Guardia di Finanza: maxi-frode fiscale nel commercio di dati, sequestrati 95 milioni di euro e arrestati due imprenditori

Di Valentina Giambastiani             

Milano. Ha proporzioni davvero rilevanti (95 milioni di euro) il sequestro di beni che i finanzieri del Comando provinciale di Milano, dietro coordinamento della Procura Europea (EPPO), hanno eseguito nei confronti di 16 persone fisiche e 2 aziende del settore delle telecomunicazioni ritenute implicate in una maxi-frode fiscale, provvedimento che si unisce all’arresto di due imprenditori italiani residenti in Svizzera.

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I citati provvedimenti giudiziari giungono a seguito di alcune verifiche di natura fiscale, che gli investigatori del Nucleo Polizia Economico Finanziaria (PEF) e gli ispettori dell’Ufficio Antifrode dell’Agenzia delle Entrate di Milano avevano avviato due anni fa; un lavoro complesso ma che alla fine ha permesso di accertare l’esistenza di un molto ben congeniato circuito di false fatturazioni messo a punto nel commercio del traffico-dati internazionale VoIP.

Nell’ambito delle medesime indagini – a ottobre 2023 – era già stato arrestato un broker italiano formalmente residente in territorio elvetico al quale vennero altresì sequestrati oltre 50 milioni di euro, somma che gli inquirenti ritennero corrispondente al volume dell’IVA evasa.

Successivamente a tale arresto ed al contestuale sequestro, gli investigatori hanno comunque proseguito nel loro lavoro fino a rintracciare gli ulteriori anelli facenti parte di un’unica catena frodatoria, nonché andando ad individuare altri due imprenditori italiani – anche questi formalmente residenti in Svizzera – ai quali facevano peraltro capo società-fantasma e alcune società-filtro funzionali alla frode fiscale in argomento.

Nell’ambito delle indagini sono altresì emersi i ruoli di altri due soggetti del Novarese che agivano da reclutatori e coordinatori di diversi prestanome, dunque di persone generalmente nullatenenti ai quali attribuire la rappresentanza legale delle società utilizzate nel descritto circuito fraudolento.

Le false fatturazioni aventi ad oggetto il traffico-dati transitavano poi da diverse “conduit company” estere, in altre parole da società esistenti solo sulla carta nonché da società-filtro italiane, per poi raggiungere le società “beneficiarie” della frode fiscale.

Uno schema molto articolato quanto efficace dunque che permetteva di rivendere prestazioni di servizi alle suddette società straniere attraverso un’operazione non-imponibile IVA, andando in tal modo ad abbattere il proprio debito verso l’Erario oltre che a dar vita ad un nuovo giro di fatture false.

È ogni caso opportuno evidenziare che il procedimento penale innescato dalle indagini si trovi ancora nella fase delle indagini preliminari, pertanto ogni giudizio di colpevolezza nei confronti degli indagati non potrà essere pronunciato sino ad intervenuta sentenza irrevocabile di condanna sussistendo – fino a quel momento – la presunzione d’innocenza.

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