Di Dario Gravina
Catanzaro. Non si erano ancora completamente manifestati gli sviluppi dell’operazione “Petrol Mafie SpA” che, l’8 aprile scorso, aveva portato al fermo di 15 persone, quand’ecco che stamani i finanzieri del Comando Provinciale di Catanzaro – Nucleo Polizia Economico Finanziaria ed i carabinieri del Raggruppamento Operativo Speciale (ROS) hanno eseguito 56 misure cautelari (delle quali 28 in carcere, 21 ai domiciliari, 4 obblighi di dimora e 3 misure interdittive), nei confronti di altrettanti soggetti indagati nell’ambito dell’indagine coordinata dalla locale Direzione Distrettuale Antimafia (DDA), che ha svelato un’intera rete affaristica e di connivenze varie nei quali risultano implicati imprenditori collusi ed esponenti della ‘ndrangheta calabrese, in particolare quelli legati al clan dei Mancuso di Limbadi (Vibo Valentia).

Operazione della GDF e dei ROS dei Carabinieri contro la ‘Ndrangheta nel Vibonese
I capi d’accusa formulati dalla DDA catanzarese per i soggetti raggiunti oggi dalle citate misure cautelari sono molteplici: associazione di stampo mafioso, associazione per delinquere finalizzata ai delitti di estorsione, riciclaggio, intestazione fittizia di beni, evasione fiscale, emissione ed utilizzo di fatture per operazioni inesistenti, contraffazione ed utilizzazione di falsi documenti d’accompagnamento per prodotti sottoposti ad accisa; il tutto aggravato dall’aver agevolato note compagini della criminalità organizzata attive sul territorio calabrese.

Carabinieri del ROS eseguono un arresto
Le attività investigative in parola hanno visto fortemente impegnati il ROS dei Carabinieri, al quale è stata affidata la complessa parte giudiziaria della vicenda, mentre la componente specialistica della Guardia di Finanza si è occupata delle frodi messe in atto dai responsabili in materia di accise; il tutto nell’ambito di una fattiva sinergia operativa che ha finalmente consentito di chiudere il cerchio su fiorenti attività illecite, dalle quali traeva ingentissimi guadagni uno del clan di ‘ndrangheta più pericolosi.
Importanti beni immobili riconducibili ai responsabili – siti in 13 diverse provincie tra Veneto, Calabria e Sicilia – rappresentati da società di capitali e ditte individuali operanti nel settore del commercio di prodotti petroliferi ed in quello dei trasporti, sono già stati sottoposti a sequestro d’urgenza nonché affidati agli Amministratori Giudiziari nominati dal Tribunale.
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