Di Marco Lainati
Palermo. Sono 70 i militari della Guardia di Finanza e dell’Arma dei Carabinieri impegnati nell’esecuzione di 10 arresti (dei quali nove in carcere e uno ai domiciliari), disposti dalla Direzione Distrettuale Antimafia (DDA) di Palermo dei confronti di altrettanti soggetti ritenuti responsabili, a vario titolo, di concorso esterno in associazione di tipo mafioso, associazione per delinquere finalizzata al delitto di usura, usura ed estorsione aggravata dal metodo mafioso nonché trasferimento fraudolento di valori.
L’indagine, che ancora una volta ha visto un’eccellente sinergia operativa tra i finanzieri del Nucleo Speciale Polizia Valutaria e dei Carabinieri del Comando Provinciale di Palermo, ha avuto avvio tempo addietro allorquando gli investigatori iniziarono a scoprire l’esistenza d’un sodalizio criminale radicato tra i comuni di Bagheria (Palermo), Villabate (Palermo) e Ficarazzi (Palermo), attivo nella concessione di prestiti a “strozzo”, nonché ad individuare successivamente una lunga serie di vittime che versavano ormai in stato d’indigenza a causa degli esorbitanti tassi d’interesse (tra il 143% ed il 500% annuo) pretesi dagli usurai.
Secondo un classico cliché di questi casi, non mancavano le sistematiche minacce e violenze nei confronti dei debitori in ritardo con i pagamenti, il tutto portato avanti con evidenti modalità mafiose che venivano da subito palesate alla vittima di turno ed a cui – a scanso di eventuali incomprensioni – veniva fatta chiaramente notare la provenienza mafiosa delle somme di denaro concesse a titolo di “finanziamento”.
Nella vicenda di primo piano è certamente il ruolo assunto da un avvocato che gli inquirenti classificano come pienamente inserito nel citato giro usurario, il quale, in qualità di “uomo d’onore” contiguo ad una nota famiglia mafiosa di Misilmeri (Palermo), più volte ha indossato le vesti di portavoce di un suo assistito (attualmente detenuto per reati di mafia) veicolandone all’esterno ordini e direttive per gli altri associati al suo clan, nonché per la gestione delle attività imprenditoriali, la cui titolarità era camuffata dai sempre presenti “prestanome”, nelle quali venivano investiti soldi provenienti da altre attività delittuose.
Da rilevare, nella medesima vicenda giudiziaria, anche la figura rappresentata da una funzionaria in servizio presso un’importante società incaricata di gestire la riscossione dei tributi e delle altre entrate nella Regione Sicilia la quale, sempre secondo quanto emerso dalle indagini congiunte GDF-Carabinieri, in maniera illecita forniva al citato gruppo criminale notizie di carattere riservato sulle posizioni debitorie di numerosi soggetti, verso i quali successivamente si “adoperava” assicurando loro la possibilità di ottenere facilmente e velocemente il denaro di cui avevano bisogno.
© RIPRODUZIONE RISERVATA