Di Anna Maria De Luca
TRIESTE. Nel cuore del Friuli collinare si snoda un itinerario di quaranta chilometri che permette di ripercorrere uno dei momenti più drammatici della Prima Guerra Mondiale italiana: i giorni immediatamente successivi alla ritirata di Caporetto, quando l’Esercito del Regio Esercito tentò disperatamente di contenere l’avanzata austro-germanica lungo la linea del Tagliamento.

A differenza di altri percorsi dedicati alla Grande Guerra presenti nella regione, questo itinerario richiede necessariamente un mezzo di trasporto motorizzato, sviluppandosi su strade asfaltate e sterrate che collegano Forgaria del Friuli a San Daniele del Friuli.

Lungo il tragitto si susseguono fortificazioni militari, postazioni di osservazione, infrastrutture belliche e i luoghi delle battaglie combattute nei primi giorni di novembre 1917.
La combinazione di testimonianze materiali (infrastrutture militari, iscrizioni, reperti museali) e lettura del territorio consente una ricostruzione efficace di uno dei momenti più drammatici della Prima Guerra Mondiale italiana.
Per gli studiosi di storia militare e gli appassionati, il percorso rappresenta un’opportunità unica di collegare gli eventi storici alla realtà geografica in cui si svolsero, comprendendo come il terreno abbia condizionato le scelte operative di entrambi gli schieramenti in questa fase cruciale del conflitto.
Il ponte di Cornino, dove si decise il destino della ritirata
Il punto di partenza dell’itinerario è il ponte di Cornino, struttura a due arcate accessibile da Muris o dalla SS 463 in direzione Forgaria.
L’elemento distintivo del ponte è l’Isolotto del Clapat, che interrompe la struttura a metà corso, creando un punto di grande rilevanza tattica.

In questo settore, le Brigate Genova e Siracusa opposero una tenace resistenza contro le truppe bosniache che premevano da Nord.
Nonostante gli sforzi delle unità italiane, lo sfondamento avvenuto proprio in questo tratto del Tagliamento ebbe conseguenze determinanti sulla condotta delle operazioni.
Fu infatti questo evento a convincere il Comando Supremo italiano della necessità di abbandonare definitivamente anche la riva destra del fiume e ripiegare verso la nuova linea difensiva del Piave.
L’analisi del terreno permette di comprendere le difficoltà della posizione difensiva italiana: l’isolotto centrale crea due punti di attraversamento distinti, complicando la difesa unitaria del settore e offrendo agli attaccanti la possibilità di concentrare le forze su uno dei due varchi.
La strada militare del 1916, un’infrastruttura ancora visibile
A circa un chilometro dal ponte, deviando verso Peonis in direzione del laghetto superiore di Cornino, si incontra una testimonianza di eccezionale valore storico: la strada di guerra Cornino-Trasaghis, costruita nel 1916 come via di comunicazione militare.
Sulla roccia è ancora perfettamente leggibile l’iscrizione “1916”, incisa oltre un secolo fa dalle truppe italiane.
Questa infrastruttura testimonia lo sforzo logistico dell’Esercito italiano nella preparazione del sistema difensivo friulano.
Le strade militari rappresentavano arterie vitali per il movimento delle truppe, il rifornimento delle posizioni avanzate e l’evacuazione dei feriti.
La loro costruzione richiedeva ingenti risorse umane e tecniche, spesso realizzate in condizioni ambientali proibitive.
San Rocco, la guerra nei centri abitati
Proseguendo verso Forgaria e la frazione di San Rocco, l’itinerario tocca un altro punto significativo.

La chiesetta di San Rocco, trasformata in comando italiano durante il conflitto, fu completamente distrutta nel novembre 1917 durante l’avanzata austro-germanica.
Sebbene della struttura originale non rimanga traccia, il sito illustra efficacemente un aspetto spesso sottovalutato della guerra: la militarizzazione degli edifici civili e religiosi.
Chiese, municipi, scuole e abitazioni private venivano requisite e adattate a uso militare, trasformandosi in comandi, ospedali da campo, depositi e postazioni fortificate. Questa prassi esponeva inevitabilmente tali strutture al fuoco nemico, con conseguenze devastanti per il patrimonio artistico e culturale.
L’Altopiano del Monte Prat, il valore della visuale tattica
Salendo lungo le prime pendici delle Prealpi Carniche si raggiunge l’Altopiano del Monte Prat, uno dei punti più significativi dell’intero percorso dal punto di vista militare.
La posizione offre una visuale straordinaria sul corso del Tagliamento e sull’intera pianura friulana.
Dal punto di vista tattico, il controllo di queste alture rappresentava un vantaggio decisivo.
Gli osservatori italiani posizionati su questi rilievi potevano monitorare in tempo reale i movimenti delle colonne nemiche nella valle sottostante, trasmettendo informazioni cruciali per il coordinamento delle difese e la direzione del fuoco dell’artiglieria.
La dottrina militare italiana dell’epoca poneva grande enfasi sul controllo dei punti dominanti del terreno, principio che trovava piena applicazione in questo settore operativo.
La perdita di queste posizioni di osservazione compromise gravemente la capacità del Regio Esercito di organizzare una difesa efficace lungo il Tagliamento.
Val Tochel, Cuel di Forchia e Monte Cuar
Il percorso prosegue attraverso la Val Tochel e il Cuel di Forchia, dove la strada si fa più stretta ma rimane percorribile.
Da questo punto parte un sentiero che conduce alla cima del Monte Cuar, dove era posizionato un osservatorio militare collegato da una mulattiera utilizzata durante la Grande Guerra.

Queste vie di comunicazione montane costituivano la spina dorsale del sistema logistico nelle zone di montagna.
Le mulattiere permettevano il trasporto di materiali, munizioni e rifornimenti verso le postazioni più elevate, spesso in condizioni meteorologiche proibitive e sotto il fuoco nemico.
La loro realizzazione e manutenzione impegnava reparti specializzati del Genio militare e richiedeva il continuo impiego di manodopera.
San Daniele, ultimo baluardo prima del Piave
L’itinerario si conclude a San Daniele del Friuli, città che il 30 ottobre 1917 fu teatro di un tenace tentativo di resistenza contro l’Esercito austro-germanico.

Le truppe italiane, pur nella piena consapevolezza della gravità della situazione generale, combatterono nella zona del Castello per rallentare l’avanzata nemica e consentire il ripiegamento ordinato delle altre unità verso la nuova linea difensiva del Piave.
La Sala Esposizione dei Cimeli Storici Militari di San Daniele conserva una preziosa collezione di reperti della Grande Guerra: uniformi, armamenti, equipaggiamenti individuali, documenti e fotografie d’epoca.
Questi materiali permettono di ricostruire concretamente l’equipaggiamento del soldato italiano e le condizioni operative delle unità impegnate in questo settore del fronte.
La Regione Friuli Venezia Giulia consente, nei limiti della normativa vigente (L.R. n.11/2013, art.10), la raccolta di cimeli bellici individuabili a vista o affioranti dal suolo, con divieto assoluto nelle aree archeologiche e nei cimiteri di guerra.
Il ritrovamento di cimeli di notevole valore storico o documentario deve essere comunicato entro sessanta giorni al Comune competente (L. 78/2001, art.9), specificando natura, quantità e provenienza dei reperti.
In caso di ritrovamento fortuito di ordigni bellici è severamente vietato toccarli o maneggiarli: devono essere immediatamente segnalati alle Forze dell’Ordine tramite il numero di emergenza 112.
Nonostante siano trascorsi oltre cent’anni dalla fine del conflitto, alcuni ordigni conservano ancora potenziale esplosivo e rappresentano un pericolo concreto.
©RIPRODUZIONE RISERVATA

