GIUSTIZIA: MARIA CRISTINA CHIROLLA “PROCURATRICE DI FERRO” BREVE STORIA DI UNA COLOMBIANA DAL SANGUE ITALIANO

Di Gerardo Severino*

HOUSTON (TEXAS) – nostro servizio particolare.  Vent’anni orsono, in seguito alla scoperta di uno scandalo di corruzione presso l’Unità Antidroga della Procura di Bogotà, il Procuratore Generale offrì alla Dottoressa Maria Cristina Chirolla – il cui cognome parla da solo – la Presidenza del Gruppo di esperti di riciclaggio di denaro dell’OAS ”Organization of American States”, incarico che il magistrato avrebbe ricoperto assieme a quello di Capo della famosa Unità antiriciclaggio della Procura Generale di Bogotà, con la quale avevano collaborato, per anni, le Polizie di mezzo mondo, prime fra tutte quelle italiane.

La Procuratrice Chirolla quando era a Capo dell’Ufficio Antiriciclaggio, a Bogotà

Erano, quelli, gli anni nei quali il magistrato Chirolla era passato alla storia con l’appellativo di “Procuratrice di ferro”, dimostrando che anche un donna come lei, già avanti negli anni (nel 2001 aveva superato i 50 anni) e nella carriera, non aveva nulla da temere dalla mafia colombiana, dai famigerati cartelli della droga, nonostante fossero trascorsi appena una decina di anni dalle stragi siciliane che, tra la primavera e l’estate del 1992, avevano strappato la vita ai suoi due “modelli” di magistrato per eccellenza: Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, dei quali ella stessa ne avrebbe mutuato “metodi e strategie”.

Giovanni Falcone e Paolo Borsellino in una foto storica

Da Nola a Magangué, breve storia della famiglia Chirolla (1860 – 2024)

 La storia personale e professionale di Maria Cristina Chirolla, che a buon diritto riteniamo possa essere presa ad esempio, in un ipotetico resoconto, riguardo all’importanza che ha avuto anche in Colombia la corrente migratoria italiana, è quella di una persona appartenente ad una famiglia laboriosa, intraprendente, ma soprattutto capace di affrontare, talvolta con coraggio e determinazione non comuni, ostacoli e problemi di non facile soluzione, peraltro in periodi storici, quali furono gli anni a cavallo fra Ottocento e Novecento, caratterizzati da crisi diplomatiche fra Italia e Colombia, ma anche da gravi situazioni politico-istituzionali interne alla stessa Nazione sudamericana.

Veduta aerea di Magangué

La storia dei Chirolla trapiantati in Colombia ebbe inizio sul finire degli anni ’80, quando, dopo varie peripezie, giunse a Barranquilla, la più importante città caraibica della allora “Nuova Granada”, Don Nicolas Chirolla, un intraprendente commerciante originario di Padula, che aveva già operato nel settore mercantile, ma in Messico, tra il 1887 e il 1895. In Colombia, attorno al 1897, Don Nicolas avrebbe, invece,  messo in piedi, assieme al cugino, Raffaele Chirolla, trisavolo della dottoressa Maria Cristina Chirolla, una casa di commercio, la “Nicolas & Rafael Chirolla”, destinata all’import ed export di prodotti alimentari.

I due congiunti collaborarono in società per molti anni. Alla morte di Don Nicolas, Don Rafael Chirolla si mise in proprio, trasferendosi definitivamente a Magangué, a circa 280 chilometri da Barranquilla, sulle sponde del Rio Magdalena.

Qui troviamo ancora attiva l’azienda nel corso del 1946, col solo nome di “Casa Comercial Rafael Chirolla[1], peraltro già proprietaria di un edificio di elevato interesse storico, oggi noto come “Edificio Chirolla”.

Angelo Raffaele Chirolla senior era nato a Nola (Napoli) il 30 agosto 1860, figlio di Gaetano, un salumiere 40 enne originario di Napoli e di sua moglie, Domenica Scognamillo, 30 enne.

I Chirolla erano originari di Padula, (Salerno) ove risultano attestati già nel Settecento.

Nei primi anni ’90, seguendo l’esempio di vari esponenti della famiglia, principalmente il cugino padulese, Niccolò Chirolla (Don Nicolas), Angelo Raffaele, di lì a poco ribattezzato “Don Rafael” emigrò anche lui in Colombia.

Inizialmente fissò dimora ad Aguachica, nel Dipartimento di Cesar, a circa 400 chilometri da Barranquilla.

E fu proprio qui, che il 10 novembre del 1894 divenne padre di Angelo Raffaele (all’epoca era molto comune tra i meridionali dare il proprio nome ai primi figli maschi), nato dall’unione con la colombiana Micaela Mendez de Alvarez, nativa della stessa Aguachica, più anziana di lui, essendo nata nel 1849.

Di lì ad un anno circa, Raffaele seguì, quindi, il cugino Niccolò a Barranquilla, come avevamo anticipato prima, iniziando a viaggiare per tutta quell’immensa area geografica, seguendo molto spesso il tragitto mercantile offerto dall’immenso Rio Magdalena.

Il 10 luglio 1924, suo figlio, Angelo Raffaele Chirolla Mendez, nonno della nostra protagonista, si unì una prima volta (ebbe in totale tre mogli) in matrimonio, in quel di Cartagena, con la colombiana Toribia Atala Porras Serpa, con la quale avrebbe avuto diversi figli.

Fra loro, Rafael Alonso Chirolla Porras, venuto al mondo nella stessa Magangué il 24 maggio del 1927.

Coniugato con Rebeca Margarita Lozada Aduen, originaria di Granada-Since, Dipartimento di Sucre, il 24 maggio del 1947, Rafael Alonso divenne padre di Toribio Rafael, nato l’8 luglio 1948, in seguito, della nostra protagonista, Maria Cristina Chirolla, venuta al mondo, sempre a Magangué, l’11 novembre del 1949 e di altri figli ancora.

Molto spesso, nel corso di varie interviste, la Chirolla ha ricordato la sua fanciullezza, vissuta nella città natale.

Di quell’importantissimo porto sul Rio Magdalena, l’ex magistrato conserva alcuni dei suoi ricordi più belli, sentendosi persino una privilegiata rispetto al resto della famiglia.

La casa di suo nonno, il vecchio Don Rafael Chirolla Mendez [2], era così grande che aveva un corridoio al centro per permettere ai vicini di passare da una strada all’altra.

Ricorda ancora le gite in barca a Cicuco, un campo petrolifero da dove decollavano gli aerei per Cartagena, ma anche le belle tradizioni italiane.

All’età di 5  anni, Maria Cristina dovette lasciare stabilmente Magangué per trasferirsi a  Barranquilla, ove avrebbe frequentato le scuole elementari.

Successivamente fu mandata dai genitori negli Stati Uniti, mentre i fratelli rimasero in Colombia.

Dopo un primitivo corso in giornalismo, Maria Cristina conseguì, invece, la laurea in legge, presso la prestigiosa Università Javeriana di Bogotà, con la quale collaborerà poi per il resto della vita.

Successivamente avrebbe lavoro, per più di 5 anni, presso l’ufficio legale della “Soprintendenza Bancaria della Colombia” – oggi “Superintendencia Financiera de Colombia[3] – responsabile del monitoraggio del sistema finanziario del Paese [4].

Il suo incarico fu quello di rivedere i concetti, risolvere i conflitti di interessi e preparare sanzioni per possibili irregolarità nelle transazioni economiche.

Furono, quelli, gli anni più importanti della sua vita professionale, grazie ai quali avrebbe mutuato esperienze tali, che in seguito avrebbe poi messo a frutto, una volta divenuta magistrato.

Successivamente entrò, quindi, a far parte dell’Ordine Giudiziario, all’interno del quale avrebbe svolto un’eccellente carriera, culminata con incarichi di altissimo prestigio.

Nel 2001, infatti, il Procuratore Generale della Colombia, Luis Camilo Osorio, che la Chirolla conosceva sin dai tempi dell’Università, la nominò Direttore dell’Unità destinata a combattere il riciclaggio di denaro sporco e a gestire la confisca di beni.

In quella posizione, come vedremo più avanti, la Chirolla guidò una Squadra Speciale, una vera e propria Unità di Polizia Tributaria che contribuì egregiamente alla lotta alla mafia, sia a livello locale che internazionale, volendo ricordare l’ottima collaborazione fornita anche all’Autorità Giudiziaria della sua Patria d’origine, l’Italia.

La Chirolla fu anche una magistrato che amava operare sul campo, assieme ai suoi agenti, tanto da annoverare non poche operazioni di Polizia, una delle quali l’avrebbe portata persino a Medellín, ove, alla guida di un gruppo di agenti antidroga e antiriciclaggio, con le armi in pugno, arrivò nelle proprietà del “capo dei capi”, il noto Pablo Escobar, al quale fu così sequestrato un immenso patrimonio.

 L’esempio investigativo italiano (2001 – 2006)

Fu proprio la terribile fine toccata ai due grandi magistrati antimafia italiani ad indurre i quotidiani colombiani a pubblicare alcune indiscrezioni, secondo le quali la Chirolla, unitamente al Colonnello Óscar Naranjo, allora Direttore dell’Intelligence della Polizia colombiana erano i due obiettivi principali della mafia locale, se non  di quella internazionale.

In effetti era proprio così, tant’è vero che nel corso delo stesso anno, l’Autorità Giudiziaria scoprì in tempo due piani distinti di attentato.

Nel primo, due criminali furono catturati poco prima che potessero agire contro il magistrato, a Zarzal, una cittadina nel Nord della Valle del Cauca.

Qui, in effetti, la Dottoressa Chirolla era giunta qualche giorno prima, a capo di un’operazione di Polizia, che sarebbe dovuta rimanere top secret, operazione grazie alla quale furono confiscati i beni al noto narcotrafficante Diego León Montoya, alias “Don Diego“, sul cui capo vi era persino una taglia di ben 5 milioni di dollari da parte del Governo americano.

Nella seconda, invece, le Autorità accertarono l’esistenza di un piano per assassinare lei e altre “persone rilevanti” della Procura Generale, peraltro contando sulla copertura del Circolo Sottufficiali dell’Esercito, a Bogotà, all’interno del quale si era “infiltrato” uno dei capi dell’organizzazione criminale.

La cocaina è una droga molto diffusa nel mondo

Per chi non conoscesse la materia, ricordiamo che furono proprio tali eventi ad ispirare, sempre nel 2004, la realizzazione di tre famosissimi documentari.

A partire dal 13 gennaio 2005, “Fox Crime” presentò, in prima visione, ogni venerdì alle 22.45, “Cocaine” una serie di tre cortometraggi, mandati in onda dal canale televisivo britannico “Channel 4”, dedicati alle origini della produzione e distribuzione mondiale di cocaina, la seconda sostanza stupefacente più consumata a livello mondiale, prodotta prevalentemente nell’area sudamericana [5].

I tre documentari non diedero solo un freddo resoconto del gigantesco mercato illegale che la polvere bianca generava, ma inquadrarono il problema della produzione, distribuzione e consumo in una prospettiva inedita: dai campi di coca delle Ande peruviane, alle gang delle favelas brasiliane fino ai grandi boss colombiani.

Il primo episodio, in onda venerdì 13 gennaio 2005 dal titolo Viva la coca, fu un viaggio nel mondo dei suoi coltivatori del Perù.

Il secondo episodio, Leo and Ze, in onda venerdì 20 gennaio, fu un’incursione nelle gang che gestivano il mercato dello spaccio di droga a Rio.

Il terzo, An honest citizen, trasmesso il 27 gennaio 2005, fu affidato proprio a Maria Cristina Chirolla, la quale andò ben oltre, guida lo spettatore in un viaggio soprattutto sulla corruzione pubblica e privata in Colombia.

In una delle ultime scene, il magistrato Chirolla appariva in lacrime, mentre si esercita su un tapis roulant che entra a malapena nella lavanderia del suo minuscolo appartamento, in un quartiere a Nord di Bogotà.

Poi in pigiama, infilata sotto le coperte, pronuncia una frase veramente drammatica: “Ho paura. Sono sicura che morirò. Qui in Colombia non c’è la cultura della protezione. I Pubblici Ministeri mi dicono: “dottoressa, non si faccia coinvolgere così tanto in questa faccenda perché morirà e la sua morte non avrà importanza”.

Ma la Chirolla non si fece certo intimorire, tant’è vero che avrebbe continuato ad operare a capo dell’imponente Ufficio Giudiziario (una vera e propria Unità composta da circa 150, tra funzionari della Procura e agenti di Polizia Giudiziaria e Tributaria), uno dei pilastri essenziali nella lotta alle strutture finanziarie della mafia.

In ciò avrebbe continuato a distinguersi, per coraggio, ingegno e determinazione, proprio come avevano fatto, prima di lei, Giovanni Falcone e Paolo Borsellino (con la loro eroica squadra di Finanzieri, al comando degli allora Capitani Carmine Petrosino e Ignazio Gibilaro), immergendosi negli intricati intrecci, bancari e societari, ideati dai trafficanti di droga per nascondere i loro immensi tesori.

Vale la pena ricordare che l’Unità Nazionale per la lotta al riciclaggio di denaro, della quale fu a capo per anni la Chirolla, era stata incaricata di indagare, in collaborazione con la Direzione Centrale della Polizia Giudiziaria colombiana, sul perseguimento di beni acquisiti con denaro illecito: beni derivanti sia da attività legate al traffico di droga, all’eversione, ma anche al paramilitarismo di matrice terroristica (ricordiamo che in quegli anni, in Colombia, erano ancora attive le FARC [6]), ovvero alla criminalità comune.

Guerrigliere FARC. Tra loro una bambina

Non solo, ma alla struttura era stata affidata, infine, anche la possibilità di indagare su beni e sul denaro illecitamente acquisiti da pubblici ufficiali.

Molto forti e frequenti furono, perciò, durante il suo mandato, i rapporti con l’Autorità Giudiziaria e con le Forze di Polizia italiani, dai quali l’Unità colombiana ebbe modo di assimilare concetti e metodologie investigative, ovvero condividendo anche analoghe amarezze, soprattutto riguardo alla destinazione finale dei beni confiscati, che in Colombia venivano gestiti d​​alla Direzione Nazionale dei Narcotici (DNE), un ente governativo in seguito posto in liquidazione, e che a quei tempi era incaricato di gestire prevalentemente i beni sequestrati per traffico di droga.

I gravissimi rischi cui lil magistrato andava incontro, ormai quotidianamente, non potevano certamente essere ridotti in virtù della sola massiccia attività di tutela e protezione, cui la Chirolla fu destinataria.

Non solo, ma tragicamente identici furono i tentativi di delegittimarla, tanto da muovergli accuse di protagonismo, come era accaduto al nostro Giovanni Falcone.

Insomma, lo Stato colombiano, così determinato e coraggioso nel dichiarare guerra al traffico di droga, si sarebbe “appoggiato” a Pubblici Ministeri che portavano avanti tale missione quasi come se fosse una questione personale.

Anche per tali ragioni, nel corso del 2006, il Governo ne decise la nomina a Console Geneale di Colombia in Texas, disponendone, di conseguenza, il trasferimento a Huston, ove la Chirolla prese servizio il 2 marzo..

Attendendo, invano, un suo rientro in Patria, naturalmente ancora in seno alla Magistratura, Maria Cristina Chirolla decise di andare in pensione e, quindi, di rimanere a vivere in America.

Sposatasi in tarda età con George James Donnelly, facoltoso ex dirigente di Multinazionali operanti nei settori petrolifero ed energetico, della quale è purtroppo rimasta vedova il 23 maggio 2019, Maria Cristina Chirolla vive ancora oggi nella sua casa di Houston, intenta ad occuparsi di giornalismo, oltre che di studi in materie giuridiche, avvolta, tuttavia, dai nostalgici ricordi di una lunga vita, spesa interamente per il bene della sua amata Patria d’origine, la Colombia, e forse anche con un pizzico di rimpianto per non aver conosciuto a fondo la terra dei padri, la lontanissima Italia, che il suo trisavolo, Angelo Raffaele Chirolla era stato costretto ad abbandonare, 130 anni orsono.

NOTE

[1] Cfr. Boletin de Comercio e Industrias, Mayo & Julio, Cortes El Grafico, 1946, p. 13.

[2] Aggiungiamo che l’amato nonno paterno, Angelo Raffaele Chirolla Mendez si è spento a Magangué il 28 settembre 1982.

[3] La “Sovrintendenza Finanziaria della Colombia” è un organismo tecnico dipendente dal Ministero delle Finanze e del Credito Pubblico, con personalità giuridica, autonomia amministrativa e finanziaria e patrimonio proprio.

[4] Cfr. Doctrinas y conceptos de la Superintendencia Bancaria: 1972-1974 Superintendente bancario: Vicente Noguera Carbonell. Dirigida por Ernesto Peña Quiñones, Bogotà,  Superintendencia Bancaria, 1974.

[5] Secondo il Rapporto Mondiale 2005 delle Nazioni Unite sulla Droga, la produzione mondiale di cocaina è stata, nel 2004, di 687 tonnellate, segnando un leggero rialzo rispetto alle 674 tonnellate del 2003. Dati abbastanza incoraggianti se si pensa che nella seconda metà degli anni ’90 le tonnellate erano state circa 950. La produzione mondiale si concentrava allora in tre paesi del Sud America: Colombia (50%), Perù (32%) e Bolivia (15%). E sono proprio questi gli stati, insieme al Brasile, a fare da sfondo alle storie di Cocaine.

[6] Le “Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia – Esercito del Popolo” (in spagnolo “Fuerzas Armadas Revolucionarias de Colombia – Ejército del Pueblo”, note anche con gli acronimi di FARC o FARC-EP) sono state un’organizzazione guerrigliera comunista, di ispirazione marxista-leninista e bolivariana, fondate il 27 maggio 1964.

*Colonnello (Aus) della Guardia di Finanza – .Storico Militare. Membro Comitato di Redazione di Report Difesa

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