Gran Bretagna, per la premier Theresa May la Brexit è ormai un incubo

Di Pierpaolo Piras

Londra. Quella che, nelle speranze dell’esecutivo conservatore inglese, doveva essere una serena separazione del Regno Unito dalla Unione Europea, si sta rivelando un vero e cronico incubo.

Theresa May, primo ministro britannico, ha comunicato, nei giorni scorsi, ai deputati conservatori le proprie dimissioni dal suo alto incarico istituzionale, ma solo se avessero sostenuto una maggioranza di voti parlamentari a sostegno del piano di fuoriuscita concordato con Bruxelles, lo stesso recentemente bocciato due volte, per l’acuto dissenso creatosi nel Partito Conservatore.

La May al Parlamemto

In realtà, negli ultimi giorni, un senso di sfiducia si era diffuso tra i “Tory” che consigliavano alla May di dimettersi, lasciando gli ultimi aspetti decisionali ad una seconda fase di negoziati con l’Unione Europea, nelle mani di altra persona o delegazione parlamentare.

Rivolgendosi direttamente ai deputati conservatori, la May aveva affermato: “chiedo a tutti di dare il loro sostegno al piano e completare il nostro dovere storico: soddisfare ciò che la cittadinanza britannica ha deciso e lasciare l’UE in modo ordinato”.

Theresa May e Jean-Claude Juncker

Non si è pronunciata, invece, sui numerosi ostacoli che rendono fragile questo disegno: permangono 15 deputati “Tory” che si oppongono ostinatamente alla Brexit ed il PDU (Democratic Unionist Party, Partito conservatore nord-irlandese, alleato di Theresa May ed indispensabile alla maggioranza del suo Governo) si è prontamente espresso negativamente alla ripresa di un confine concreto e visibile tra le due Irlande, del Nord e del Sud.

Negli ultimi giorni è stato utilizzato il meccanismo del “voto indicativo” per intercettare eventuali soluzioni a questo caos propositivo.

Sono state individuate otto opzioni ma nessuna di esse hanno ottenuto la maggioranza. Si è distinta quella sulla costituzione dell’Unione doganale con l’Unione Europea sconfitta per soli 8 voti.

Altre proposte includevano la revoca dell’articolo 50 della Costituzione europea (che regola la eventuale fuoriuscita di uno Stato membro) e l’adesione allo “Spazio Economico Europeo” (relativo alla possibilità per un Paese di condividere gli spazi commerciali dell’Unione Europea senza farne parte).

L’esito delle otto votazioni è stato comunicato da John Bercow, “speaker” del Parlamento britannico, suscitando immediate urla e fragorose risate a Westminster.

Ora, alla Camera dei Comuni, dovrebbe tenersi un’ulteriore votazione lunedì prossimo, a meno che l’inquilina di n° 10 di Downing Street non guadagni il suo accordo nei prossimi giorni.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Autore