al Parlamento europeo del 2019.

Theresa May e Jean-Claude Juncker. Risultati negativi per i conservatori britannici in occasione delle elezioni europee

Le cifre sono eloquenti: la storica forza politica dei Tories ha perso il 14,8% dei consensi, precipitando al 9,1%.

Ed oggi occupa l’umiliante quinto posto dopo i Verdi (Greens).

Ha pagato duramente la confusione, la mancanza di leadership e di idee, il mediocre governo del Paese e, non ultime, le figuracce a Westminster e nelle sedi istituzionali europee.

Si piange anche in casa laburista, altro tradizionale partito inglese. Il Labour Party si è collocato al terzo posto col 14,1%, in netto calo rispetto al 25,4 delle scorse europee.

Durante la campagna elettorale è stato severamente attaccato da una sua consistente componente di partito, per il possibilismo a favore di un secondo referendum e, più in generale, per la condotta ondivaga del suo capo, Jeremy Corbin.

Il capo dei laburisti britannici, Jeremy Corbin a pugno chiuso

Al secondo posto si pongono i Liberal Democratici (LibDems), vera novità nel panorama politico del territorio e delle istituzioni inglesi. E’ un partito progressista ed europeista, ma favorevole ad un’economia di mercato che sia compatibile con la riduzione delle disuguaglianze sociali. Esso è salito al 20,3%, dal 6,7% di cinque anni fa.

I “Greens” salgono, anche se di poco, guadagnando un onorevole 12,1%.

L’indiscusso vincitore di queste elezioni è stato il Brexit Party, recentemente costituito dal suo fondatore, Nigel Farage. Esso ha sottratto voti ai conservatori ed ai laburisti, specie nelle regioni rurali, ma affermandosi pure in importanti città come Cardiff, Sheffield e Leeds. Presentandosi per la prima volta a Strasburgo, ha raccolto l’esaltante 36,1%.

Nigel Farage

Farage non ha tardato a dichiarare che questi risultati sono “solo l’inizio” di un percorso che ne vedrà la partecipazione anche alle elezioni legislative dove il “Partito della Brexit neutralizzerà di nuovo tutti”. Da radicale sostenitore dell’uscita della Gran Bretagna dall’Unione europea, anche senza accordo (no deal), chiede, imperiosamente e da subito, di far parte della commissione europea, incaricata di gestire i negoziati preparatori all’uscita del Regno Unito dalla UE.

A Bruxelles, sede della Commissione Europea, alla fine della sbornia elettorale e dei suoi eccessi, si addiverrà al “redde rationem” sui nuovi rapporti di forza, laddove peserà l’avanzata delle forze di centro-destra e/ o dei nazionalisti.

La diarchia costituita dai conservatori del PPE (Partito Popolare Europeo) ed i socialisti del S & D, che da sempre governano sia a Strasburgo, sede del Parlamento europeo, che a Bruxelles, ha perso la maggioranza. Si apriranno, quindi, scenari nuovi con altre maggioranze, per ora del tutto ipotetiche.

L’ala populista-sovranista sale in tutta Europa, in particolare in Ungheria, Polonia ed in Italia, dove la Lega ha ottenuto un esaltante 34,33%, percentuale che non si vedeva dai tempi della Democrazia Cristiana “ante litteram”.

Il ministro dell’Interno e leader leghista, Matteo Salvini

A tale schieramento, darà un forte contributo il successo del destrorso “Rassemblement National” francese, capitanato da Marine Le Pen, il quale sale al 23,43, superando clamorosamente il Partito “En Marche” di Emmanuel Macron.

Marine Le Pen il suo partito batte quello del Presidente Macron

Parigi segna anche il preoccupante calo dei partiti tradizionali ex gollisti ed ex socialisti, ora ad un passo dall’estinzione.

Nella nuova configurazione, popolare e sovranista, la potenziata componente liberale (105 eletti) diventerebbe la cerniera sulla quale realizzare il futuro governo europeo. Ma i gruppi sono numerosi e con programmi talvolta differenti. Il risultato si vedrà a metà giugno prossimo, allorché essi si formeranno a Strasburgo.

La Spagna è l’unica dove il Partito socialista sale al 33% dei voti, ma non potrà contribuire in un ambito continentale, dove i risultati della sua parte sono stati deludenti.

I prossimi incontri istituzionali serviranno a concordare un candidato comune, diciamo pure ideale, da nominare alla Commissione ed al Consiglio d’Europa, ma anche l’attribuzione delle altre “poltrone” di vice presidente della Commissione, presidente del Parlamento e della Banca Europea e l’ importante Commissione degli Affari Esteri.

Considerato nella sua globalità, l’assetto del nuovo Parlamento di Strasburgo appare più aperto, ma anche più complesso di quello precedente.

La sede del Parlamento di Strasburgo

Nelle cariche più importanti vedremo insediarsi nuovi personaggi che, pur nella diversità d’idee, dovranno esercitare un virtuoso gioco di squadra.

Oltretutto, la diversità potrebbe essere fertile e virtuosa : una sorta di “connubium sine manu” .

Gli europei se lo aspettano…!

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