Guardia di Finanza: a Verona scoperta una truffa nel settore creditizio. Nei guai un dirigente di banca e 15 suoi clienti

Di Fabio Mattei

Verona. Una precisa volontà di intascare soldi da richieste di finanziamento (artefatte nella relativa documentazione) predisposte per clienti bisognosi di denaro ma che, nella realtà, non avrebbero ottenuto per insufficienti garanzie di solvibilità. In altre parole: hai bisogno di un prestito che difficilmente potresti però ottenere? Ci penso io…

Controlli della GdF in un banca di Verona

Sono questi i contorni di una vicenda che ha messo nei guai un vice direttore di banca, denunciato unitamente al altre 15 persone, poiché implicato in una tuffa finanziaria a diversi zeri che i Finanzieri del Comando Provinciale di Verona hanno però svelato al termine di un’inchiesta ordinata dalla locale Procura della Repubblica.

Secondo quanto ricostruito dagli investigatori delle Fiamme Gialle, sono almeno 40 le pratiche di finanziamento predisposte in modo irregolare dal manager infedele il quale, per eliminare più che possibili intoppi in fase di istruttoria, alterava la prevista documentazione dei beneficiari ricorrendo alla contraffazione di buste-paga e dichiarazioni dei redditi, con il fine di dissimularne la reale condizione economica.

Proprio grazie a tale disinvolta gestione delle pratiche a lui affidate, lo stesso dirigente bancario percepiva “cash” dai suoi clienti una quota corrispondente al 10% del finanziamento ottenuto – con interessanti quote che variavano dai 1.000 ai 3 mila euro. Più in breve, una “consulenza” del tutto illecita che però ha fruttato al responsabile oltre 30 mila euro di “parcelle”.

Per effetto di tale raggiro, l’istituto bancario aveva nel frattempo erogato prestiti per 370 mila euro sui 600 mila richiesti e i nodi sono venuti inesorabilmente al pettine allorquando i debiti insoluti hanno raggiunto la rispettabile cifra di 178 mila euro.

Tra le decine di casi accertati dalla GdF scaligera spicca quello di un richiedente il quale, spacciandosi per lavoratore autonomo, aveva inoltrato la sua richiesta di finanziamento da 33 mila euro accludendovi una dichiarazione dei redditi del 2017, salvo poi scoprire che il soggetto in questione nulla più aveva comunicato al Fisco sin dal 2012.

Singolare, oltre che smaccato, è anche l’inoltro di documentazioni corredate da copie di buste-paga identiche, che variavano solo nella parte relativa ai dati anagrafici del lavoratore, oppure che presentavano incongruenze in quella relativa al datore di lavoro, riportato sui predetti documenti con una medesima denominazione ma con codici fiscali inspiegabilmente differenti.

L’attività in questione, che a pieno titolo rientra tra i compiti di polizia economico-finanziaria affidati alla Guardia di Finanza, mira soprattutto a tutelare l’istituto del credito legale – dunque regolato dalle severe norme del settore – a garanzia dei cittadini che possono averne un momentaneo bisogno, nonché dei soggetti economici che ne fanno ricorso per la propria attività d’impresa, peraltro in un momento senza dubbio delicato per l’economia dell’intero Paese.

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