Guardia di Finanza: maxi frode fiscale tra la Provincia di Ravenna e l’hinterland romano. Sequestrati 40 milioni di euro

Di Pierluca Cassano                        

RAVENNA.  Un’indagine diretta dalla Procura Europea – distretto di Bologna e affidata agli investigatori del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Ravenna, ha consentito di eseguire due provvedimenti di sequestro preventivo emessi nei confronti di altrettante società di capitali, operanti una in Provincia di Ravenna e l’altra nell’hinterland romano, per un valore complessivo di circa 40 milioni di euro.

Da un’analisi svolta nel settore della produzione e della distribuzione di software e prodotti informatici e dal riscontro di possibili anomalie connesse all’offerta di prezzi di vendita molto inferiori a quelli normalmente praticati sul mercato, i Finanzieri hanno avviato approfondimenti più complessi, condotti oltre i confini nazionali, attraverso l’attivazione di strumenti di cooperazione giudiziaria in Svizzera, nelle Antille olandesi (Curacao), in Belgio, Lettonia, Olanda e Ungheria, ossia in Paesi dove erano “transitate” le fatture e i flussi finanziari funzionali al perseguimento della frode.

Finanzieri durante le indagini

Il risultato è stato la più rilevante “frode carosello” scoperta in provincia, ossia una frode all’I.V.A. che è così denominata poiché richiede il coinvolgimento di numerosi soggetti (molti dei quali fittizi e residenti in Paesi esteri) il cui compito è essenzialmente quello di far girare “vorticosamente” i prodotti commercializzati – talvolta solo “sulla carta”  – allo scopo di costituire indebiti crediti IVA e consentire ai beneficiari finali della frode di conquistare maggiori quote di mercato, così pregiudicando la leale concorrenza tra operatori.

Nel caso dell’azienda ravennate, è stato rilevato che le società riuscivano ad acquistare dai propri “fornitori” a prezzi ancor più vantaggiosi di quelli proposti dalla stessa software house ovvero dalla casa madre del prodotto informatico. Vantaggio di cui avevano evidenza gli stessi indagati che, come emerso dall’acquisizione delle chat informatiche e da intercettazioni telefoniche ed ambientali, definivano i medesimi “fornitori” quali “mercato grigio” o addirittura “mercato creativo”: basti considerare che, in alcune occasioni, la stessa società riusciva a vendere ai propri clienti al prezzo che la stessa avrebbe dovuto, invece, pagare alla casa madre ma, grazie alla frode carosello accertata, riusciva comunque ad ottenere un guadagno di oltre il 10% sul singolo pezzo venduto.

Le stesse captazioni hanno palesato la consapevolezza, da parte sia degli amministratori, sia di alcuni dipendenti della società, di essere inseriti nel sistema di frode, poiché gli stessi indagati – sui quali vige comunque il principio della presunzione di innocenza fino all’eventuale sentenza irrevocabile di condanna – a seguito di alcune perquisizioni, pianificavano dettagliatamente cosa riferire agli investigatori in caso di interrogatori.

Nel corso delle indagini, in aggiunta, le Fiamme Gialle ravennati hanno accertato come le condotte descritte si inserissero, in realtà, in una più ampia frode carosello che vedeva, tra il 2015 ed il 2022, l’emissione, da parte di oltre 70 società, di fatture per operazioni inesistenti per oltre 2 miliardi di euro.

Pertanto, è stata individuata una seconda società italiana coinvolta, questa volta operante nel territorio romano che, a sua volta, aveva nel tempo contabilizzato fatture per operazioni inesistenti per circa 53,5 milioni di euro. Anche in tal caso l’Autorità Giudiziaria competente ha concordato con la ricostruzione del quadro accusatorio, emettendo un provvedimento di sequestro preventivo per circa 12 milioni di euro, esteso anche a quello che è risultato l’amministratore di fatto della medesima società: in tale occasione, tra l’altro, sono state sottoposte a sequestro anche due auto d’epoca.

Le operazioni fino ad ora hanno consentito di sottoporre a sequestro oltre 28 milioni di euro tra disponibilità finanziarie, immobili per 6,5 milioni di euro e quote societarie per circa 460 mila euro. Proprio per queste ultime quote societarie, le autorità giudiziarie competenti, su richiesta della Procura Europea, stanno valutando la nomina di un amministratore giudiziario al fine di consentire, comunque, la prosecuzione dell’attività imprenditoriale.

L’attività di servizio testimonia l’impegno profuso dalla Guardia di Finanza nel contrasto alle frodi internazionali che ledano l’integrità dei pubblici bilanci, anche quelli europei, mediante l’effettuazione di indagini che mirano alla ricostruzione delle filiere illecite e alla sistematica aggressione dei patrimoni e delle disponibilità finanziarie indebitamente conseguiti. Ciò a tutela anche degli operatori rispettosi delle regole e dei consumatori, in una prospettiva di garanzia del regolare funzionamento dei meccanismi di libera concorrenza.

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