Guardia di Finanza: Caltanissetta, eseguito un sequestro patrimoniale da 68 milioni di euro nelle disponibilità di tre imprenditori gelesi collegati a “cosa nostra”

Di Antonio Leone

Caltanissetta. Continuano a venir fuori i torbidi intrecci affaristici tra criminalità organizzata ed imprenditori collusi, e continuano anche i sequestri patrimoniali come quello da 68 milioni di euro che ha colpito tre noti imprenditori di Gela, attivi nel commercio delle autovetture e nell’edilizia, nei confronti dei quali l’Autorità Giudiziaria inquirente contesta il reato di concorso esterno in associazione mafiosa poiché ritenuti contigui alla famiglia mafiosa dei “Rinzivillo” di Gela (CL).

L’ennesimo sequestro patrimoniale a molti zeri, scaturisce dalle indagini che la Guardia di Finanza di Caltanissetta, in collaborazione con il personale della Direzione Investigativa Antimafia (DIA), ha condotto nei confronti dei tre indagati (due fratelli rispettivamente di 70 e 65 anni ed un loro familiare di 45), che gli stessi inquirenti non hanno esitato a definire come soggetti connotati da una qualificata quanto elevata pericolosità sociale.

Le indagini sul conto dei tre, allargate a tutto campo come sempre avviene quando bisogna scovare veri e propri patrimoni occulti originati da attività tipiche delle organizzazioni mafiose, hanno infatti dimostrato l’esistenza di notevoli flussi di denaro sporco che venivano “ripuliti” attraverso il reimpiego in numerose società – formalmente intestate ai familiari degli stessi indagati – operanti nel settore dell’edilizia e del commercio delle autovetture.

La meticolosa analisi dei rapporti economici esistenti tra i tre imprenditori e “cosa nostra” dell’area gelese, ha fatto emergere business attivi da anni e che – già nel 2006 – avevano comportato il sequestro di un’importante concessionaria di auto, nonché l’accusa per il reato di riciclaggio con l’aggravante del movente mafioso.

Autovettura della Guardia di Finanza

Quello stesso provvedimento finì però per essere archiviato per effetto di una “pseudo-collaborazione” offerta dal più anziano dei tre, il quale aveva riferito agli inquirenti di essere oggetto di episodi estorsivi qualificandosi dunque come vittima e non come fiancheggiatore della criminalità organizzata della zona.

I successivi riscontri probatori acquisiti dagli investigatori della GDF e della DIA, unite alle testimonianze rese da diversi collaboratori di giustizia, hanno però dimostrato il contrario, ovvero la reale ed effettiva veste affaristica intercorrente tra i tre imprenditori e le organizzazioni mafiose egemoni su quella porzione del vasto territorio siciliano.

Proprio sulla base di queste nuove prove i finanzieri del GICO – a luglio 2019 – davano esecuzione ad un’ordinanza di custodia cautelare che il GIP di Caltanissetta aveva disposto nei confronti di tutti e tre gli imprenditori, contestando ancora una volta il loro fattivo apporto negli affari del sodalizio di mafia facente capo ai “Rinzivillo” ed agli “Emmanuello”.

L’ingente apporto di capitali illeciti provenienti da attività mafiose finiva infatti per essere reinvestito nel mercato delle automobili dove i tre erano peraltro leader indiscussi; una “leadership” rafforzata da una vasta platea di clienti che gli imprenditori in questione avevano acquisito mettendo in atto un sistema creditizio irregolare, nel quale i soldi necessari per l’acquisto degli autoveicoli venivano “rateizzati” attraverso l’irregolare emissione di assegni post-datati, in una sorta di patto tra venditori-amici, apparentemente pronti a venir incontro al cliente nelle sue possibilità finanziarie, ma che hanno invece modalità tipiche di talune attività commerciali che fanno capo alla criminalità organizzata.

Il potere intimidatorio di tali metodi faceva dunque sì che la clientela fosse ligia alle scadenze e che nei confronti di quei pochi insolventi scattasse immediato il recupero dell’auto, la cui uscita dalla concessionaria veniva all’occorrenza “cartolarmente giustificata” come comune contratto di noleggio, con buona pace dei circuiti creditizi legali che venivano così completamente estromessi da queste transazioni.

Tali modi di gestire la propria attività commerciale, unita alla dimostrata contiguità con gli ambienti mafiosi della provincia, ha dunque permesso ai tre di acquisire illecitamente un patrimonio dalle proporzioni davvero rilevanti che il Tribunale di Caltanissetta – Sezione Misure di Prevenzione, ha posto sotto sequestro togliendo agli indagati la materiale disponibilità dell’intero compendio aziendale nonché le quote di capitale sociale riferite a 10 diverse aziende commerciali ed immobiliari, ai quali si aggiungono 40 terreni, 192 fabbricati e 47 rapporti finanziari.

 

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