Di Mariateresa Levi
Pisa. Evasori fiscali privi d’ogni scrupolo e contraddistinti da un grado di spregiudicatezza nei loro illeciti che va oltre ogni limite.

Operazione della Guardia di Finanza contro una frode fiscale, a Pisa
Non ci sono parole migliori per definire l’ingente frode fiscale realizzata da tre imprenditori, arrestati dai Finanzieri del Comando Provinciale di Pisa a seguito d’una complessa indagine condotta nei confronti di diverse società “apri e chiudi” operanti nel campo della carpenteria metallica.
In base a quanto accertato dagli investigatori della GdF pisana i tre responsabili della frode fiscale in questione – avviata già nel 2016 – avevano trovato il modo di fare soldi facili, a spese del Fisco e dei loro malcapitati creditori, secondo un efficace schema evasivo che prevedeva la costituzione di società che, per brevi periodi, svolgevano i lavori loro commissionati ma che, una volta consegnati, davano avvio alla truffa vera e propria.
I soggetti giuridici (società) implicati nei lavori, venivano infatti posti in fallimento a seguito della cessione – che generalmente avveniva con contratti fittizi – degli asset patrimoniali in favore di una neo-costituta compagine sociale riconducibile, però, agli stessi arrestati e che dunque pronta ad entrare sul mercato del settore per eseguire nuove commesse.
Tutto ciò determinava dunque una lunghissima scia di debiti con i fornitori che avevano così grosse difficoltà a rientrare finanziariamente di quanto anticipato mentre, a completamento dell’incredibile quadro truffaldino, subentrava poi la creazione di altre società “cartiere” (in pratica esistenti solo sulla carta ma di fatto prive di una sede e di una reale struttura) le quali avevano la funzione di fornire falsi costi d’impresa finalizzati ad abbattere gli utili nonché a determinare un credito con il Fisco.
Proprio su questo aspetto della maxi-frode i Finanzieri pisani hanno accertato un danno quantificato in oltre 5.000.000 di euro, realizzato tramite l’emissione nonché l’utilizzo di fatture per operazioni inesistenti e per una cifra che supera gli 11 milioni di euro.
A completamento del tutto giungeva poi la “classica” distruzione completa delle scritture contabili, ed il quadro si chiudeva così dopo aver consentito agli evasori di conseguire rilevanti guadagni che, dalle casse delle loro aziende finte o comunque portate al fallimento, entravano direttamente sui loro conti correnti.
Quegli stessi conti, però, sono stati ora raggiunti dal provvedimento di sequestro disposto dall’Autorità Giudiziaria inquirente (per un importo che al momento supera i 340.000 euro), mentre i tre imprenditori – al momento sottoposti agli arresti domiciliari – saranno chiamati in giudizio a rispondere, a vario titolo, dei reati di evasione fiscale, bancarotta fraudolenta e autoriciclaggio.
La vicenda, che di certo non rappresenta un inedito per gli investigatori di polizia economico-finanziaria del Corpo, dimostra ancora una volta come il tessuto economico del Paese, di per sé già fortemente provato dalla crisi determinata dall’emergenza pandemica ancora in atto, continui ad essere inquinato da fattispecie criminose particolarmente insidiose, a contrasto delle quali la Guardia di Finanza impiega le sue migliori risorse investigative e sempre più penetranti strumenti d’indagine che, oltre agli interessi erariali dello Stato, mirano a tutelare con ogni mezzo consentito dalla legge l’imprenditoria sana della nazione.
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