Di Fabrizio Scarinci
GAZA CITY. L’attacco a Gaza City di cui, più volte, è stata annunciata la preparazione nel corso delle ultime settimane ha avuto inizio.
La scorsa notte, infatti, in concomitanza con la conduzione di pesanti raid aerei, l’IDF ha avviato anche le operazioni di terra volte ad prender il controllo della città.

Stando a quanto comunicato, nell’area sono attualmente operative 3 delle 5 divisioni attualmente presenti nella Striscia, ossia la 98^, la 162^ e la 36^.
Sul campo anche il Capo di Stato Maggiore dell’IDF, generale Eyal Zamir, che si troverebbe, al momento, con una delle divisioni mobili allo scopo di coordinare le operazioni.

Secondo quanto si è avuto modo di apprendere, le forze impiegate nell’attacco terrestre starebbero facendo largo uso di carri armati e di fanteria, che, di concerto con l’aviazione, avrebbero iniziato a neutralizzare i siti di Hamas presenti in città.
In generale, l’attività offensiva viene descritta, da diverse fonti, come ampia, mentre l’IDF specifica che essa si espanderà a seconda delle valutazioni della situazione sul campo.

L’attacco arriva in un momento di forte disappunto nei confronti di Israele da parte di numerosi governi, tra cui anche quelli di alcuni dei suoi storici alleati.
Come ben sappiamo, infatti, nel corso degli ultimi mesi diversi Stati europei, inclusi Francia e Regno Unito (di cui tuttavia non andrebbero sottovalutate le ragioni di politica interna) hanno riconosciuto lo Stato Palestinese o si sono detti disposti a farlo. Incuranti, si potrebbe aggiungere, del fatto che questo potrebbe costituire un premio per le azioni terroristiche di Hamas.

Quanto al contesto mediorientale, invece, il raid israeliano compiuto il 9 settembre scorso in Qatar allo scopo di eliminare i vertici di Hamas presenti nel Paese ha chiaramente provocato un forte raffreddamento dei rapporti di Tel Aviv con i suoi nuovi partner regionali, che, proprio a Doha, durante una riunione d’emergenza iniziata ieri, hanno fatto presente come, dal loro punto di vista, tali azioni rischino di minare gli “accordi Abramo”, pietra angolare della politica mediorientale portata avanti dagli USA.
Nondimeno, almeno per il momento la situazione sembrerebbe reggere e, questo, ovviamente, anche e soprattutto grazie al supporto di cui Tel Aviv gode da parte del governo di Washington.
Un supporto ribadito anche ieri dal segretario di Stato Marco Rubio durante la sua tappa israeliana di una più ampia visita mediorientale che, oggi, ha portato anch’egli (non a caso) nella capitale del Qatar.
Stando a quanto riportato, durante la sua visita, Rubio avrebbe discusso con Benjamin Netanyahu anche della possibili conseguenze derivanti da un’eventuale annessione della Cisgiordania da parte israeliana.
Con riferimento ad una simile prospettiva, infatti, non è ancora chiaro fino a che punto gli USA sosterrebbero lo Stato Ebraico: i rischi per gli accordi di Abramo potrebbero diventare, in effetti, davvero troppi.
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