Guardia di Finanza: operazione “Carry on Shell”, scoperta una maxi-evasione IVA realizzata attraverso il sistema delle false fatturazioni. Sequestrati beni per 32 milioni di euro

Di Gianluca Filippi

BOLOGNA. Ammonta a 32.000.000 di euro il valore complessivo del sequestro in denaro contante, disponibilità bancarie, immobili e quote societarie, disposto dal GIP del Tribunale di Bologna all’esito di indagini condotte dai finanzieri del Comando Provinciale felsineo – Nucleo Polizia Economico Finanziaria (PEF) nei confronti di quattro aziende operanti nel settore della commercializzazione all’ingrosso di prodotti informatici.

Finanzieri del Comando Provinciale di Bologna

Le aziende in questione erano state sottoposte nel 2020 a verifica fiscale da parte delle fiamme gialle, ma le conseguenti risultanze avevano però richiesto una più approfondita attività investigativa che gli specialisti del locale Nucleo PEF hanno compiuto attraverso accessi aziendali e domiciliari, rilevamenti nonché con l’acquisizione di documentazioni fiscali e informatiche, consentendo loro di far luce su una c.d. “frode carosello” il cui schema criminoso – messo in atto tra il 2016 e il 2019 – avrebbe permesso a ideatori ed altri soggetti implicati un’evasione dell’Imposta sul valore aggiunto per 44 milioni di euro, utilizzando al riguardo (anche se in maniera completamente illecita) la normativa europea che regola le transazioni intracomunitarie non-imponibili ai fini IVA.

A capo del descritto meccanismo frodatorio un 45enne di origine ternane stabilmente residente nel capoluogo emiliano, al quale si sono affiancate 46 imprese – in larga parte risultate “evasori totali” dunque completamente sconosciute al Fisco – dislocate in Emilia Romagna e in altre regioni del Nord Italia.

Lo stesso artefice della frode aveva inoltre posto a capo di alcune aziende suoi “prestanome”, i quali erano funzionali all’acquisto di prodotti informatici ceduti da una società polacca senza l’applicazione dell’IVA.

La merce in questione veniva poi ceduta (soltanto sulla carta oltre che sottocosto) a ulteriori società, create queste con lo scopo di costituire vere e proprie interposizioni nei vari passaggi commerciali presenti lungo la catena di vendita, in modo tale da rendere più difficoltosa la scoperta del sistema illecito.

Finanzieri impegnati nel lavoro d’ufficio

Le imprese di cui sopra – oltre a non versare l’IVA ed a non presentare alcuna dichiarazione fiscale – venivano fatte “cessare” dopo pochi mesi di vita per essere prontamente sostituite da altre, mentre i prodotti informatici, ceduti a prezzi oltremodo competitivi alle società bolognesi, andavano ad essere commercializzati sul web generando rilevanti profitti e indebiti vantaggi fiscali, sia in termini di risparmio d’imposta, sia d’ingenti crediti IVA vantati con l’Erario.

Per gli investigatori della GDF sono 63 i soggetti coinvolti nella frode e per questo denunciati – a vario titolo – per i reati di omesso versamento dell’IVA, emissione e utilizzo di fatture per operazioni inesistenti e omessa presentazione delle dichiarazioni fiscali.

Per meglio inquadrare la portata della frode in questione basti considerare come, nella sola provincia di Bologna, sia stato ricostruito un giro di false fatture per un ammontare di 210 milioni di euro, il cui massiccio utilizzo ha così indotto l’Autorità Giudiziaria inquirente a notificare dieci avvisi di conclusione delle indagini che hanno raggiunto l’artefice della frode ed i legali rappresentanti legali delle aziende a lui collegate.

Resta in ogni caso inteso come ai medesimi indagati, nell’attuale fase delle indagini, vada riconosciuta la presunzione d’innocenza e che la stessa non potrà intendersi decaduta sino ad eventuale pronunciamento d’una sentenza definitiva di condanna.

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