Guardia di Finanza: Napoli, eseguito un nuovo sequestro da 59 milioni di euro a seguito d’una precedente indagine condotta nel commercio di prodotti petroliferi

Di Claudio Bellumori e Consuelo Chiara Maria Sortino

Trieste – Napoli. Erano riusciti ad ottenere una posizione dominante sul ricco mercato dei prodotti petroliferi, ma dietro tale successo imprenditoriale si nascondevano una lunga serie di reati fiscali già oggetto di una precedente indagine ma che ora, a seguito delle nuove risultanze probatorie emerse, ha visto l’esecuzione di un ulteriore sequestro preventivo – finalizzato alla confisca – per un valore che supera i 59.000.000 di euro.

A scoprire l’esistenza di altre ricchezze, probabilmente acquisite in maniera illecita ma comunque da cautelare, sono stati i finanzieri dei Comandi Provinciali di Trieste e Napoli i quali, coordinati dalla Procura della Repubblica partenopea, hanno allargato le indagini sul conto di 5 soggetti fortemente sospettati di essere implicati nella medesima frode fiscale.

A finire inizialmente nei guai era stata una società a responsabilità limitata, già sottoposta a sequestro nel marzo scorso dai militari delle fiamme gialle, in quanto ritenuta al vertice d’un gruppo d’imprese “fantasma” dislocate sull’intero territorio nazionale ed appositamente costitute con lo scopo di frodare il Fisco.

L’ampliamento delle indagini ha infatti permesso di estendere le iniziali contestazioni di reati fiscali nei confronti dei sopracitati soggetti (gestori di fatto delle società), e dunque di disporre nei loro confronti l’odierno maxi-sequestro – anche “per equivalente” – sulla scorta di nuove ipotesi di reato derivanti dall’emissione e l’utilizzo di fatture per operazioni inesistenti (tecnicamente definite “f.o.i.”), di cui si sarebbero resi responsabili tanto i rappresentanti legali delle società quanto i suddetti gestori.

Le originarie contestazioni penali mosse dall’Autorità Giudiziaria inquirente avevano in effetti riguardato una dichiarazione fraudolenta ed un’omessa dichiarazione, a cui si sono aggiunte le citate ipotesi correlate all’emissione e all’utilizzo di “f.o.i.” che avrebbero riguardato qualcosa come oltre 30.000.000 di euro in fittizi acquisti e cessioni di carburante da parte della principale società del gruppo.

Secondo gli investigatori della GDF triestina e napoletana, l’interposizione di diverse società “fantasma” avrebbe per di più comportato un’evasione all’IVA vicina ai 7.000.000 di euro.

GDF – controlli accise

La correlazione tra i titolari di fatto dell’azienda principale ed i suoi gestori legali avrebbe dunque consentito ai primi di cedere milioni di litri di carburanti per autotrazione a società esistenti solo sulla carta, falsamente dichiaratesi “esportatori abituali” e che – proprio sfruttando tale veste – potevano così acquistare i prodotti petroliferi in questione senza vedersi applicata l’imposta sul valore aggiunto.

Agendo su tale meccanismo fraudolento, le società acquirenti andavano successivamente a rivendere gli stessi prodotti applicando l’IVA ai clienti finali senza però versare tale imposta all’Erario, prima di sparire nel nulla secondo il più classico degli schemi della c.d. “frode carosello”.

La vicenda dimostra come la complessità delle indagini condotte nel settore fiscale possa spesso comportare nuovi esiti con la contestuale scoperta di nuove responsabilità, che inizialmente si posso celare tra i fitti intrecci di queste particolari frodi nonché dei reati tributari che ad esse sono inequivocabilmente collegati.

Le competenze della Guardia di Finanza, che proprio nella repressione a tali crimini impiega molte tre le sue migliori risorse investigative, consentono tuttavia all’Autorità Giudiziaria una sempre più penetrante azione di accertamento delle responsabilità ed aggressione ai patrimoni illeciti, a tutela degli interessi finanziari dello Stato ma anche della libera concorrenza tra le imprese che lavorano nel rispetto delle regole.

 

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