Napoli. I militari della Guardia Costiera, su disposizione della Procura della Repubblica di Napoli hanno eseguito 6 ordinanze di custodia cautelare, 1 interdizione dai pubblici uffici per 12 mesi nonché numerose perquisizioni e sequestri a carico di imprenditori e funzionari pubblici dell’Autorità Portuale partenopea, nell’ambito di una ampia e complessa inchiesta che vede coinvolti decine di indagati.
La Procura della Repubblica napoletana ha coordinato le indagini condotte dalla Capitaneria di Porto – Guardia Costiera locale che, per oltre 2 anni, ha effettuato serrate ed articolate attività di polizia giudiziaria anche utilizzando sofisticati sistemi di intercettazione telefonica, informatica ed ambientale.

Le intercettazioni della Guardia Costiera
L’inchiesta ha accertato che circa 22 milioni di euro di appalti sono stati oggetto di turbativa d’asta che, secondo i magistrati, era fatta da un’associazione per delinquere che avrebbe strutturato un sistema illegale composto da dipendenti corrotti dell’Autorità di Sistema Portuale del Mar Tirreno Centrale ed imprenditori senza scrupoli.
L’operazione denominata “CRIPTOCORRUZIONE 2.0”, è iniziato dopo che imprenditori e funzionari corrotti utilizzavano un linguaggio in codice.
I militari della Guardia Costiera napoletana hanno scoperto un evoluto sistema corruttivo attraverso una precisa analisi delle migliaia di conversazioni telefoniche ed ambientali.
Hanno decriptato le varie parole in codice utilizzate per turbare le gare d’appalto e per accordarsi sulle tangenti.
I primi risultati dell’indagine portavano già nel maggio 2017 alla confessione di un dirigente dell’Autorità Portuale di Napoli. Il quale aveva ammesso di avere intascato 40 mila euro di tangenti. In questo modo, come hanno evidenziato le indagini, veniva confermato un vero e proprio sistema di appalti truccati e corruzione.
Le indagini evidenziavano le diverse metodologie con le quali corrotti e corruttori riuscivano a manipolare gli appalti.
Un primo sistema utilizzato dai funzionari corrotti era quello di creare ad arte fittizie urgenze così da poter utilizzare più snelle procedure di gara.
Queste procedure semplificate consentivano ai funzionari pubblici corrotti di concordare preventivamente con le ditte colluse gli importi dei lavori nonché quella che si doveva aggiudicare l’appalto. Un altro astuto sistema era quello di gonfiare l’elenco delle aziende da invitare per gli appalti.
L’elenco veniva gonfiato attraverso l’inserimento di imprese che erano solo formalmente ed apparentemente diverse ma che, invece, sono risultate intestate a prestanomi e facenti parte di un medesimo cartello di società colluse. I funzionari corrotti per assegnare gli appalti agli imprenditori del sistema, utilizzavano la procedura dell’affidamento diretto.
Le indagini hanno accertato anche che, i funzionari corrotti per mantenere l’appalto entro la soglia limite dell’affidamento diretto, frazionavano l’importo dei lavori.
Inoltre, la gara veniva spesso ammantata di una presunta legalità affidando i frazionati lavori sotto soglia a ditte apparentemente diverse che, invece, risultavano essere gestite dallo stesso imprenditore.
Un sistema che, per l’inchiesta, era ben oleato con la spartizione dei lavori che avveniva, sovente, già nella fase di individuazione e progettazione degli stessi.
Infatti, è stato accertato che i progetti dei lavori venivano direttamente redatti dalle ditte compiacenti e poi digitalmente passati ai funzionari corrotti che li facevano propri.
Questo escamotage, faceva sì che venissero preconosciute dalle ditte compiacenti le percentuali di ribasso da offrire per vincere la gara.
Inoltre, questo consentiva di gonfiare gli appalti così da assicurarsi tanto il denaro destinato alle tangenti che gli alti profitti per gli imprenditori. I quali, semper secondo l’inchiesta, si assicuravano, anche, attraverso le tangenti, l’assenza dei controlli da parte dell’ente pubblico.
I funzionari corrotti, sebbene formalmente incaricati di vigilare e dirigere i lavori, redigevano gli atti amministrativi necessari per i vari pagamenti esclusivamente sulla base di quanto veniva loro indicato dalle ditte compiacenti.
Un altro collaudato stratagemma utilizzato dai funzionari corrotti, era quello di avere direttamente i nominativi da invitare alla gara d’appalto dalla ditta compiacente. La quale, accordatasi preventivamente con le aziende che aveva fatto invitare dall’ente pubblico e con il placet del funzionario corrotto, pilotava l’aggiudicazione dell’appalto.
Il sistema corruttivo, così come è stato scoperto, in caso di appalti di rilevante entità che non consentivano l’utilizzo di snelle procedure di gara, era in grado anche di pilotare la nomina dei membri delle commissioni aggiudicatrici.
Infine, i funzionari corrotti stilavano i bandi di gara e gli atti amministrativi connessi, con tale illecita astuzia da renderli volutamente criptici.
Un modus operandi che ha permesso al sistema corruttivo ampi margini di profitti e tangenti perché consentiva ai disonesti funzionari, nelle pieghe della criptica gara, di far effettuare minori lavori, a fronte di un più ampio e corposo importo d’appalto.
Per la Guardia Costiera il proliferare del sistema correttivo ha trovato l suo humus nella confusione amministrativa delle gestioni commissariali dell’Autorità Portuale, connaturate anche dall’assenza di adeguati controlli interni nonché dall’assoluta inefficacia del Piano anticorruzione di cui l’Ente si era dotato.
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