Di Claudio Mancusi
Roma. “C’è la storia, poi c’è la vera storia, poi c’è la storia di come è stata raccontata la storia. Poi c’è quello che lasci fuori dalla storia. Anche questo fa parte della storia”, così la scrittrice canadese Margaret E. Atwood, definisce le chiavi interpretative degli avvenimenti che si avvicendano nell’umanità.
Fiumi d’inchiostro, spesso velenoso, fiabesco ed anacronistico, sono stati versati sugli avvenimenti delle Crociate che, a qualsivoglia ermeneutica si volessero sottoporre, offrono delle riflessioni molto importanti e molto attuali nel panorama di un continuo tentativo di realizzazione di una difesa ampliata e condivisa, addirittura “europea”.
In primo luogo le Crociate hanno avuto il merito di ricostituire, dalla caduta dell’Impero Romano d’Occidente (476 d.C.) il primo ed unico “esercito europeo” che si conosca fino ai nostri giorni, amalgamando intorno ad un unico scopo, cioè la difesa dei cristiani e dei luoghi storici della Terra Santa, tutte le realtà monarchiche e feudalidel tempo.
Da oltre sei secoli, l’Europa, frazionata tanto politicamente quanto economicamente e socialmente, si ritrovava compatta rispondendo all’appello lanciato da Papa Urbano II nel Concilio di Clermont (27 novembre 1095), nel perseguire un unico scopo e, fuori dal continente.
La salvaguardia dei luoghi santi è stata ed è tuttora una questione essenziale: aldilà del valore simbolico e di fede, assolutamente non trascurabile per i credenti, essi rappresentano in linea scientifica e quindioggettiva, la testimonianza archeologica e storica degli avvenimenti contenuti nella Sacra Scrittura.
Preservarli significa quindi salvaguardare un patrimonio storico ed artistico, che è poi anche prova extra-biblica dei fatti riguardanti la cristianità.
Tale salvaguardia era possibile, e continua ad esserlo, solo grazie alla presenza dei cristiani in loco ed in ragione del flusso di pellegrini che sostengono tali siti.
Garantire lo ius soli delle minoranze cristiane, preesistenti alla dominazione araba, ed alimentare il loro sostentamento è stato lo scopo primario delle Crociate.
Il task delle Crociate ha anticipato di gran lunga molte delle concezioni messe sul campo dall’Organizzazione delle Nazioni Unite: forze di interposizione di pace, multinazionali, che garantiscono confini, zone cuscinetto, supportano la popolazione e ne preservano il patrimonio in ogni ambito, a partire da quello umano.
Evidentemente una certa storiografia, pur narrando reali tristi episodi di degenerazione, ha tralasciato eventi e situazioni di gran lunga superiori per valenza storica.
I tentativi di soluzione diplomatica non sono assolutamente mancati ed hanno avuto la loro reale incidenza: come non ricordare l’incontro tra Francesco d’Assisi ed il sultano Malek al-Kamil avvenuto nel corso della Quinta Crociata nel giugno del 1219, oppure, i tentativi di dialogo di Luigi IX di Francia con il sultanato Ayyubide d’Egitto?
Soprattutto le pagine di storia non possono trascurare che un’ingente investimento di uomini, di mezzi e di risorse economiche, per la prima volta si è mosso dall’Occidente non allo scopo di ricavarne un profitto di espansione economico-territoriale, ma per motivi spirituali e di “diritto internazionale”.
L’autorità super-partes del papato aveva coalizzato ed unito il vecchio continente ben oltre i confini del Sacro Romano Impero e ne aveva proiettata la presenza ed il pesopolitico in un’area del mondo dove la storia ne richiama tutt’oggi la presenza e l’opera.
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