Di Alessandro Gentili (*)
Roma. Un altro 25 aprile è trascorso lasciandosi dietro il consueto codazzo di recriminazioni suscitate abitualmente da discutibili posizioni dell’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia (ANPI) che, pur facendo parte della “famiglia” delle “Associazioni combattentistiche e d’arma”, difficilmente potrebbe definirsi apartitica e apolitica così come etica e normative di settore vorrebbero.
Ma il ruolo delle numerosissime Associazioni combattentistiche e d’arma – che fanno capo al Ministero della Difesa e tuttora destinatarie, ogni anno, di cospicue sovvenzioni pubbliche – è relegato troppo spesso a semplici presenze, talora poco più che folcloristiche, alle ricorrenze che richiamano in causa il ruolo, passato e presente, delle Forze Armate e dei Corpi Armati dello Stato.
E ciò avviene in particolare modo il 25 aprile, Festa della Liberazione dall’occupazione tedesca coincidente con la data della liberazione di Milano, il 2 giugno Festa della Repubblica e memoria del referendum istituzionale Monarchia-Repubblica nonché il 4 novembre, Giornata dell’Unità Nazionale e delle Forze Armate, che ricorda la vittoria dell’Italia nella prima guerra mondiale e il completamento dell’unità nazionale.
Orbene, se in queste ricorrenze può essere molto sentita e avvertita la presenza delle Associazioni d’arma che fruiscono di una alimentazione ininterrotta, grazie al flusso dei congedati delle Armi e dei Corpi, ancorché sensibilmente ridotta dalla abolizione del servizio di leva, diversa è la situazione delle Associazioni combattentistiche che vedono ogni giorno diminuire il numero degli ex combattenti e in conseguenza incontrano grosse difficoltà nel mantenere, alimentare e trasmettere i valori e le tradizioni fondanti di tali sodalizi.
Tra queste Associazioni meritano una citazione speciale, pur nella rilevante diversità delle rispettive storie, per il ruolo avuto nella Guerra di Liberazione e per la rifondazione dello Stato repubblicano l’Associazione Nazionale Combattenti Forze Armate Regolari nella Guerra di Liberazione (ANCFARGL) e l’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia (ANPI).
L’evoluzione di questi due sodalizi, rigorosamente apartitica e apolitica la prima, fortemente ancorata ai valori della sinistra storica la seconda, ha fatto si che l’ANCFARGL, che ha dato un enorme apporto – in termini di forze e azioni di combattimento – alla Guerra di Liberazione, con reparti organici e con un altissimo contributo alla guerra partigiana, sia oggi numericamente molto esigua rispetto all’elevatissimo numero di soci, per la verità in molti casi assai eterogenei, che militano nelle file dell’ANPI.
Dunque, non si possono non registrare serie difficoltà nelle possibilità di assicurare un futuro ed un ruolo attivo ed utile alle associazioni combattentistiche che, riducendo inevitabilmente il loro impegno e la loro presenza, vanno a rafforzare ruolo e presenza dell’ANPI, invece sempre più vitale, contribuendo a consolidare un ruolo storico , quello dei partigiani, spesso erroneamente identificati solo con gli oppositori civili ante guerra del fascismo, e a cancellare la memoria del ruolo fondamentale svolto dai 530 mila soldati, marinai, avieri, carabinieri e finanzieri che, affiancati alle truppe alleate, dettero un contributo tanto riconosciuto ed apprezzato che valse poi a mitigare le condizioni imposte all’Italia sconfitta, che ebbe sicuramente un trattamento ben più favorevole di quello riservato all’ex alleato germanico.
Resta pertanto da affrontare il problema di come rivitalizzare ed attualizzare la vita delle Associazioni combattentistiche, primariamente quella che meglio e più di tutte rappresenta le Forze Armate, che più di tutti furono impegnate nella Guerra di Liberazione, pagando un enorme contributo di sangue e sofferenze. Basta pensare all’eccidio di Cefalonia e ai 600 mila deportati nei campi di lavoro in Polonia e Germania.
Ovvero l’ANCFARGL, un’importante realtà tuttora ben presente ed operante. E’, dunque, al mondo giovanile delle nostre Forze Armate che occorrerà guardare perché il ruolo fondamentale che esse svolsero nella poco conosciuta Guerra di Liberazione sia oggetto di studio approfondito e generalizzato, al fine di poter finalmente affermare le verità storiche delle vicende svoltesi dall’8 settembre del 1943 al 2 maggio del 1945, di cui tutti noi sappiamo colpevolmente troppo poco.
Occorrerà trasfondere questi valori nei programmi delle scuole dello Stato di ogni ordine e grado, istituire cattedre di “storia della Guerra di Liberazione” nelle Università ma, soprattutto, affidare queste verità agli allievi dei Collegi militari Nunziatella a Napoli, Morosini a Venezia, Teulié a Milano e Douhet a Firenze, delle Accademie Militari e delle Scuole Sottufficiali, perché ne siano testimoni e le perpetuino nelle future generazioni (**).
(*) Generale di Brigata CC aus
(**) Vedasi pure:
http://www.difesaonline.it/evidenza/lettere-al-direttore/lagonia-delle-associazioni-darma
http://documenti.camera.it/Leg17/Dossier/Pdf/DI0617.Pdf
http://www.combattentiliberazione.it/
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