Etiopia: grande vittoria del Partito della Prosperità di Abiy nelle elezioni politiche

Di Pierpaolo Piras

Addis Abeba. Dopo quasi un mese di attesa è stato comunicato ufficialmente l’esito delle elezioni politiche in Etiopia.

Il premier uscente, Abiy Ahmed, è stato confermato alla guida del Paese.

Abiy Ahmed

Il suo “Partito della Prosperità” ha guadagnato 410 seggi su un totale di 436, laddove  si sono svolte le elezioni, secondo i risultati pubblicati dal Consiglio elettorale nazionale dell’Etiopia (NEBE) che ha affermato che ci sarebbe stata una replica in 10 circoscrizioni.

Il leader del principale partito di opposizione dei cittadini etiopi per la giustizia sociale, Birhanu Nega, ha perso mentre quelli sempre di opposizione “Ezema” e “Movimento nazionale di Amhara (NAMA)” hanno avuto ognuno meno di dieci seggi.

Le elezioni avrebbero dovuto tenersi il 29 agosto 2020.

Furono rinviate ufficialmente a causa della pandemia, così come quelle regionali e municipali che erano programmate per tenersi contemporaneamente in tutto il Paese.

Dallo scrutinio sono rimasti esclusi più di 100 delle 547 circoscrizioni elettorali del Paese, soprattutto per gravi questioni di sicurezza: il Tigray, una parte dell’Oromia, il Benishangul e parti del Sud.

In questi regioni il voto è stato rinviato a data da destinarsi.

Le consultazioni del 20-21 giugno 

Con le elezioni libere ed eque del 20-21 giugno scorso, le prime dopo sei anni, la Repubblica Federale Democratica d’Etiopia ha voluto dimostrare al mondo la sua aspirazione di nazione desiderosa di  presentarsi nella sua nuova duplice veste di potenza economica dell’Africa e di  democrazia in rapida e moderna maturazione sociale e civile.

Nel 2018, l’Etiopia ha dato il segno più chiaro del suo intento democratico verso queste elezioni, invitando un ex prigioniero politico, Birtukan Mideksa, a tornare dall’esilio per presiedere la ripristinata commissione elettorale nazionale, investita del controllo sulla correttezza della consultazione elettorale.

Com’era nelle previsioni, il risultato delle consultazioni è stato totalmente a favore di Abiy Ahmed Ali, primo ministro uscente, ex militare dell’Esercito nazionale e laureato presso l’Università di Adis Abeba.

Aby si è presentato a questo cruciale appuntamento democratico come leader della etnia Oromo, maggioritaria (34%) in Etiopia.

Per l’alta valenza del suo operato anche in ambito internazionale e per la sua azione decisiva nel determinare la pace nella annosa e cruenta guerra con la vicina Eritrea, nel 2019 è stato insignito del premio Nobel per la Pace.

In vista della tornata elettorale, Aby ha ben pensato di costituire una nuova forza politica, il “Partito della Prosperità” (Prosperityn Party), formato dal Fronte Democratico Rivoluzionario del Popolo Etiope (EPRDF), un tempo politicamente prevalente.

Cronologia degli ultimi eventi

L’EPRDF era composto da quattro partiti politici: Fronte popolare di liberazione del Tiguria (TPLF), Partito Democratico di Amhara (ADP), Partito Democratico di Oromo (ODP) e Movimento Democratico Popolare Etiope Meridionale (SEPDM).

Dopo aver portato al rovesciamento della Repubblica Democratica Popolare Comunista d’Etiopia, ha dominato la politica del Paese dal 1991 al 2019.

Nel novembre 2019, l’EPRDF si è sciolto e il primo ministro e presidente dell’EPDRF, Abiy Ahmed, ha unito la maggior parte dei partiti costituenti della coalizione (ad eccezione del TPLF del Tigray) in una nuova coalizione chiamata appunto “Prosperity Party”, fondata il 1o dicembre. 2020.

Una mappa dell’Etiopia

Il “Prosperity Party”  è stato quello di gran lunga il più favorito, con un considerevole margine sui numerosi candidati provenienti, per lo più, da forze politiche più piccole e su base etnica.

I cartelloni pubblicitari con il simbolo del partito, una lampadina, adornano ovunque la capitale.

Sono entrate in lizza elettorale più di 40 coalizioni, la maggior parte con distribuzione e caratterizzazione  regionale.

La complessità dei gruppi etnici

La popolazione dell’Etiopia è in circa 114 milioni di abitanti, equivalenti al 1,4% della popolazione mondiale.

Numerosi i gruppi etnici presenti in Etiopia

Formano il Paese un gran numero di gruppi etnici e le loro relazioni (non sempre facili per ragioni storiche e tribali locali)  avranno sicuramente un grande impatto sul futuro benessere economico e politico.

Il più grande gruppo etnico etiope – gli Oromo – si è lamentato a lungo di essere stato emarginato sia economicamente che politicamente, specie durante l’esperienza politica comunista del passato col DERG.

Un’ondata trasversale di proteste, iniziata nel 2015, ha portato all’ascesa al potere di Abiy Ahmed Ali, un Oromo.

Egli ha voluto rimuovere la retriva pregiudiziale tribale per promuovere piuttosto il senso dell’ unità nazionale superando le problematiche sociali secondarie alle divisioni etniche.

A suo merito, predica anche la valorizzazione delle diversità, comprese quelle culturali.

Questo atteggiamento ha rivelato un’apprezzabile e brillante apertura mentale, piuttosto rara in un continente come quello africano da millenni afflitto dalle divisioni sociali e da sanguinose guerre tribali e ancora dallo schiavismo dei vinti.

L’Etiopia come mosaico di etnie

Le varie etnie del popolo etiope sono (secondo i dati del 2016): Oromo (34%), Amhara (29,8%), Somali (2,8%), Tigrayan (7,7%), Sidama (4%), Gurage (2,8%), Wolayta (3,1%), Hadiya (2,4%), Afar (0,7%), altri 12,6% .

L’obiettivo del nuovo governo è quello di realizzare una radicale riforma dello Stato affinché quest’ultimo possa pacificamente transitare dall’attuale federalismo etnico dell’EPRDF verso uno Stato più organizzato,  più funzionale e maggiormente centralizzato, al solo fine di sviluppare processi decisionali più rapidi, produttivi ed efficienti nella Pubblica Amministrazione statale e periferica del vasto territorio etiope.

Tuttavia, con l’aumentare delle tensioni etniche e politiche in tutta l’Etiopia, un mosaico di comunità e gruppi linguistici (solo teoricamente) uniti sotto un sistema federale, le autorità hanno ripetutamente applicato il metodo repressivo alla popolazione, incarcerando i dissidenti e i capi delle proteste.

Il conflitto nel Tigray (provincia del nord)

La tornata elettorale nazional e quelle regionali si svolgono sullo sfondo di un estenuante ed annoso conflitto militare nella regione settentrionale del Tigray, dell’incombente prospettiva di una carestia, dell’aumento della violenza etnica nel territorio e di gravi problemi economici.

Più di 37 milioni dei 114 milioni di etiopi sono stati registrati per votare, scegliendo tra 46 partiti, candidati per il parlamento.

Come segno di crescita del sentimento democratico, la commissione elettorale ha affermato che questa volta sono stati in corsa più candidati rispetto a qualsiasi altra votazione del passato.

Inoltre, queste elezioni sono state innovative in quanto hanno visto la partecipazione di numerosi partiti e coalizioni tra cui scegliere, mentre in passato ce n’era soltanto uno.

Le elezioni nel Tigray

In questa regione settentrionale,  il mancato svolgimento di elezioni è dovuto allo stato di guerra civile permanente, Il territorio è dilaniato dalla guerra ma è poco influente politicamente visto lo scarso numero di seggi rappresentativi posseduti in parlamento.

I diplomatici occidentali e le agenzie umanitarie affermano che 350 mila persone nel Tigray stanno soffrendo la carestia.

Poco più di un quinto delle circoscrizioni parlamentari non vota a causa di problemi logistici e violenze efferate.

Le libere elezioni si terranno  quando la situazione in quella regione si è stabilizzata, come ha ricordato il primo ministro Aby.

Altre sfide attendono il capo del Governo etiope per la sicurezza in gran parte del territorio etiope, ad Afar, nella regione somala, ad Amhara, Oromia, Harari, Benishangul-Gumuz, Wollo meridionale e altrove.

Quasi due milioni di persone sono state sfollate a seguito di conflitti armati al di fuori del Tigray.

Internazionalizzazione del conflitto nel Tigray

La guerra civile nella regione del Tigray, che Aby definisce come “un’ operazione di applicazione della legge”, negli ultimi anni si è trasformata in una guerra civile internazionalizzata, coinvolgendo militarmente la vicina Eritrea.

Il conflitto ha destabilizzato in modo significativo il Corno d’Africa.

Ha indirettamente istigato una guerra di confine tra Etiopia e Sudan, oltre a contribuire all’aggravamento della rivalità tra l’Egitto e l’Etiopia sulla costruzione da parte dell’Etiopia della diga “GERD” sul fiume Nilo.

La diga Gerd

Numerosi crimini di  guerra sono stati documentati da gruppi per i diritti umani.

Il rappresentante delle Nazioni Unite, Mark Lowcock, ha appena dichiarato la carestia nel Tigray e ha detto che la fame nella popolazione viene utilizzata come arma di guerra tra Etiopia ed Eritrea.

Di conseguenza, si stima che 350 mila persone vivano attualmente in condizioni di carestia, e altri 2 milioni rischiano di trovarsi presto nella medesima situazione.

Lo stato conflittuale in Etiopia sta ostacolando i lavori della diga GERD

La Grand Ethiopian Renaissance Dam (GERD) è un’opera ciclopica in costruzione dal 2011, con il sistema a gravità sul fiume Nilo azzurro.

Si trova nella regione di Benishangul-Gumuz in Etiopia, circa 15 chilometri ad Est del confine con il Sudan.

La Grand Ethiopian Renaissance Dam (GERD) è un’opera ciclopica in costruzione dal 2011

Con una potenza installata di 6.45 gigawatt, la diga, una volta completata, sarà la più grande centrale idroelettrica in Africa, nonché la settima più grande al mondo.

Nel febbraio scorso, il ministro etiope dell’Acqua e dell’Irrigazione, Selchi Bakli, ha affermato che i lavori di ingegneria per la costruzione della diga hanno raggiunto il 91%, mentre il tasso di costruzione definitiva era del 78,3%.

Una volta terminato, il bacino potrebbe impiegare da 5 a 15 anni per riempirsi d’acqua, a seconda delle condizioni idrologiche durante il periodo di riempimento e sotto il condizionamento dei necessari accordi raggiunti tra Etiopia, Sudan ed Egitto per il condizionamento e gestione condivisa dell’enorme massa d’acqua trasportata dal fiume Nilo.

Dopo le elezioni

Al di là delle tensioni Tigray, se Aby, al di là della retorica elettorale, non si impegnerà in un positivo processo politico , fatto anche di dialogo con i suoi oppositori, è plausibile che possa fallire tutti i suoi obiettivi futuri, politici e sociali.

Questa evenienza avrebbe il potere di destabilizzare tutta la vasta estensione del Corno d’Africa e il teatro strategico del Mar Rosso, attraverso il quale ogni anno passa una quota sostanziale del commercio mondiale.

Adesso, l’azione politica e diplomatica degli Stati Uniti e dei suoi partner potranno  svolgere un ruolo importante nel sostenere questo percorso positivo.

Una volta completata la conta dei voti, i parlamentari nazionali eleggeranno il primo ministro, che è capo del governo, così come il Presidente, un ruolo in gran parte cerimoniale.

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