Guardia di Finanza: a Cosenza accertata una frode milionaria nella fornitura dei servizi di pulizia ed integrativi presso l’ospedale di Cosenza. Eseguiti 4 arresti domiciliari

Di Mariateresa Levi

Cosenza. Supera il valore di 3 milioni di euro il sequestro preventivo – per equivalente – di beni richiesto dalla Procura della Repubblica di Cosenza, insieme all’esecuzione già avvenuta degli arresti domiciliari disposti nei confronti di 4 responsabili di una società aggiudicataria dell’appalto per le pulizie e dei servizi integrativi in favore della locale Azienda Ospedaliera, e che ora vede gli arrestati stessi accusati dei reati di truffa aggravata ai danni dello Stato e frode nelle pubbliche forniture.

L’inchiesta della GDF a Cosenza

L’inarrestabile serie di delitti contro la sanità pubblica e la collettività, si arricchisce oggi di questo nuovo episodio che trae origine da un’ispezione che l’Autorità Giudiziaria aveva disposto – ad aprile 2018 – allo scopo di verificare l’esistenza di gravi carenze igienico-sanitarie che si stavano verificando all’interno del nosocomio cosentino, nonostante per tali servizi fossero stati corrisposti sostanziosi pagamenti alla società che ne doveva garantire l’idonea esecuzione.

Sulla base di quanto emerso dai verbali redatti per l’occasione dal NAS dei Carabinieri, nonché dal personale civile dello SPISAL e dell’Ispettorato del Lavoro, ne scaturì però un quadro fortemente allarmante per la salute dei degenti, tanto da determinare il sequestro di alcuni locali, sale operatorie e persino di interi reparti.

Tale situazione ha così indotto gli inquirenti da allargare l’obiettivo delle indagini chiamando in causa anche la Guardia di Finanza di Cosenza, alla quale furono delegate altre specifiche indagini in relazione ad un bando di gara risalente al 2012, indetto dalla Regione Calabria e riguardante proprio i servizi di pulizia ed i servizi integrativi da espletarsi presso l’ospedale cittadino.

Dal certosino lavoro portato avanti dagli investigatori delle Fiamme Gialle (oltre alla preziosa collaborazione resa dal personale dell’INPS) i quali, per ricostruire l’intera vicenda, si sono avvalsi di intercettazioni telefoniche, di analisi documentali nonché delle dichiarazioni testimoniali rese dal personale medico ed ausiliario in servizio nella struttura ospedaliera, è venuto alla luce un perdurante malaffare costituito dalla produzione di dati non veritieri circa le ore-lavoro rese dai dipendenti della società aggiudicataria dell’appalto, il che ha determinato la corresponsione dei correlati pagamenti (per un ammontare calcolato in 3.092.416,04 euro) nonostante tali servizi – alla prova dei fatti – non fossero mai stati eseguiti stante anche l’accertata inadeguatezza organica ed organizzativa della società oggetto delle indagini.

Nella circostanza sono altresì emersi episodi nei quali le prestazioni dei servizi di pulizia personale resi nei riguardi di pazienti gravemente malati, anziché essere compiuti dagli operatori socio sanitari abilitati al riguardo, erano stati invece effettuati dai dipendenti dell’azienda oggetto delle indagini, in spregio ad evidenti norme di igiene nonché di corretta esecuzione di così particolari prestazioni di assistenza sanitaria.

In altre parole, un andazzo andato avanti per oltre 4 anni e che non trovava altra giustificazione se non nell’illecito arricchimento di chi lo aveva organizzato, ciò anche grazie alla carente attività di sorveglianza che doveva essere esercitata dai pubblici ufficiali in servizio presso l’Azienda Ospedaliera di Cosenza, i quali si erano però limitati a liquidare le fatture per servizi che non venivano effettivamente resi.

Una responsabilità amministrativa di non poco conto e compiuta in maniera palesemente manchevole, ma per la quale il Pubblico Ministero dell’inchiesta ha già richiesto la misura interdittiva dal pubblico ufficio (per i reati di falso in atto pubblico ed abuso d’ufficio) da eseguirsi nei confronti di 5 tra funzionari e dirigenti della citata Azienda Ospedaliera di Cosenza, unitamente alla richiesta di un sequestro preventivo di beni – per equivalente – pari all’importo pagato per i lavori mai compiuti dalla società responsabile della frode.

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