PORDENONE. Non si è trattato di un’attività connotata da numeri particolarmente rilevanti, eppure quello dei finanzieri del Comando provinciale di Pordenone è stato un servizio che presenta risvolti d’indubbia attualità come quelli ricollegabili alla vendita – via social – di prodotti contraffatti.
Ed è in questo senso che si inquadrano le otto denunce che le Fiamme Gialle hanno inoltrato alla locale Procura della Repubblica, nei confronti di altrettante persone ritenute responsabili di aver messo in piedi in commercio “on-line” di capi d’abbigliamento e di profumi contraffatti, sequestrando centinaia di prodotti e sanzionando al contempo 73 acquirenti individuati nel corso delle indagini.

La stessa attività investigativa era peraltro partita da un approfondimento che gli specialisti del Nucleo Polizia Economico Finanziaria (PEF) stavano eseguendo sul conto di una quarantenne della zona la quale su, noti social-network e siti di e-commerce, risultava posto in vendita capi di abbigliamento e profumi – tutti recanti le più celebri griffe dei rispettivi settori – a prezzi nettamente (e stranamente) inferiori a quelli normalmente praticati sul mercato, anche di quello on-line che solitamente presenta listini vantaggiosi.
Rappresentata la situazione l’Autorità Giudiziaria inquirente ha dunque disposto una perquisizione nell’abitazione della sospettata, dalla quale i militari della GDF pordenonese hanno rinvenuto numerosi accessori nonché abiti, profumi e set trucchi tutti abilmente contraffatti.
Grazie alle indagini tecniche eseguite sui dispositivi sequestrati alla donna, gli investigatori sono così riusciti a ricostruire la filiera presso la quale si approvvigionava nella quale figura una corregionale ed altri sei soggetti residenti tra le provincie di Lucca, Modena, Napoli e Reggio Calabria; posizioni che meritavano anch’esse un opportuno approfondimento investigativo, avvenuto con altrettante perquisizioni domiciliari che hanno portato alla luce altro materiale contraffatto di fabbricazione cinese e turca, nello specifico diverse centinaia di articoli tra abiti, borse, profumi ed altri accessori, tutti rigorosamente “griffati-fake”.
Come imposto dalle procedure, l’azione degli investigatori non si è esaurita all’individuazione dei soggetti che avevano creato l’illecito business in questione, bensì, esaminando i movimenti delle carte prepagate utilizzate dagli stessi venditori per ricevere i pagamenti delle merci, sono riusciti facilmente a risalire a loro 73 “clienti” sparsi su tutta Italia, a cui ora contestano una sanzione amministrativa che varia dai 300 ai 7 mila euro per acquisto di prodotti recanti il marchio di fabbrica contraffatto.
A margine della vicenda resta comunque riconosciuta la presunzione d’innocenza degli indagati rispetto agli addebiti penali che gli vengono mossi, e che resterà garantita sino ad eventuale e definitivo pronunciamento di condanna.
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