ROMA (nostro servizio particolare). Le nuove tecnologie e le operazioni militari di questo momento storico, con un conflitto in atto da un anno, in Europa fanno sì che gli Eserciti di tutto il mondo puntino la loro analisi strategica e tattica, insieme ad un’addestramento e a una professionalità sempre alta del proprio personale, rinnovando i propri equipaggiamenti e i propri sistemi d’arma, rendendo più complesso de realistico il proprio addestramento.
Così il capo di Stato Maggiore dell’Esercito italiano, Generale di Corpo d’Armata Pietro Serino ha iniziato il suo intervento, nei giorni scorsi, disegnando le linee programmatiche della Forza Armata ai parlamentari della 3^ Commissione Affari Esteri e Difesa del Senato della Repubblica.

Il capo di SME, Generale di Corpo d’Armata Pietro Serino
In particolare, è stato fatto un Focus su personale, ammodernamento e rinnovamento, infrastrutture, specificità militare, addestramento e logistica (riferiti alla preparazione).
GLI ELEMENTI DEL PASSATO
“Il modello operativo adottato sul finire degli anni ‘90, orientato principalmente a fronteggiare le minacce asimmetriche e il dilagante fenomeno del terrorismo internazionale – ha spiegato Serino – appare oggi superato dagli eventi e inidoneo a soddisfare le complessive esigenze di sicurezza. Questo perché i rischi e le minacce si vanno sovrapponendo; pertanto lo strumento militare nazionale, del quale l’Esercito resta la componente centrale deve essere pronto a operare contemporaneamente nei cinque domini operativi e generare effetti nelle dimensioni cognitiva e fisica, il tutto nell’ambito delle 4 missioni che la Legge ci affida”.
L’Esercito italiano deve, insomma, preservare e aggiornare le componenti che hanno consentito negli ultimi 30 anni di rendere più performanti i livelli di eccellenza, da tutti riconosciuti, nel contesto della 3^ Missione interforze per il contributo alla stabilità internazionale e al mantenimento della pace e dei diversi aspetti della 4^ missione interforze (interventi in caso di calamità naturali, gestione di situazioni emergenziali – come per la pandemia – e tutela della sicurezza pubblica).

Una squadra di disinfettori dell’Esercito
Punto importante dell’intervento del Generale Serino è stato anche quello di analizzare i domini operativi Cibernetico e Spaziale per difendendersi dai rischi e dalle minacce che possono provenire da essi.
“Il percorso intrapreso impatta sull’insieme dell’Esercito – ha aggiunto il Generale Serino – interessando tutte le responsabilità che la legge attribuisce al capo di Stato Maggiore sia quelle di predisposizione dello Strumento terrestre, nel quadro dei piani approvati dal vertice politico, sia quelle di preparazione all’impiego operativo come chiaramente indicato dai commi 1 e 2 dell’articolo 33 del Decreto Legislativo numero 66 del 2010, Codice dell’Ordinamento Militare”.
PERSONALE
Parlando di personale, il Generale Serino fa una citazione storica, ricordando che le Legioni romane avevano un ufficiale ogni 80 uomini, che combattevano ad un metro di distanza l’uno dall’altro, utilizzando armi che ingaggiavano ad una distanza massima di 25 metri.

La rappresentazione di legionari romani
Oggi, dopo 2500 anni, la realtà è palesemente diversa. A legislazione vigente, per l’Esercito è previsto un regime di 9 mila ufficiali su un totale di 89.400 militari (10%).
In quello francese ci sono 14.900 ufficiali su 114.800 militari (13%), in quello tedesco 18.150 ufficiali su 107.800 militari (16,8%) ed in quello britannico 15 mila ufficiali su 93.900 militari (16%).
Il nostro Esercito, nell’implementare i contenuti della legge numero 119, ha chiesto un incremento anche di ufficiali, che dovrebbe portare, se approvato, a disporne di 9.800 su un complessivo di 93.100 uomini e donne (10,5%).
Per Serino, si tratta “di un primo significativo piccolo passo verso numeri coerenti con quelli di Eserciti e Nazioni con cui dobbiamo poterci confrontare per far valere politicamente il peso economico, demografico e relazionale dell’Italia e salvaguardare l’interesse nazionale”.
Un secondo aspetto di altrettanto valore è quello relativo ai sottufficiali.

Un momento dell’addestramento degli allievi Marescialli
La vecchia immagine fa parte dei libri di storia, oggi sono tutti specialisti dalle altissime capacità addetti a droni, elicotteri, radar, sistemi di guerra elettronica, sistemi di comunicazione evoluti, sistemi per l’elaborazione di dati, lanciamissili, mezzi da combattimento complessi, apparecchiature diagnostiche e di laboratorio, sistemi per l’analisi e la bonifica di aggressivi biologici e chimici e tanto altro.
E anche in questo caso, il capo di SME fa valere, davanti ai senatori, la forza dei numeri.
“Abbiamo meno della metà dei sottufficiali degli Eserciti francese e tedesco (17.400 a regime per l’Esercito italiano e rispettivamente 38.500 per i francesi e 49.200 per i tedeschi) – ha spiegato -. Avvalendoci della richiamata legge 119, abbiamo chiesto 1.900 sottufficiali in più. Un miglioramento, peraltro a tutto vantaggio dei volontari in servizio permanente dai quali reclutiamo in via prioritaria per alimentare i sottufficiali, ma sempre lontani dagli altri e dalle necessità che derivano dal contesto tecnologico presente e futuro”.
Un altro elemento moto importante per il personale è quello della reimmissione nel mondo del lavoro dei volontari a tempo determinato.
“Gli attuali istituti, ovvero la prioritaria stabilizzazione nelle Forze Armate o nelle Forze di Polizia, pur efficace non è sufficiente – ha sostenuto il capo dello Stato Maggiore dell’Esercito -. C’è bisogno di un meccanismo di effettivo incontro tra domanda e offerta nel mondo del lavoro che possa essere conveniente per tutti gli attori coinvolti: lo Stato, le imprese e i volontari che hanno ultimato senza demerito la loro ferma prefissata”.
L’Esercito, da parte sua, può prevedere che un’ultima parte del servizio sia dedicata alla qualificazione professionale mirata, anche avvalendosi dei propri Centri di formazione, i cui attestati, previa certificazione di qualità, andrebbero riconosciuti validi su tutto il territorio nazionale, come avveniva prima della legge 133 del 2008.
In parallelo, potrebbe prevedersi un premio di congedamento, commisurato agli anni di servizio prestati anche funzionale all’avvio di un’attività lavorativa autonoma.
L’orientamento generale è tornare a numeri coerenti con il modello professionale originale, purtroppo abbandonato nel 2012 sotto la pressione di una difficile situazione economica, fatta prevalere su considerazioni di carattere strategico-militari.
Per l’Esercito significa puntare al traguardo di almeno 110 mila donne e uomini che sarebbe coerente, ha sottolineato ancora Serino, “anche con le esigenze qualitative e di ringiovanimento del personale”.
Ma, per avere questo risultato, occorre avere una nuova legge che affronti in un quadro organico il tema delle Riserve.
Dove vengano soddisfatte queste esigenze: integrare professionalità assenti o numericamente non sufficienti in talune situazioni di impiego, esigenza oggi gestita con la cosiddetta Riserva selezionata; disporre di unità per compiti di supporto sia alle altre Istituzioni dello Stato (4a^missione interforze) sia alle stesse Forze Armate professioniste (1^ e 2^ missione interforze).

Ufficiali della Riserva selezionato dopo il giuramento
Una esigenza che potrebbe essere appannaggio della costituenda Riserva Ausiliaria dello Stato prevista sempre dalla legge 119.
E quali potrebbero essere i vantaggi per la Forza Armata? Il “Battaglione multifunzione” che ha dato buona prova nella gestione dell’emergenza Abruzzo del 2016.

Assetti militari e di Protezione civile impiegati nella Vardirex passata
In poche parole, si possono organizzare unità che è opportuno avere ma che non è costo-efficace mantenere permanentemente attive.
Ultima esigenza, direttamente legata alla condotta di operazioni di combattimento, è la rigenerazione delle capacità operative, ovvero una Riserva di mobilitazione.
La Riserva Ausiliaria, in particolare, richiede una struttura permanente ad hoc (collocata in sovrannumero) per la gestione delle attività di reclutamento e selezione, formazione e addestramento iniziale, gestione dei mezzi e degli equipaggiamenti, questi ultimi da acquisire una tantum.
Per il Generale Serino, “le tre Riserve potrebbero sostenersi l’un l’altra, in un quadro di ottimizzazione delle risorse organizzative, umane e materiali impiegate alla bisogna. Su tutto quanto precede, l’Esercito è in condizione di fornire know-how ed expertise per l’elaborazione di progettualità, inclusive dell’aspetto normativo, primario e discendente”.
AMMODERNAMENTO
Un tema questo dell’ammodernamento fondamentale per il soldato che deve operare in contesti nazionali ma soprattutto internazionali.
Solo, infatti, con mezzi, materiali e sistemi d’arma tecnologicamente avanzati e competitivi, l’Esercito può operare come Strumento militare credibile ed efficace.
Nel documento denominato “Esercito 4.0” la Forza Armata ha illustrato quali sono le necessità per rispondere alle minacce.
“Le guerre – viene sottolineato – si combattono e si vincono applicando principi antichi ma utilizzando modalità, procedure e strumenti innovativi”.
La prima parte dell’ammodernamento che Serino ha condiviso con i componenti della 3^ Commissione del Senato è quella relativa al rinnovo della componente corazzata, all’adeguamento della protezione delle forze alle diversificate minacce presenti sui campi di battaglia odierni e provenienti soprattutto dalla 3a dimensione, sulle capacità di ingaggiare obiettivi alle lunghe distanze e sulla componente elicotteristica.

Un Carro ariete durante movimento di uscita dalla base
Per ciò che attiene alle forze corazzate, nelle loro diverse componenti, queste rappresentano il tassello fondamentale per la condotta delle operazioni in scenari d’impiego sempre più complessi e ad alta intensità.
L’ultima progettualità in tale campo, ha ricodato Serino, “peraltro mai completata per il radicale mutamento dello scenario geostrategico intervenuto tra il 1989 ed il 2001, risale agli anni ’80 e portò all’acquisizione di 200 veicoli per la Fanteria, Dardo nella sola versione base a fronte delle 5 varianti previste e di 200 Carri Ariete”.

Un Dardo impegnato in un’esercitazione
Entrambi i mezzi, nel tempo, non sono stati oggetto né di programmi di aggiornamento né di soluzione delle obsolescenze.
Per ovviare a tale situazione, l’Esercito ha avviato nel 2019 un programma per aggiornare 125 carri Ariete nei settori della mobilità, dell’ingaggio e del Comando e Controllo.
Il programma ha ricevuto il parere positivo delle Camere alla fine della scorsa legislatura e la Forza Armata è pronta ad eseguire l’impresa.
“Il completamento della componente carri (4 Battaglioni per complessivi 250 carri), tenuto conto del trend internazionale, che favorisce l’upgrade dell’esistente – ha proseguito Serino – delle opportunità di cooperazione industriale e dell’urgenza, ci porta a favorire l’acquisizione di carri allo stato dell’arte, già in uso e quindi affidabili e dotati di una catena rodata di supporto logistico”.
Per i veicoli destinati alla Fanteria, appurata la non fattibilità di un programma di ammodernamento dei mezzi in dotazione all’Esercito, peraltro largamente insufficienti alle necessità (12 Battaglioni delle diverse Armi per complessivi 1.050 veicoli nelle diverse versioni) si avvierà un programma di sviluppo e di acquisizione di veicoli nuovi da impiegare per i prossimi 40 anni.
“Nel transitorio – ha detto ancora Serino – un primo Battaglione, per circa 90 mezzi dovrà essere equipaggiato con un sistema che possieda i requisiti già elencati per il carro: allo stato dell’arte, affidabile perché già testato sul campo, dotato di una catena logistica rodata e auspicabilmente europeo, per favorire cooperazioni industriali, da riverberare anche sul futuro veicolo”.
Dal punto di vista squisitamente tecnico-militare, i due mezzi – carro armato e veicolo per la Fanteria – sono stati individuati e sono all’esame dei vertici di SME.
La seconda priorità è la capacità di ingaggio di precisione in profondità.
Essa si sviluppa attraverso l’impiego combinato di attività di Guerra Elettronica, droni e fuoco di precisione.
E’ necessario, dunque, l’incremento delle capacità dei lanciarazzi multipli, dotando l’Esercito di un sistema simile all‘High Mobility Artillery Rocket System (HIMARS) e di munizionamento circuitante di precisione a lunga gittata.

HIMARS in azione
A questi si affiancherà il munizionamento di precisione di tipo “Vulcano”, nelle versioni a guida GPS/laser, che consente, impiegando artiglierie tradizionali, l’ingaggio a notevoli distanze e costituisce uno dei risultati della tecnologia nazionale.
Altra esigenza, confermata da quanto sta avvenendo nel conflitto russo-ucraino è la necessità di procedere, in maniera coerente e integrata, allo sviluppo e al potenziamento delle capacità di difesa dei dispositivi terrestri da minacce provenienti dalla 3a dimensione.
A questo proposito, si dovrà rivedere l’architettura, le dotazioni e i numerici dei sistemi in dotazione creando un continuum prestazionale tra i diversi segmenti capacitivi: partendo da quello a media portata MRSAM (Medium Range Surface-to-Air Missile), rappresentato dall’ormai ben noto SAMP-T, programma MBDA italo-francese, passando per il corta portata SHORAD (Short Range Air Defence), rappresentato dal programma di MBDA italo-inglese CAMM-ER, fino al contrasto delle minacce a cortissima portata (VSHORAD, Very Short Range Air Defence), comprendendo in tale ambito anche le capacità contro i munizionamenti RAM (Rocket Artillery Mortar) e i droni mini e micro.

Lancio di un missile CAMM-ER
Con particolare riferimento alla capacità VSHORAD, l’Esercito sta proponendo lo sviluppo di un sistema di tecnologia nazionale, appoggiandosi a MBDA Italia, da prevedere in diverse configurazioni man-portable e veicolare, accomunate dalla possibilità di impiego del medesimo missile.
Questo nuovo sistema potrebbe soddisfare le esigenze delle altre Forze Armate e rendere disponibile sul mercato un prodotto potenzialmente di interesse anche di altri Paesi.
Mentre l’ingaggio contro droni e contro munizioni sarebbe appannaggio delle nuove piattaforme corazzate per la Fanteria, con una versione specializzata.
L’Esercito sta anche lavorando da tempo con Leonardo sul nuovo elicottero da esplorazione e scorta (NEES) il quale ha iniziato questa estate i suoi test in volo e che presenta innovazioni tecnologiche avanzate sia in campo elicotteristico sia nei settori della digitalizzazione, connettività e integrazione di sistemi, che lo rendono già oggi un elicottero del futuro.
La Forza Armata ha lanciato un programma per dotare in maniera capillare tutte le unità di Aeromobili a Pilotaggio Remoto (APR) della categoria mini e micro che rappresenta ormai la condizione minima per operare efficacemente.
Ma i processi di ammodernamento e di rinnovamento hanno bisogno di stanziamenti.
Ma, ha spiegato il Generale Serino “procedere per singoli fondi Difesa, rifinanziando annualmente le imprese, allunga i tempi, aumenta i costi e diminuisce l’efficacia dei programmi, non solo dell’Esercito, ma dello strumento operativo nazionale nel suo complesso. Il conflitto moderno è infatti multidominio, cioè condotto attraverso attività coordinate e integrate sulla terra, sul mare, nel cielo, nello spazio e nel mondo immateriale ma pericoloso del Web. Sarà la componente meno tecnologicamente allo stato dell’arte e più vulnerabile a condizionare l’efficacia dell’intero sistema”.
Purtroppo per scelte operative e di contingenza, l’Esercito ha accumulato un “grave ritardo capacitivo che, per essere colmato, richiederà nei prossimi anni risorse pari al doppio di quelle normali poiché in un modello equilibrato, la componente terrestre assorbirebbe il 25%, o giù di lì delle esigenze di ammodernamento e rinnovamento complessive”.
Il capo di Sme ha propostop la costituzione di un maxi fondo che sommi almeno tre delle correnti annualità, associate a norme di semplificazione amministrativa e contabile, nazionali ed europee.
“Ne beneficerebbero – ha spiegato – non solo le Forze Armate, ma l’intero sistema Paese e la stessa Unione europea, alla ricerca di un’autonomia strategica in campo di Sicurezza e Difesa e di una migliore efficacia del proprio sistema produttivo”.
“Giudico quindi necessario promuovere, nell’ambito del Sistema Difesa – ha proseguito – la creazione di un Polo Industriale Terrestre, che, grazie alla collaborazione sinergica tra le grandi imprese del settore e la filiera ramificata di piccole e medie Imprese ad elevato contenuto tecnologico, possa garantire il soddisfacimento delle esigenze di modernizzazione della Forza Armata anche all’interno di programmi cooperativi e internazionali e contribuire alla crescita tecnologica ed economica dell’Italia. Il non più rinviabile rinnovamento dell’Esercito, e in particolare la progettualità legata alla componente corazzata costituisce un’opportunità forse irripetibile per dare corpo e sostanza al suddetto Polo Industriale Terrestre”.
INFRASTRUTTURE
Per accompagnare il processo di acquisizione di nuovi mezzi ed equipaggiamenti, come sopra evidenziato, l’Esercito ha bisogno di un ammodernamento e un rinnovamento del parco infrastrutturale logistico”.
Si tratta di replicare su scala nazionale, ha detto il capo dell Stato Maggiore dell’Esercito, “l’approccio adottato per introdurre in servizio il veicolo blindato 8×8 Freccia, che ha portato in Forza Armata la digitalizzazione a livello tattico. Le unità e le basi destinate ad accogliere i sistemi devono essere oggetto di programmi di potenziamento delle relative infrastrutture logistiche. La capacità di assolvere i nostri compiti si basa su un trinomio inscindibile: reparti, infrastrutture logistiche e aree addestrative”.

Un VBM Freccia in movimento
E perciò si dovrà investire, in campo infrastrutturale, nelle regioni che ospitano la Brigata Garibaldi, la Brigata Aosta e la Brigata Sassari.
La scelta, di squisita natura operativa, incontra anche le aspettative del personale dell’Esercito che in quelle regioni ha interessi.
Lo Stato Maggiore, in collaborazione con il Comando Forze Operative Sud di Napoli ed il Dipartimento Infrastrutture dell’Esercito ha avviato sul tema una serie di approfondimenti, anche sul territorio e in accordo con le Istituzioni locali.
Questione alloggi: la Forza Armata si confronta da tempo con il bilanciamento tra le esigenze e le aspettative del singolo e le necessità dell’Istituzione Esercito, in poche parole il tema dei cosiddetti “sine-titulo”.

La consegna di nuovi alloggi
L’emanazione di un nuovo decreto sulla gestione degli immobili della Difesa (l’attuale è del 2015) che introduca il parametro dell’ISE (Indicatore di Situazione Economica) e dell’ISEE (Indicatore di Situazione Economica Equivalente) quali criteri idonei a una più completa e precisa valutazione dell’effettiva capacità reddituale dei potenziali beneficiari degli alloggi, per il capo di SME, assicurerebbe “la protezione delle categorie meritevoli di tutela ed il soddisfacimento della vera ragion d’essere degli alloggi di servizio: dare alloggio a chi è soggetto a trasferimento d’autorità”.
LA SPECIFICITA’ MILITARE
La Specificità Militare vede da un lato la tutela sociale per il militare e per la sua famiglia e dall’altro l’assolvimento dei particolari doveri di servizio assunti con il suo status.
Ma la piena compatibilità tra i due è ormai difficile.
Anche in ragione degli impegni che l’Esercito, così come le altre Forze Armate, sarà chiamato a fronteggiare, per il Generale Serino “è giunto il momento di affrontare organicamente il tema della specificità militare attraverso una norma ad hoc, così come avvenuto per regolare il diritto alle libertà sindacali. In sostanza, bisogna declinare come si coniugano i doveri di un operatore del settore difesa in una società moderna giustamente e doverosamente attenta ai diritti dell’individuo e alle tutele sociali”.
Si parla di un “welfare dedicato” che abbia anche la funzione di tutelare la fragilità che un servizio stressante e impegnativo come quello operativo può generare.
Ora la questione viene affrontata facendio uso ad alloggi di servizio, asili nido, strutture per il recupero psico-fisico come basi logistiche e foresterie, alla recentissima costituzione di infermerie presidiarie che sono state dotate di una sezione per il monitoraggio, la diagnosi e la cura del disagio psicologico, l’assicurazione sanitaria integrativa.
Oltre a questi progetti per i quali sono necessarie norme specifiche e adeguate risorse, il capo di SME ha richiesto ai senatori della 3^ Commissione leggi che rendano tutto il personale con le stellette, “fisicamente e psicologicamente idoneo, impiegabile senza limitazioni di luogo e tempo nelle situazioni di crisi e di emergenza e, con specifici accorgimenti, nelle attività di aggiornamento professionale e di addestramento, propedeutiche all’impiego stesso”.
Lo Stato Maggiore dell’Esercito è pronto a mettere a disposizione, ha ribadito il capo di SME, “know-how ed expertise per la predisposizione di progettualità su questo tema”.
ADDESTRAMENTO
L’addestramento è il secondo aspetto della preparazione delle forze. Esso è essenziale per la condotta di ognuna delle 4 missioni interforze.
E’ stato apprezzato nelle attività di Protezione civile, nella gestione della pandemia, lo vediamo ogni giorno nell’Operazione “Strade Sicure” e indirettamente ogni volta che il nostro Paese si interfaccia con le Autorità di Stati dove operano i soldati italiani come nei Balcani, in Africa e in Medio Oriente.

Una soldatessa impiegata nell’Operazione Strade Sicure
L’addestramento più complesso, oneroso e impegnativo è quello relativo alla 2a missione interforze: difesa diretta degli spazi euro-atlantici da ogni aggressione, come stabilito dal Trattato del Nord Atlantico (art. 4) e dal Trattato di Lisbona (art. 42.7).
Nei fatti, nessuna unità può essere efficacemente impiegata se non addestrata; diciamo che l’addestramento si pone nei confronti delle attività operative così come la formazione al lavoro (e correlati aspetti antinfortunistici) si pongono nei confronti delle attività produttive.
Per addestrarsi ci vogliono le aree addestrative e qui tocchiamo un altro tema delicato, forse il più delicato, perché riguarda la conservazione e la salvaguardia dell’ambiente, principio che dal febbraio del 2022 è divenuto costituzionale (art. 9, comma 3).
In Italia, le aree addestrative dove i reparti si possano esercitare impiegando le armi in dotazione sono poche, piccole (non possiamo fare alcun confronto con francesi, tedeschi e britannici) soggette a limitazioni, talvolta lontane dalle caserme dove le unità vivono e spesso coincidenti con siti di interesse comunitario.

Una Blindo Centauro in esercitazione al Poligono di Torre Venneri
Ricorda, a questo proposito, il Generale Serino: “Le servitù militari, paradossalmente negli anni della cementificazione del territorio e delle coste, hanno funzionato da barriera. Entrando nei numeri, abbiamo 3 aree addestrative dove possiamo addestrarci a livello Battaglione con chiusure stagionali che vanno dai 5 mesi al mese; 5 aree addestrative per il livello Compagnia, con chiusure stagionali mediamente di 5 mesi, altre 2 aree addestrative dove possiamo fare tiri in movimento con i carri e/o le blindo pesanti. In solo 4 di queste può addestrarsi l’artiglieria, ma con distanze massime di tiro risibili, tra i 5 e i 7 chilometri, roba da guerra franco-prussiana del 1870. Per quanto riguarda la controaerei abbiamo solo l’area di Salto di Quirra, un po’ poco per un Esercito che annovera circa 60 Battaglioni da combattimento con le relative 200 Compagnie”.
Eppure, la Forza Armata ha rispettato le leggi dal punto di vista ambientale e lo farà anche con l’utilizzo delle nuove tecnologie. Non solo, incrementerà il ricorso a sistemi di simulazione per ridurre le attività a fuoco e incrementerà, compatibilmente con le risorse e le disponibilità, lo svolgimento di attività addestrative all’estero.
Non è possibile, chiaramente, che una Forza Armata possa eliminare le esercitazioni a fuoco, anche a tutela del personale che quei sistemi d’arma e mezzi da combattimento potrebbe essere chiamato a utilizzare.
Per questo, il Generale Pietro Serino auspica una necessaria collaborazione tra Istituzioni e l’interessamento del Parlamento “per individuare nuove aree addestrative che diano maggiore efficacia alle attività e le ridistribuiscano nelle diverse zone della Penisola”.
LOGISTICA
Essa si basa su infrastrutture e attrezzature, scorte e componentistica, personale specialistico militare e civile, risorse finanziarie di parte corrente.
I contatti con le unità sul campo sono di competenza esclusiva della componente militare.
A questo proposito, l’Esercito sta procedendo all’unificazione del Corpo degli Ingegneri e dell’Arma Trasporti e Materiali.

Il trasporto di materiale e di attrezzature per un ospedale da campo
Si è partiti, già con l’ex capo di SME Generale di Corpo d’Armata Salvatore Farina dall’unificazione della formazione tecnico-ingegneristica che consentirà “un impiego più flessibile della componente umana, renderà comuni le esperienze e le competenze professionali, quelle più squisitamente tecnico-ingegneristiche e quelle logistico-operative, permettendo a un’unica Arma tecnico-logistica di seguire la vita di un sistema d’arma, quale che sia, dalla sua concezione alla sua alienazione”.
Per l’organizzazione dell’Esercito è un passo estremamente innovativo, lungamente meditato e nel rispetto dei tempi che viviamo.
Molto importante sarà il ruolo che sarà rivestito dalla robotica e dall’intelligenza artificiale, a cui è dedicato un progetto di sperimentazione di imminente avvio.
In questo modo sarà ridotto l’utilizzo di risorse umane, poche e preziose, si disperderanno sul terreno le attività per incrementare la sicurezza e la protezione del dispositivo logistico, e da ultimo si efficienteranno gli interventi attraverso logiche predittive e diagnostiche, controllate da specifici software.
Per effetto del blocco del turn-over e delle riduzioni previste dalla legge 244 del 2012, l’Esercito sta subendo, come la Marina Militare e l’Aeronautica Militare, un drammatico calo delle consistenze di personale civile.
Oggi l’Esercito ha poco meno di 6 mila civili a fronte di una esigenza di 9.500, con le principali carenze concentrate sui poli logistici di Piacenza, Terni, Roma e Nola (Napoli) e presso l’Istituto Geografico di Firenze.
Anche in questo caso, il Generale Serino ha dettato i punti: accelerare i programmi di assunzione, molti già finanziati, perché in talune professionalità il tempo è già scaduto; renderne l’utilizzo più flessibile, talvolta condizionato da parcellizzazione delle risorse finanziarie tra militari e civili che non rispondono a logiche operative; riconoscere le specificità del personale civile della Difesa rispetto al resto del Pubblico Impiego, specie quello che sostiene la componente operativa della Forza Armata, ma non solo; rivederne le consistenze, laddove si porrà mano al modello di personale complessivo della Difesa.
L’esternalizzazione del terzo livello della logistica (industriale), anche alla luce della situazione internazionale, deve inquadrarsi all’interno di una rinnovata legislazione sui servizi essenziali e sulle attività strategiche in emergenza.
Per quanto riguarda le spese per la logistica, il capo di SME ha chiuso il suo intervento sostenendo che, essa si basa, così come l’addestramento, “sulla cosiddetta spesa corrente, spesa che impatta significativamente sui saldi di finanza pubblica”.
E così, nel recente passato, “i consumi intermedi sono stati fortemente sotto finanziati, con effetti negativi sulla consistenza delle scorte di munizioni e carburanti, sulla efficienza dei mezzi e dei sistemi d’arma e sulla manutenzione delle infrastrutture”.
Per questo il capo dello Stato Maggiore dell’Esercito, Generale di Corpo d’Armata Pietro Serino vede, con favore, “le iniziative volte a riclassificare e riqualificare la spesa per la Difesa, sia quelle di conto capitale sia quelle di parte corrente, perché intimamente connesse tra loro e correlate all’efficienza e all’efficacia dello strumento militare terrestre e non solo”.
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