Caracas (dal nostro inviato). Quando Josè Luis Zapatero iniziò a fare da mediatore nella politica venezuelana tra gli chavisti e la destra che qui definiscono “oligarchica” e che filtra con gli Stati Uniti, forse non aveva messo in conto che l’Unione europea di cui lui, in qualità di capo del Governo spagnolo, è stato un rappresentante si sarebbe messa di traverso in occasione delle elezioni presidenziali, in programma per domani dalle 6 alle 18.

Maduro e Zapatero
Oltre alle consultazioni per dare un nuovo, o confermare l’attuale Nicolas Maduro, capo di Stato e di Governo si terranno quelle per i consigli legislativi. Una sorta di Parlamenti locali che lavorano a fianco dei Governatori.
L’Unione Europea, infatti, non vede di buon occhio queste elezioni. E su tale tema l’ex premier di Madrid, oggi nel corso di una conferenza stampa a Palazzo Miraflores, sede della Presidenza della Repubblica venezuelana, dopo un incontro con Maduro si è domandato quale sia l’atteggiamento della Ue sulle elezioni nel Paese sud americano.

Palazzo Miraflores
“L’Unione europea – ha sostenuto Zapatero – teorizza il dialogo e la pace sempre, ad esempio con i palestinesi in Medio Oriente. E qui? Mi sembra una cosa assurda. Per me è un grande mistero la posizione della politica internazionale verso il Venezuela”.
Zapatero sostiene un’altra tesi: “Aprire il dialogo tra le parti sulle questioni economiche, la politica estera”, ma prima si voti. E si abbatta il “pregiudizio presente”. E a chi lo accusa di guadagnarci da questo suo ruolo di arbitro internazionale, Zapatero risponde che lo fa “senza dipendere da nessuno”.
Insomma, quello che l’ex premier spagnolo vuole far capire è che se non ci fossero stati alcuni passaggi politici fondamentali dal 1999 ad oggi, dalla prima Costituzione di Hugo Chavez ad oggi, il Paese dal punto di vista dell’espressione democratica, il voto, avrebbe fatto una regressione.
L’istituzione del voto elettronico con l’imposizione delle impronte digitali, il click sulla foto dei candidati scelti dagli elettori, la stampa di una ricevuta e la deposizione della stessa in un’urna è per il Venezuela una grande conquista.
Se ne stanno rendendo conto anche “accompagnatori internazionali” arrivati da 40 Paesi, tra cui il nostro (Report Difesa fa parte della delegazione) i quali plaudono al progetto di un voto elettronico che, in verità, conserva livelli di segretezza e di trasparenza, molto diversi da quelli che siamo abituati a vedere nelle nostre elezioni a tutti i livelli. Dove cresce, talvolta, la richiesta del riconteggio dei voti o i ricorsi per supposti brogli.

Un esempio di come si vota con il sistema elettronico
Come abbiamo ampiamente scritto, ieri, per i venezuelani andare a votare è quasi un piacere. Sarà perchè l’attuale Presidente gode di consensi nelle classi piu’ popolari del Paese, sarà perchè nella storia dell’America Latina il voto è segno di espressione di libertà contro ingerenze esterne, sarà perchè la gente ci crede a prescindere, fatto sta che domani ci si immaginano file molto lunghe fin dall’apertura per l’espressione di un diritto che qui è definito “diritto umano”.
Noi lo chiameremo civile. Un diritto di autodetermimarsi un proprio capo dello Stato, un proprio Governo, proprie istituzioni locali. E il primo che vince prende tutto.
In questa presa ci sono tantissime carte cattive, come quello della crisi economica che ha spostato l’asse verso una sorta di autarchia anche perchè tante multinazionali, tar cui molte statunitensi hanno deciso di chiudere i battenti, come la Kellog’s.
Sulla sicurezza nei seggi vigileranno oltre 300 mila militari e Forze di Polizia che fanno parte del “Piano Repubblica”.
Saranno impiegati uomini e le donne della Polizia nazionale bolivariana, i loro colleghi degli Stati, dei Municipi. In campo anche i soldati. L’ordine è quello di garantire una corretta gestione del voto. Il tutto sarà sotto il controllo del Comando Strategico Operativo della Forza armata nazionale bolivariana (CEOFANB), comandato dal Generale Remigio Ceballos.

Uomini della Polizia nazionale bolivariana
Gli elettori non potranno portare con sè armi, così come le riunioni politiche, le manifestazioni e la vendita di biboite alcoliche sono sospese fino al 21 maggio.
Non solo, il sistema di sicurezza per la gestione del voto prevede il dispiegamento di 1326 giudici nel Paese.
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