Di Daniela Lombardi
Campobasso. “Mi affascina scoprire e documentare le componenti comuni della natura umana che emergono nelle più disparate situazioni e condizioni di vita”. Sono passati più di 30 anni da quando Steve McCurry, da fotografo di provincia che pensava di dover trascorrere tutta la vita a lavorare per un giornale locale di Philadelphia, si è trasformato in uno dei più autorevoli testimoni dei nostri tempi e dei loro conflitti.
A lui è stato dato il privilegio di attraversare i territori del dolore e della gioia, della morte e della rinascita, entrando nell’animo umano e abbattendo le sue barriere, con la stessa curiosità che lo ha spinto a superare i confini materiali che dividono i Paesi del mondo.
Paesi spesso “proibiti”, come l’Afghanistan invaso dai sovietici o il Kashmir tormentato dalla perenne contesa tra India e Pakistan. Steve McCurry è riuscito a diventare un’icona vivente seguendo il percorso dei suoi scatti, che icone sono diventati per la capacità di mettere a fuoco l’umanità che anima i luoghi e la storia.

Una foto di Steve McCurry in Afghanistan
Se si chiedesse a chi non conosce la guerra quale volto e quali occhi possa avere, in tanti le darebbero il volto e gli occhi di Sharbat Gula, la piccola profuga afghana divenuta il simbolo di un conflitto che ha prostrato un popolo senza mai spezzarne la dignità. Lo sguardo dolente ma fiero di Sharbat è rimasto immutata denuncia di un conflitto infinito ed è proprio questo il senso dell’immagine che si fa icona, che porta il suo significato oltre i limiti del tempo e dello spazio.
Non a caso è proprio “Icons” il titolo della mostra che racchiude cento scatti di McCurry ospitata a Campobasso, nei locali dell’ex Gil. L’esposizione potrà essere visitata fino al prossimo 28 aprile.
Inaugurata in Molise a gennaio, “Icons” è solo un riassunto della lunga e prolifica carriera del fotografo, un compendio voluto dallo stesso autore che ha scelto le immagini da lui ritenute maggiormente significative.
Grazie alla curatrice Biba Giachetti, è stato creato un percorso fluido, aperto, in cui si passa da un luogo all’altro della Terra senza “gabbie” precostituite, come in fondo ha fatto Steve McCurry in tutta la sua attività.
Il tributo quantitativamente più ampio è proprio quello fatto all’Afghanistan, terra alla quale McCurry deve molto quanto a ispirazione e forza dei suoi scatti. Una terra che il fotografo ha percorso in lungo e in largo, in numerose occasioni, rendendosi protagonista di episodi che sono divenuto anch’essi “icone” di un modo di concepire il viaggio e il reportage di guerra, come l’attraversamento del confine tra Pakistan e Afghanistan con il tradizionale abito afghano che ingannò chi doveva controllare che nessuno entrasse nel territorio proibito all’epoca dell’invasione sovietica.
Le foto che si possono ammirare oggi a Campobasso hanno attraversato, prima di approdare in Molise, fortezze e manieri in Italia e all’estero, su impulso di un moderno principe e mecenate, Alberto di Monaco.
Nell’ipnotico itinerario nel mondo di McCurry descritto da “Icons”, si nota come fonte di ispirazione dopo l’Aghanistan siano le luci e i colori di tutto il Medio ed Estremo Oriente, le prodezze acrobatiche dei monaci Shaolin, le soleggiate pianure africane e gli aridi deserti del Mali.
La mostra, ospitata a Campobasso grazie all’impegno della Fondazione Molise cultura, riserva una gradita sorpresa per gli appassionati: un libro-guida in cui lo stesso autore racconta l’intera storia che ha portato alla nascita di ogni singolo scatto. Per rendere un viaggio già incredibile ancora più affascinante.
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