Guardia di Finanza: lotta alla mafia, a Palermo eseguiti sequestri per oltre 6 milioni di euro nei confronti della famiglia di Villaggio Santa Rosalia

Di Antonella Casazza

Palermo. Beni per 6.000.0000 di euro sono stati sequestrati dai finanzieri del Comando provinciale di Palermo – Nucleo Polizia Economico Finanziaria, nei confronti di otto soggetti indiziati di essere appartenenti alla famiglia mafiosa del Villaggio Santa Rosalia, articolazione territoriale di “Cosa nostra” del mandamento Pagliarelli, nonché indagati per traffico di sostanze stupefacenti e per trasferimento fraudolento di valori aggravato dalla finalità mafiosa.

Un Finanziere del GICO Palermo in attività di intercettazione

La ricostruzione operata dalla Procura della Repubblica palermitana – Direzione Distrettuale Antimafia, si basa sulle fonti di prova che gli investigatori della GDF avevano già raccolto a giugno scorso, allorquando – al termine dell’operazione denominata “Villaggio di Famiglia” – eseguirono ben 33 misure cautelari.

Quella stessa operazione avrebbe infatti delineato ben consolidate quanto diffuse dinamiche criminali messe in atto attraverso un penetrante controllo economico esercitato nel quartiere “Villaggio Santa Rosalia” dall’omonima famiglia mafiosa, al cui vertice figurerebbe uno degli uomini d’onore più influenti di “Cosa nostra” palermitana.

Le stesse indagini avrebbero dunque fatto emergere una massiccia infiltrazione mafiosa nel tessuto economico legale avvenuta in più modi e settori, come il controllo delle postazioni per la vendita ambulante del pane, l’imposizione di un “monopolio” nella fornitura di fiori per i rivenditori posti in prossimità delle aree cimiteriali e la concessione di specifiche “autorizzazioni” per l’apertura di negozi o per il cambio di gestione.

Attività tipicamente mafiose alle quali vanno aggiunte pesanti ingerenze nella conclusione di affari immobiliari a favore di soggetti contigui alla citata famiglia, nonché l’acquisizione di posizioni dominanti all’interno di aziende operanti nel settore edile e del movimento terra, anche queste direttamente riconducibili agli interessi del clan di Villaggio Santa Rosalia.

Autopattuglia del Comando Provinciale Guardia di Finanza Palermo

A completamento di un quadro già connotato da gravi reati, anche quello di un ben strutturato traffico di cocaina dalla Calabria, che gli stessi investigatori hanno scoperto ad al cui capo figura uno dei massimi esponenti della medesima famiglia.

Come sempre attività di polizia di questo tipo scaturiscono da un approfondito screening economico-finanziario condotto dalla Guardia di Finanza che in tal modo – di concerto con la Direzione Distrettuale Antimafia – riesce a valorizzare in chiave patrimoniale i diversi elementi acquisiti nel corso delle indagini, che poi vengono confrontati ed incrociati con le informazioni estratte dalle banche-dati in uso al Corpo.

Un lavoro che unisce dunque la tecnologia alle più avanzate tecniche investigative e che, come in questo caso, ha permesso di accertare l’assoluta sproporzione esistente tra i beni nella disponibilità degli indagati e la loro dichiarata capacità economica; discrepanze queste che (unitamente alle altre evidenze investigative) hanno indotto il Tribunale a ritenere che il patrimonio ricostruito dalle indagini fosse derivante da attività criminose come dal reimpiego dei relativi proventi.

Per tale motivo la competente Autorità Giudiziaria ha disposto il sequestro – finalizzato alla successiva confisca “per sproporzione” – di 13 immobili, 7 attività economiche (operanti nei settori del commercio di veicoli, del movimento terra, del trasporto merci su strada, dei minimercati, della produzione di prodotti di panetteria, della ristorazione e del commercio di frutta e verdura) nonché di 6 veicoli per un valore complessivo che supera i 6 milioni di euro.

Resta in ogni caso inteso che il provvedimento giudiziario in parola è stato emesso sulla scorta degli elementi probatori acquisiti in fase di indagine preliminare, pertanto – in attesa di giudizio definitivo – il provvedimento stesso, così come la posizione degli indagati, permangono nell’alveo della presunzione di innocenza costituzionalmente garantita.

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