Roma. La minaccia cyber preoccupa tutti i Governi. Anche quello italiano, il quale ha deciso di rispondere con il Comando Interforze per le operazioni cibernetiche (CIOC) e dei cyber-poligon, investendo nel contempo, in conoscenza e capacità. Così il ministro della Difesa, ieri a Roma, intervenendo ad un seminario organizzato dalla delegazione italiana per l’Assemblea parlamentare della NATO, in collaborazione con il Centro Studi americani, ha evidenziato l’impegno della politica su questa materia.
“Non dobbiamo restare indietro e accontentarci di raggiungere la semplice capacità di sopravvivenza ad una aggressione cibernetica – ha sottolineato la Pinotti -. Per prevenire dobbiamo conoscere. Servono quindi investimenti ed il lavoro di ciascuno di noi, in ogni settore e serve l’attenzione della politica, non solo dei tecnici”.
Il ministro ha ricordato il “recente massiccio attacco attacco informatico globale che lo scorso mese ha colpito oltre 150 Paesi criptando e bloccando sistemi di ogni tipo, chiedendo un riscatto in Bitcoin. Quest’ultima è una moneta assolutamente fuori da qualsiasi reale controllo da parte di qualunque entità statuale o organizzazione internazionale, creata all’interno del web ed è interessante sapere che, dopo l’attacco di wannacry, la quotazione del Bitcoin è volata ai massimi storici: dai 700 dollari del 2016 alla fine del mese scorso ha raggiunto addirittura i 2.800 dollari”.
Il Web è anche una grande attrattiva per il proselitismo jihadista. “Servono regole per chi gestisce la rete e la capacità di bloccare la propaganda terroristica”, ha spiegato la titolare della Difesa.
Per il capo di Stato Maggiore della Difesa, generale Claudio Graziano, “ormai il 60% della nostra attività è cyber. Il Comando interforze sta già operando e raggiungerà la piena capacità nel 2019”.
Il progetto del CIOC prevede un’organizzazione così ripartita: area comando, area staff ed area operativa, ad una sezione dedicata alle infrastrutture ed un’altra dedicata agli assetti tecnologici (poligono virtuale presso la Scuola militare di Chiavari e di un Cyber Lab presso il CIOC stesso) ed ad una sezione per il personale. Il Comando vorrebbe fare una ricerca di operatori innovativa, puntando non solo all’interno delle Forze Armate ma anche da ambiti esterni, attraverso concorsi ad hoc.
Di fronte alle nuove minacce è molto importante il ruolo delle aziende perché con i loro prodotti sostengano le nostre Forze Armate.
Sempre ieri, a Roma, si è tenuto un simposio organizzato da Elettronica Group, società leader nel rampo, e dal Reparto Informazioni e Sicurezza dello Stato Maggiore della Difesa sull’EMSO (Electromagnetic Spectrum Operations). Si è trattato di un incontro molto importante per focalizzare l’attenzione sulla gestione dello spettro elettromagnetico, con l’intento di integrare le moderne capacità Cyber, di Guerra elettronica, di Signal Intelligence (Sigint) e di management delle frequenze.
La risposta delle aziende parte dall’uomo che Eugenio Santagata, deputy COO di Elettronca, ha definito “una piattaforma”. “La guerra elettronica – spiega Santagata – si avvale di piattaforme. E quindi, il professionista, o l’unità a qualunque livello sul campo, per l’approccio tecnologico di un’azienda, è un nodo della rete. E quindi, come può un UAV essere un vettore così può esserlo anche il soldato. Non ci sono differenze è solo una corretta comprensione del CONO (Concept of Operation) che sottende l’operazione specifica che l’uomo sta facendo. Pensando, perciò, all’uomo come una piattaforma sono molteplici le possibilità”.
Santagata ha pensato ad una serie di prodotti come i Responsive Counter IED che possono essere spalleggiabili, ai radar tattici per indirizzare il tiro dei mortai, ad intercettori 3G-4G portabili. O ancora all”utilizzo di operatori sul campo che attraverso un computer possano inserire virus in un network.
Lo spettro elettromagnetico può, dunque, essere usato per numerose azioni. “Gli EMSO – ha detto nel suo intervento il generale di Brigata Aerea, Giuseppe Sgamba del RIS dello Stato Maggiore della Difesa – sono aree di manovra/dominio e non solo una mera risorsa. Nelle missioni, il completo dominio dello spettro elettromagnetico è fondamentale. Il militare ha bisogno di ricercare i vantaggi per operare con un’iniziativa a suo favore”.
Per questo una Forza Armata ha bisogno di tecnologie facili da usare e capaci di rispondere a tutte le esigenze, visto come sono cambiate le minacce.
Oggi, infatti, lo scenario è del tutto asimmetrico ed ibrido e la minaccia può arrivare dovunque e da chiunque. Stiamo assistendo ad una geopolitica a geometria variabile. Abbiamo Stati non Stati. Abbiamo minacce che possono arrivare da IED, da attacchi CBRN, da aerei a pilotaggio remoto, ma che possono essere anche convenzionali e nucleari, dalle cyber OPS, dalla propaganda.
La perdita del vantaggio tecnologico è un rischio che nessun Paese può permettersi. Che nessuna Forza Armata può permettersi. Certo, come si ripete ogni volta, le risorse degli Stati sono sempre più scarse per quanto riguarda il comparto Difesa e Sicurezza. Ma una volta che viene dato mandato alle aziende di produrre o si decide di acquistare un prodotto, nei Teatri operativi, ha evidenziato il generale Sgamba “si possono anche testare i prototipi” per valutare quanto siano utili alle missioni che devono essere compiuti.
Intanto, i militari si oppongono all’attacco del Ministero dello Sviluppo economico (MISE) che vorrebbe che la rete 5G fosse utilizzata a fini commerciali.
I prodotti dell’industria militare devono rispondere, senza dubbio, alla richiesta delle Forze Armate. Nessuna, certamente, può rischiare di sbagliare la progettazione di un prodotto, pena grosse perdite economiche che possono far rischiare il default economico.
Lo spettro elettromagnetico che, per sua natura, è joint apre dunque al mondo dei tecnici e delle Forze Armate le porte di una miniera.