Guardia di Finanza: eseguita dagli specialisti dello SCICO la confisca di beni appartenenti a un imprenditore in rapporti d’affari con la cosca ‘ndranghetista “Grande-Aracri”

ROMA. Sono stati i Finanzieri del Servizio Centrale Investigazione Criminalità Organizzata (SCICO), in collaborazione con i colleghi dei Nuclei Polizia Economico Finanziaria di Reggio Emilia e Mantova, a eseguire il provvedimento di confisca delegato dal Tribunale di Bologna – Sezione Misure di Prevenzione, che ha colpito un imprenditore di origine calabrese ritenuto attiguo alla cosca di ‘ndrangheta “Grande-Aracri”, raggiunto anche dalla misura di prevenzione personale della sorveglianza speciale per cinque anni.

Già nello scorso dicembre, nei confronti dello stesso imprenditore, erano stati sottoposti a sequestro beni e partecipazioni di nove società, nonché disponibilità finanziarie per oltre 300 mila euro, anche se le indagini della Guardia di Finanza non si erano comunque concluse, ciò per effetto di una interdittiva antimafia emessa dalla Prefettura di Reggio Emilia che aveva interessato una serie di società attive nel settore edile.

Stemma SCICO Guardia di Finanza

Quelle società erano, infatti, ricollegate al citato imprenditore nonché inizialmente inserite nel circuito delle imprese operanti nella ricostruzione avviata a seguito del violento terremoto avvenuto a giugno 2012, che danneggiò numerosi edifici, monumenti e strutture industriali site tra le province di Bologna, Modena, Ferrara, Mantova e Reggio Emilia.

Proprio in presenza del suddetto provvedimento interdittivo la Direzione Nazionale Antimafia e Antiterrorismo aveva così delegato agli specialisti dello SCICO della Guardia di Finanza una serie di approfondimenti, che avevano messo in luce sia la sproporzione patrimoniale a fronte della capacità reddituale dichiarata dall’imprenditore medesimo, sia la presenza di significativi elementi probatori comprovanti la sua pericolosità sociale.

Operatore dello SCICO in attività di consultazione banche-dati

Le sue attività economiche avevano, infatti, visto l’emissione di fatture false come l’impiego di prestanomi, il tutto per favorire gli interessi della ‘ndrina “Grande-Aracri”, noto sodalizio criminale originario della provincia di Crotone, ma che ha fatto arrivare le sue ramificazioni sin in territorio emiliano, come ampiamente dimostrato dall’operazione “AEMILIA” condotta nel 2015, che vide il coinvolgimento di 160 soggetti arrestati tra Emilia Romagna, Lombardia, Piemonte, Veneto, Calabria e Sicilia.

Tutti accusati di associazione mafiosa, estorsione ed intestazione fittizia di beni, con conseguenti condanne che la Corte di Cassazione ha peraltro confermato per oltre 70 posizioni.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Autore