PALERMO. Ammonta a 7,2 milioni di euro il sequestro che i finanzieri del Comando Provinciale di Palermo, con provvedimento del GIP del Tribunale di Termini Imerese e su richiesta della Procura Europea (EPPO – European Public Prosecutor’s Office), hanno eseguito nei confronti di 6 persone fisiche e di una società di capitali.
I beni finiti sotto i sigilli dell’Autorità Giudiziaria rappresentano il profitto dei reati ipotizzati nei confronti dei soggetti a vario titolo indagati, che per gli inquirenti sono quelli truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche, dichiarazione fraudolenta mediante utilizzo di fatture per operazioni inesistenti ed emissione di fatture per operazioni inesistenti.
Le indagini, affidate agli investigatori del Nucleo Polizia Economico Finanziaria – Gruppo Tutela Spesa Pubblica, hanno in particolare riguardato alcuni contributi a fondo perduto – di stanziamento europeo e nazionale – per la ragguardevole cifra di circa 5 milioni e 500mila euro, nello specifico concessi dalla Regione Siciliana a una società nell’ambito del cosiddetto PSR – Programma di Sviluppo Rurale (periodo 2007/2013) per la realizzazione di un complesso zootecnico con annesso mattatoio.
Gli elementi acquisiti allo stato delle indagini hanno però messo in luce un complesso meccanismo fraudolento, nel quale veniva attuata una sistematica sovrafatturazione delle spese che sarebbero state coperte dei contributi pubblici, oltre che nella falsa attestazione della data di conclusione dei relativi programmi d’investimento.
Proprio per l’aspetto della sovrafatturazione, gli indagati avrebbero fatto ricorso a molteplici schemi contrattuali e relative fatturazioni tra società formalmente distinte tra loro, ma di fatto riconducibili a un unico gruppo imprenditoriale.
Tali “manipolazioni” avevano ovviamente lo scopo di far aumentare il costo dei beni rendicontati alla Regione siciliana, facendo così lievitare l’importo delle sovvenzioni.
Più nello specifico, le forniture beneficianti di contributi pubblici avrebbero subìto passaggi (soltanto cartolari) tra più società riconducibili agli indagati, in modo tale da fare aumentare – in maniera del tutto fraudolenta – il costo finale dell’investimento documentato alla Regione Siciliana.
Secondo quanto sinora ricostruito dagli investigatori della GDF palermitana, l’ammontare complessivo delle fatture presumibilmente “gonfiate” sfiora i 13 milioni di euro.
In risposta a tale quadro probatorio la competente Autorità Giudiziaria ha perciò ritenuto di applicare la misura del sequestro preventivo – anche nella forma “per equivalente” – in misura corrispondente al probabile profitto conseguito attraverso la descritta truffa, sostanziatasi nel conseguimento di erogazioni pubbliche per 5,5 milioni di euro, nonché negli altri reati fiscali contestati e che raggiungono la cifra di 1,7 milioni di euro tra imposta sul reddito delle società (IRES) nonché d’imposta sul valore aggiunto (IVA).
Resta in ogni caso inteso come il pesante provvedimento sia stato emesso sulla scorta degli elementi probatori acquisiti in fase di indagine preliminare, pertanto – in attesa di giudizio definitivo – sussiste la presunzione di innocenza costituzionalmente garantita.
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