Guardia di Finanza: in Lombardia, Operazione “Cardine – Metal money”. Le mani della ‘ndrangheta sullo smaltimento dei rifiuti

Di Mariateresa Levi

Milano. È scattata alle prime luci dell’alba con l’esecuzione di 18 misure di custodia cautelare l’Operazione “Cardine – Metal money”, condotta dai Finanzieri del Nucleo Polizia Economico Finanziaria (GICO) di Milano e Lecco, sotto il coordinamento della locale Direzione Distrettuale Antimafia (DDA) e con la collaborazione degli agenti della Questura lecchese che ha permesso di svelare un’associazione a delinquere di tipo mafioso specializzata nel traffico di rifiuti, nella frode fiscale, nell’autoriciclaggio, nell’usura e nell’estorsione.

Un momento dell’operazione della GDF

La complessa attività investigativa culminata con gli odierni arresti e con numerose perquisizioni, a seguito delle quali sono stati rinvenuti beni di valore ed armi illegalmente detenute, ha infatti permesso di ricostruire i business illeciti realizzati da un gruppo di ‘ndranghetisti operante nel lecchese e capeggiato dal pregiudicato Cosimo Vallelonga, già implicato in precedenti operazioni antimafia svolte negli anni ’90 e nel 2010 e già condannato ai sensi dell’articolo 416/bis del Codice Penale.

Secondo quanto ricostruito dagli investigatori della GDF e della PS, il Vallelonga, una volta scontato il periodo di carcerazione al quale era stato sottoposto, aveva ripreso i vecchi contatti nel mondo della criminalità organizzata e rivitalizzato il suo sodalizio di ‘ndrangheta, tornando a commettere diversi reati nonché ricevendo nel suo negozio di arredamenti in Brianza alcuni esponenti delle famiglie ‘ndranghetiste della zona, con lo scopo concordare nuove strategie criminali, eludere i controlli disposti dall’Autorità Giudiziaria nonché dirimere le controversie.

Le indagini della GDF e della PS hanno scoperto il traffico in mano alla ‘ndrangheta

Dietro il paravento offerto dalla sua attività commerciale, il Vallelonga riceveva anche imprenditori in difficoltà finanziarie, ai quali proponeva prestiti (chiaramente a tassi usurari).

Non mancava poi un’attenta pianificazione dei proventi delle attività illecite, che difatti venivano rinvestiti nei circuiti economici legali.

A Cosimo Vallelonga sono peraltro risultati strettamente collegati Vincenzo Marchio ed il figlio Pierino, a loro volta sodali della famiglia di ‘ndrangheta dei “Coco Trovato”, stabilitasi in Lombardia da molti anni, nonché un altro soggetto che coadiuvava il Vallelonga nel recupero dei crediti.

La criminalità organizzata allunga sempre i suoi tentacoli verso ogni forma d’illecito che possa consentirgli guadagni, ed anche in questo il Vallelonga non era stato certo a guardare organizzando – con la collaborazione di altri indagati – un imponente traffico illecito di rifiuti provenienti da lavorazioni di materiali ferrosi, messo in atto attraverso alcune imprese specializzate nel settore e che si sostanziava con l’illecita movimentazione di questi rifiuti che venivano scortati da falsi documenti di identificazione dei rifiuti.

Per gli inquirenti questo era un traffico da oltre 10 mila tonnellate, che veniva attuato anche ricorrendo a società-fantasma che hanno annotato fatture false per circa 7 milioni di euro euro.

Per dare una dimensione alla remuneratività di tale traffico, basti considerare come il denaro necessario per gli acquisti – rigorosamente “in nero” – dei materiali ferrosi provenisse da conti correnti intestati agli immancabili “prestanome”, somme che venivano quotidianamente prelevate da sportelli bancari e postali per un importo complessivo di circa 30 milioni di euro in un solo triennio.

Nel corso della attività d’indagine, la Polizia Stradale di Brescia aveva già effettuato il sequestro di un trasposto di rifiuti pericolosi costituito da 16 tonnellate di trinciati di rame radioattivi, a dimostrazione di come l’organizzazione fosse pronta a lucrare su qualsiasi materiale di scarto a prescindere dalla sua capacità contaminante.

Un traffico di queste dimensioni generava non solo profitti economici rilevanti che occorreva riciclare, ma garantiva altresì il supporto dei sodali del gruppo nella costituzione di nuove realtà imprenditoriali lecite nel commercio delle auto e nella ristorazione, nella gestione dei rifiuti senza dimenticare quello dell’abusiva attività di finanziamento che, con tassi d’interesse fino al 40% annuo e corredo di pesanti e minacce (anche con l’utilizzo di armi) in caso di ritardo nei pagamenti, hanno messo in crisi diversi imprenditori lombardi.

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