Di Pierluca Cassano
ROMA. Sequestro di beni per 4 milioni di euro e denuncia per i reati di bancarotta fraudolenta e autoriciclaggio, sono questi i provvedimenti cautelari e le accuse delle quali deve ora rispondere un imprenditore di Pomezia (Roma) operante nel settore dei trasporti.
La vicenda è venuta alla luce a seguito di indagini che la Procura della Repubblica di Velletri (Roma) aveva delegato al Comando pometino della GDF, ciò nell’ambito di una procedura fallimentare che aveva destato qualche iniziale sospetto negli inquirenti.

Secondo quanto rilevato dagli investigatori delle Fiamme Gialle l’imprenditore in questione, fiancheggiato da altre quattro persone (anche queste raggiunte da misure cautelari interdittive), si era reso protagonista di diversi reati fallimentari, di natura patrimoniale e documentale, per poi andare ad auto-riciclare i proventi ottenuti dalle sue manovre fraudolente.
Il quadro probatorio fornito all’Autorità Giudiziaria inquirente ha dunque indotto il GIP del Tribunale veliterno – su richiesta della stessa Procura -ad applicare le previste misure cautelari e reali con il suddetto sequestro milionario nonché di un appartamento; beni che la stessa Autorità Giudiziaria. ritiene derivanti da condotte illecite.
Da notare come gli accertamenti eseguiti dai finanzieri, anche attraverso perquisizioni presso aziende e analisi forensi sulle memorie digitali dei computer in uso alle stesse, hanno permesso di far emergere un collaudato sistema frodatorio che si sostanziava nel trasferire beni dell’azienda ormai vicina al fallimento, ma che rimanevano comunque nelle disponibilità di aziende riconducibili al medesimo imprenditore.
Lo scopo di ciò – come sempre avviene in questi casi – era dunque quello di mandare a vuoto le legittime pretese di banche e creditori vari, che così si trovavano di fronte ai classici pagamenti insoluti anche per grosse somme.
Lo schema adottato dalle società finite nelle indagini prevedeva che queste operassero sul mercato per circa due anni, trascorsi i quali – dopo aver accumulato rilevanti debiti – venivano trasferite agli immancabili “prestanome”, complicando in tal modo l’azione ispettiva degli organi accertatori nonché andando a procurarsi un illecito vantaggio concorrenziale sulle altre imprese del settore, prima che la Guardia di Finanza, nell’ambito della sua continua azione di ricerca e contrasto ai reati di natura economico-finanziaria, ponesse fine al tutto.
A margine della vicenda va comunque sottolineato come le indagini si trovino ancora nella fase preliminare per questo, sino ad eventuali provvedimenti definitivi di condanna, per tutti gli indagati vige la presunzione d’innocenza.
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