Di Pierpaolo Piras
Cleveland. Durante la notte per noi europei si è svolto a Cleveland (Ohio) il primo degli incontri faccia a faccia tra i due rivali alle elezioni presidenziali USA di novembre prossimo.
Ne seguiranno altre due: il 15 ottobre a Miami (Florida) e il 22 ottobre a Nashville (Tennessee).
A questi si uniranno i dibattiti tra i due Vicepresidenti: Mike Pence (repubblicano) e la senatrice Kamala Harris (la sfidante).
I protagonisti dell’incontro, Donald Trump, Presidente in carica degli Stati Uniti e Joe Biden, senatore democratico, sono stati moderati da Chris Wallace, tra i più abili e conosciuti del panorama televisivo americano.
Le regole concordate tra le parti prevedevano due minuti a testa per ogni domanda.
È bene sottolineare che fra i due non è stato possibile rispettare alcuna regola pattuita. Fin dal primo momento sono volati gli insulti anche sul piano personale e familiare. Un autentico e irrefrenabile scontro da trivio.
Trump è apparso nella sua versione più aggressiva e indisciplinata, interrompendo senza sosta l’interlocutore.
Biden non è stato da meno tacciandolo di essere un “bugiardo” di essere un “pagliaccio” ed un “chiacchierone”.
Il moderatore Wallace era costretto ad interrompere ogni volta il dibattito per riportarlo sul piano della correttezza formale e di contenuti.

La sede del dibattito
Non c’è stato nulla di spontaneo in ciò che è accaduto: Trump ha seguito la medesima strategia posta in essere nella sua campagna elettorale del 2016, all’insegna della aggressività.
Biden ha esordito nel dibattito sfoggiando il suo stile presidenziale, ovvero signorile e compassato.
Poi anch’egli è degradato nello stile, cascando ingenuamente nella tattica provocatoria di “ The Donald”.
Questo primo incontro frontale non è certo determinante per le sorti delle elezioni, ma è sintomatico del clima arroventato , quasi di ostilità, che si prospetta in queste prossime cinque settimane che lo separano dalle urne.
Diversa è stata la strategia comunicativa. Biden parlava guardando più la telecamera che Trump, quindi verso gli elettori. Trump ha fatto l’esatto contrario rivolgendo lo sguardo verso lo sfidante esibendo un’espressione arcigno del viso e pronunciando parole offensive verso di lui.
Il formato del dibattito era composto da sei argomenti sui quali i due rivali erano chiamati a rispondere: i risultati politici di Trump e Biden, la Corte Suprema, la pandemia da Covid19, le proteste e le violenze nelle città, il sistema elettorale e temi economici.
Su ogni tema principale, entrambi sono stati avari di approfondimenti. Trump è stato più attento a tenere per sé la luce dei riflettori (capacità che gli viene notoriamente riconosciuta) esercitando un ruolo disorientante sull’avversario.
Lo si è visto anche nella campagna del 2016 nel confronto con Hillary Clinton.
Biden è stato più attento a rassicurare gli americani a proposito della sua età (per la verità elevata, 78 anni) e quindi, per associazione di idee, per la sua freschezza mentale e rapidità decisionale. La propaganda più ostile nei suoi confronti insinuava che non fosse in condizioni di “parlare e nel contempo stare in piedi”.
Trump ha tentato di provocare (senza riuscirci) anche il moderatore Wallace , verso il quale nutriva alcuni rancori legati ad alcune interviste tendenziose dell’ultimo mese di luglio.
Il dibattito non è stato illuminante in alcuno dei punti prestabiliti e sopra citati.
Quasi che entrambi volessero valutare maggiormente le tattiche e strategie dell’avversario.
Anche la scarsa chiarezza sui contenuti politici servirà a perfezionare le strategie comunicative che verranno utilizzate da entrambe le fazioni nei prossimi due appuntamenti di ottobre prossimo.
Nei quali c’è da auspicarsi anche un cambio del moderatore, Chris Wallace, con un altro che sappia tenere più saldo il timone del dibattito, tenendolo più aderente ai contenuti politici e impedendo che trascenda su livelli così mediocri e deludenti.
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