Guardia di Finanza, Carabinieri, Polizia di Stato: eseguite 39 ordinanze di custodia cautelare a appartenenti al clan pugliese “li Bergolis”

Di Valentina Giambastiani             

BARI. È stata denominata “Mari e Monti” la maxi-operazione operazione anticrimine portata a termine dagli uomini della Guardia di Finanza, dei Carabinieri e della Polizia di Stato, segnatamente contro il clan della mafia garganica dei “li Bergolis”.

Agenti della Polizia di Stato durante gli arresti

Era da tempo che gli investigatori delle tre forze di polizia stavano indagando sul conto del pericoloso clan, analizzando la documentazione nel frattempo acquisita ed ascoltando le dichiarazioni di diversi pentiti, facendo così emergere un quadro di situazione che, oltre al coordinamento operato dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Bari, ha altresì richiesto il coinvolgimento della Direzione Nazionale Antimafia e Antiterrorismo, dei Servizi Centrali e Interprovinciali della Guardia di Finanza, dei Carabinieri e della Polizia di Stato, nonché dei loro Reparti territoriali.

La pericolosità del clan “li Bergolis”, oltre che dalla risolutezza delle proprie azioni, è data soprattutto dal percorso “evolutivo” che ha seguito negli anni, trasformandosi da consorteria criminale di tipo “tradizionale” per poi spostarsi sempre di più verso un’impronta “imprenditoriale” con diverse connivenze politiche, il tutto sempre mantenendo una forte influenza criminale nel territorio di riferimento che gli garantiva una copertura omertosa rafforzata da saldi vincoli associativi tra i loro molti sodali e fiancheggiatori.

In tal modo venivano altresì ad essere favorite le latitanze come anche le pratiche estorsive nei confronti degli imprenditori della zona, che mai denunciavano i periodici taglieggiamenti dei quali erano vittime.

Tale radicamento criminale sul territorio era altresì garantito dall’esistenza di una pluralità di cellule malavitose sparse all’interno della zona garganica e oltre, ognuna delle quali dotata di una certa autonomia operativa ma gerarchicamente assoggettata ad un unico vertice di comando.

Il clan “li Bergolis” è altresì noto per la sua violenta contrapposizione con il clan rivale dei “Romito-Lombardi-Ricucci”, che nell’arco di oltre un decennio ha causato una lunga scia di sangue (nello specifico 21 omicidi e 18 tentati omicidi) culminata nel quadruplice omicidio di Apricena (FG) avvenuto ad agosto 2017, nel quale persero la vita anche due agricoltori risultati del tutto estranei a fatti di mafia.

La risolutezza con la quale hanno condotto le proprie attività criminali, la capacità di reclutare nuove leve ed i collegamenti con il mondo carcerario hanno senz’altro accresciuto il prestigio criminale del clan “li Bergolis”, che con il tempo è riuscito ad allargare la propria sfera d’influenza ma soprattutto ad occupare uno spazio significativo nella rete del narco-traffico internazionale, sino a diventare un più che affidabile interlocutore dei cartelli criminali albanesi oltre che d’importanti cosche ‘ndranghetiste del reggino.

Carabinieri ROS impegnati in una perquisizione

Tale salto di qualità gli ha dunque consentito d’introitare gli ingenti capitali derivanti dal narcotraffico internazionale, soldi che hanno successivamente favorito una preoccupante infiltrazione sia nel tessuto economico imprenditoriale, sia sull’apparato politico-amministrativo locale.

Un qualcosa che non è comunque sfuggito alle Autorità inquirenti ed a quelle prefettizie che difatti hanno ordinato, soltanto nell’ultimo decennio, lo scioglimento per mafia dei comuni del Foggiano di Monte Sant’Angelo, Mattinata e Manfredonia.

Le odierne ordinanze eseguite oggi da finanzieri, carabinieri e poliziotti, hanno visto finire in carcere di 37 soggetti, mentre per altri due sono stati disposti gli arresti domiciliari.

Sono invece 48 i capi d’imputazione contestati tra i quali associazione mafiosa, associazione per delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti, reati in materia di stupefacenti, estorsione, reati in materia di armi, rapina, furto aggravato, favoreggiamento, trasferimento fraudolento di valori e ricettazione.

Il valore dei beni nelle disponibilità di alcuni indagati e sottoposti a sequestro preventivo d’urgenza ammonta invece a 10 milioni di euro.

Resta importante specificare come per tutti gli indagati viga il principio di non colpevolezza, pertanto ogni dichiarazione di responsabilità per i fatti delittuosi dei quali sono chiamati a rispondere, non potrà precedere l’eventuale pronunciamento di condanna definitiva emessa al termine del previsto iter processuale.

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