Di Dario Gravina
Lecce. Tredici ordinanze di custodia cautelare (delle quali 10 in carcere e 3 ai domiciliari), 600 tonnellate di rifiuti speciali e pericolosi illecitamente smaltiti nonché 44 persone complessivamente indagate; questi sono i numeri dell’Operazione “All black”, che i finanzieri del Comando Provinciale di Taranto hanno condotto in collaborazione con i Carabinieri Forestali ed del Nucleo Operativo Ecologico (NOE), grazie alla quale è stata svelata l’esistenza di due sodalizi criminali attivi nella commissione di gravi e reiterati reati ambientali.

La GDF impegnata nela tutela ambientale
La vicenda, che come normalmente avviene in questi casi vede finire sui terreni del ns. Paese ingenti quantità di rifiuti illecitamente smaltiti per abbassare i costi che andrebbero invece sostenuti ricorrendo alle aziende specializzate del settore, ha preso spunto da un’attività condotta dai militari dell’Arma i quali – a maggio 2018 – operarono il sequestro di un autotreno che aveva illecitamente scaricato rifiuti nelle campagne di Lombardone (Torino).
Sospettando che dietro quell’episodio si celasse un vero e proprio traffico, i Carabinieri avviarono così le opportune indagini che rivelarono la presenza d’un gruppo di faccendieri di Lecce e Taranto i quali, ciascuno per la propria parte, creavano società fittizie che (dotate di false autorizzazioni) offrivano ai produttori interessati inesistenti siti per lo smaltimento dei rifiuti, tutto ciò per il tramite di una società piemontese d’intermediazione del settore non iscritta allo specifico Albo dei gestori dei rifiuti.

Anche i Carabinieri hanno partecipato all’operazione
Le evidenze investigative saltate fuori sino a quel momento confermavano così un’attività illecita di preoccupanti proporzioni, condotta nella più completa clandestinità, ma che aveva anche grosse componenti di rischio determinate dai lunghi viaggi che i rifiuti in questione dovevano compiere per arrivare ai siti occulti dove sarebbero stati scaricati, circostanza questa che ha così indotto il gruppo criminale pugliese a dividersi dai broker piemontesi per crearsi una nuova “direttrice di traffico”, stavolta indirizzata ai produttori di rifiuti del casertano.
Ed è stato a questo punto che le indagini – inizialmente avviate dai Carabinieri – venivano coordinate dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Lecce andandosi ad integrare con una parallela attività investigativa condotta dalla Guardia di Finanza di Taranto, consentendo in tal modo il ricongiungimento con il filone investigativo aperto in Piemonte.
L’Autorità Giudiziaria salentina, infatti, era già a conoscenza di analoghe attività investigative portate avanti dalla GDF di Taranto proprio per un traffico di rifiuti realizzato in modo sistematico da un gruppo criminoso operante in territorio jonico, anche questo perpetrato attraverso la predisposizione di false documentazioni ed autorizzazioni amministrative che attestavano, sempre in capo a società di comodo, la disponibilità di impianti specializzati per il trattamento dei rifiuti o di siti abilitati per il loro stoccaggio.
Le indagini condotte in Puglia hanno in tal modo permesso di ricostruire molteplici operazioni di movimentazione di questi rifiuti (plastiche, gomme, rifiuti ingombranti, guaine in catrame e fanghi), dunque di genere speciale e pericoloso che dalla Campania raggiungevano alcune zone della provincia di Lecce e di quella di Taranto dove venivano “tombati”, vale a dire abbandonati all’interno di ex cave o di capannoni industriali in disuso, dove venivano successivamente dati alle fiamme determinando un inquinamento dell’aria come del suolo facile da immaginare, il tutto con la collaborazione “tecnica” offerta al riguardo da autotrasportatori, da intermediari vari, nonché da addetti allo scarico ed alla ricerca dei siti idonei all’illecito smaltimento.
La vicenda, secondo gli inquirenti, oltre a causare un inquinamento ambientale dai preoccupanti contorni per l’entità che lo ha contraddistinto, ha altresì generato una sleale concorrenza tra le aziende con quelle che, avvalendosi del sodalizio di trafficanti in questione, hanno così potuto abbattere di molto i costi di smaltimento dei rifiuti da loro prodotti.
A ciò si aggiungono anche i sei sequestri di questi rifiuti avvenuti in flagranza di reato, con la contestuale ricostruzione documentale di numerosissimi sversamenti clandestini avvenuti attraverso la falsificazione dei formulari di identificazione rifiuti, nonché con la clonazione di autorizzazioni amministrative rilasciate per tale specifica attività.
Da rilevare, nell’intero contesto operativo qui descritto, il forte spirito collaborativo intervenuto tra la Guardia di Finanza ed i Carabinieri, ai quali va riconosciuto il merito di aver dato avvio alle operazioni, nonché la grande unità d’intenti dimostrata tra le due Direzioni Distrettuali Antimafia presso le Procure della Repubblica di Torino e Lecce che hanno magistralmente diretto le indagini nei circondari giudiziari di rispettiva competenza.
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