Guardia di Finanza: a Catania operazione “Follow the money”. Scoperti gli affari del clan mafioso Scalisi-Laudani. Eseguite 26 ordinanze cautelari e sequestrati beni per 50 milioni di euro

Di Mariateresa Levi

Catania. Oltre 100 Finanzieri appartenenti al Comando Provinciale di Catania ed al Servizio Investigazione Criminalità Organizzata (SCICO) di Roma, sono impegnati dalle prime ore di oggi tra Lombardia, Veneto e Sicilia nell’esecuzione di 26 ordinanze di misura cautelare personale e reale (5 delle quali in carcere), disposte nei confronti di altrettanti soggetti indagati – a vario titolo – per associazione a delinquere di stampo mafioso, nonché trasferimento fraudolento di valori al fine di eludere la vigente normativa antimafia.

Operazione della GDF a Catania contro la mafia

L’odierna operazione delle Fiamme Gialle, coordinata dalla Procura della Repubblica di Catania – Direzione Distrettuale Antimafia, convenzionalmente denominata “Follow the money”, ha infatti riguardato gli investimenti operati dal braccio imprenditoriale di “cosa nostra” ed in particolare quelli realizzati dal clan “Scalisi-Laudani”, originario del capoluogo etneo e della sua provincia dove hanno peraltro occupato un ruolo primario nelle sanguinose guerre di mafia degli anni ’80 e ’90.

Sono stati gli investigatori della GDF a ricostruire per intero quali fossero gli affari messi in piedi dagli indagati, ed in particolare quelli di Giuseppe Scarvaglieri, attualmente detenuto in regime detentivo previsto dall’art. 41-bis dell’Ordinamento Penitenziario e ritenuto soggetto di vertice del clan.

Con l’appoggio di due imprenditori nonché di suoi congiunti, Scarvaglieri aveva infatti espanso gli interessi economici del clan di appartenenza insinuandoli con grande capacità affaristica nel tessuto economico legale, ciò grazie l’acquisizione di società attive sull’intero territorio nazionale e dalle quali traeva ingenti guadagni.

Anche dal carcere, come emerso nel corso delle indagini, Giuseppe Scarvaglieri continuava comunque a rappresentare un punto di riferimento del pericoloso sodalizio criminale catanese, del quale ne dirigeva ancora le mosse soprattutto avvalendosi di suo nipote, Salvatore Calcagno, ritenuto dagli inquirenti il portavoce nonché il supervisore degli investimenti finanziari del potente zio.

Da notare anche la posizione assunta dei due imprenditori coinvolti nella vicenda, i quali hanno sistematicamente operato in favore dello Scarvaglieri che garantiva loro denaro e protezione in cambio di ripetute intestazioni fittizie di beni e società illecitamente acquisiti nel tempo, circostanze queste che gli hanno consentito di elevare, e di molto, la loro posizione economica.

L’ennesimo legame d’affari tra mafia ed imprenditoria collusa ha dunque permesso al clan “Scalisi-Laudani” di allungare le mani sull’intero territorio nazionale attraverso importanti attività di diverso genere intestate a “prestanome”, nonché di rilevarne altre attive nei remunerativi settori della logistica e del commercio di prodotti petroliferi.

Attività economiche così estese quanto rilevanti per i loro fatturati, per non destare sospetti e non incappare nelle inchieste della Magistratura, richiedevano chiaramente anche una sistematica quanto ben organizzata attività di trasferimento fraudolento di valori (almeno 17 i casi finora accertati) la quale veniva assicurata da altri due sodali oggi finiti agli arresti.

Al termine delle operazioni il rilevante patrimonio del clan (valore stimato in circa 50 milioni di euro) è stato sottoposto a sequestro.

Da notare come sotto i sigilli dell’Autorità Giudiziaria siano finiti le quote societarie ed altre disponibilità di 17 aziende situate in Sicilia, Lombardia e Veneto, 48 immobili (di cui 15 fabbricati e 13 terreni) tutti situati tra le province di Catania e Messina, oltre un milione di euro in contanti, orologi di valore, preziosi e auto di lusso (tra le quali figurano una Ferrari F458 dal valore di 200.000 euro, due Porsche e una Audi Q8) che le Fiamme Gialle hanno rinvenuto nel corso delle perquisizioni.

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