Di Cristina Di Silvio*
NEW YORK. In occasione della Giornata Internazionale delle Famiglie, l’attenzione delle Nazioni Unite si è focalizzata su una questione sempre più rilevante nel panorama strategico globale: il ruolo della famiglia non solo come ambito privato, ma come fattore determinante della tenuta sociale e, in prospettiva, della stabilità nazionale. L’intervento introduttivo di Renata Kaczmarska ha riportato al centro un nodo critico spesso trascurato dai decisori in materia di sicurezza: le dinamiche familiari non sono marginali, bensì direttamente interconnesse con le minacce ibride, l’erosione dell’ordine sociale e l’espansione di fenomeni di devianza minorile.
Famiglia e instabilità sociale: un legame strutturale. Il collasso dei valori familiari, intesi come norme di riferimento intergenerazionale, ha assunto negli ultimi anni i tratti di una vera e propria crisi sistemica. In molte democrazie avanzate, l’assenza di figure genitoriali stabili, la deresponsabilizzazione educativa e la sostituzione della relazione con la connessione digitale stanno alimentando nuove forme di violenza sociale. Fenomeni come il bullismo giovanile, la microcriminalità diffusa, la violenza tra pari e l’aggressività scolastica sono spesso sintomi di una disgregazione silenziosa che parte dalle fondamenta educative. A ciò si aggiunge la costante crescita dell’uso distorto dei social network per finalità sessuali, spesso con coinvolgimento diretto di minori, ma anche di adulti — madri e padri — che utilizzano queste piattaforme in modo deviante, contribuendo a un’erosione del patto pedagogico tra generazioni.

Una vulnerabilità silenziosa nei sistemi di sicurezza nazionale. Nel linguaggio della difesa, si parla sempre più spesso di societal fragility come vettore d’insicurezza interna. In questa prospettiva, la famiglia assume un ruolo di primo piano: è il primo luogo in cui si forma o si spezza il senso civico, la fiducia istituzionale, la capacità di gestione del conflitto. Le analisi dei centri studi NATO e delle agenzie di intelligence sociale indicano chiaramente che l’indebolimento delle strutture familiari è correlato a una crescita esponenziale di fenomeni ad alto impatto sociale: dispersione scolastica, disoccupazione cronica giovanile, devianze digitali, radicalizzazione informale. L’assenza di un sistema familiare stabile e coerente si rivela, in molti casi, la premessa operativa per dinamiche di reclutamento online, propaganda ideologica e manipolazione cognitiva.
In un numero crescente di contesti socio-culturali, specialmente nelle democrazie digitalizzate, emerge un fenomeno preoccupante: la formazione di famiglie iperconnesse ma emotivamente scollegate. Le interazioni tra i membri del nucleo familiare avvengono sempre più attraverso dispositivi elettronici, ma risultano svuotate di reale contenuto affettivo. La presenza fisica coesiste con una disconnessione relazionale. Genitori e figli vivono nella stessa casa, ma in ecosistemi cognitivi differenti.
Questo scollamento produce una sovraesposizione al rischio digitale, dove l’infanzia e l’adolescenza si sviluppano in ambienti virtuali privi di filtri etici e culturali adeguati. Studi recenti dell’American Academy of Pediatrics (2024) indicano che bambini tra i 9 e i 14 anni trascorrono in media oltre 4,5 ore al giorno su piattaforme video o social, spesso senza alcuna supervisione. Questo squilibrio porta a una perdita progressiva del confine tra reale e virtuale, con effetti diretti sulla costruzione dell’identità, sulla percezione del rischio e sulla gestione delle emozioni. A peggiorare il quadro interviene un dato inquietante: genitori che utilizzano i social network per finalità sessuali o per dinamiche esibizionistiche, in alcuni casi replicando comportamenti borderline o apertamente trasgressivi. La cronaca recente ha riportato casi di madri o padri coinvolti in contenuti espliciti su piattaforme come OnlyFans o TikTok, spesso visibili ai figli o condivisi nell’ambiente scolastico dei minori. Questa esposizione comporta una normalizzazione della sessualizzazione precoce, in cui i bambini apprendono modelli erotizzati di relazione già in età prepuberale, privi di mediazione critica o affettiva.
In questi contesti, l’educazione affettiva risulta assente, incoerente o contraddittoria. La trasmissione di valori come l’empatia, il rispetto, il consenso o la gestione della rabbia non avviene, oppure è disallineata rispetto alle esperienze concrete vissute dal minore. L’assenza di riferimenti coerenti genera un disorientamento valoriale che compromette lo sviluppo della coscienza morale.
Il risultato è la crescita esponenziale di aggressività latente e comportamenti violenti tra pari, che si manifestano sotto forma di bullismo, cyberbullismo, dinamiche di branco, vandalismo o atti di violenza relazionale. Secondo i dati raccolti dall’UNESCO nel 2024, oltre il 30% degli studenti tra gli 11 e i 17 anni ha dichiarato di essere stato vittima o autore di atti di bullismo, spesso amplificati da dinamiche online che sfuggono alla sorveglianza adulta. Anche Europol ha segnalato un incremento del +18% dei casi di sextortion minorile nel biennio 2023–2024, con collegamenti diretti a situazioni familiari instabili o caotiche. Questi indicatori non sono più solo questioni educative o sociali. Rappresentano segnali di instabilità sistemica che, se non affrontati con un approccio integrato tra politiche familiari, prevenzione digitale, giustizia minorile e sicurezza urbana, rischiano di alimentare circuiti degenerativi irreversibili.
Politiche familiari come leva di sicurezza preventiva. Il Piano Nazionale per la Famiglia 2025–2027 dell’Italia rappresenta un tentativo di ricostruzione strutturale attraverso misure concrete su servizi per l’infanzia e sostegno genitoriale. Tuttavia, la vera sfida consiste nell’allineare questi strumenti a una visione strategica integrata, capace di intercettare i segnali deboli delle crisi emergenti, e di leggere il degrado familiare come un “early indicator” di potenziali fratture nella società. Il tema sarà centrale anche al Secondo Vertice Mondiale per lo Sviluppo Sociale, in programma a Doha dal 4 al 6 novembre 2025. La partecipazione dei capi di Stato e di governo a tale summit sarà l’occasione per introdurre nella diplomazia multilaterale un concetto ormai non più rinviabile: la tutela delle famiglie è una questione di sicurezza sistemica, non solo di equità sociale.
Oltre la sicurezza hard, verso una strategia di sicurezza umana integrata. In un’epoca in cui la minaccia non proviene solo da attori statuali o arsenali convenzionali, ma si insinua nelle crepe educative, nei fallimenti relazionali e nell’atomizzazione delle comunità, ignorare la famiglia come dispositivo di sicurezza preventiva è un errore strategico. Il degrado dei valori familiari non è più soltanto una questione sociologica: è una dinamica di vulnerabilità collettiva che si manifesta in modo esplosivo nelle nuove generazioni. Riportare al centro della pianificazione nazionale — e multilaterale — la dimensione educativa, valoriale e comportamentale della famiglia è oggi una delle sfide più complesse e decisive per la tenuta delle democrazie avanzate.
*Esperta Relazioni internazionali, istituzioni e diritti umani (ONU)
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