Di Michele Toschi
Bologna. Ha un nome eloquente l’operazione portata oggi a termine dai Finanzieri del Comando Provinciale di Bologna i quali, in collaborazione con i colleghi del Comando Provinciale di Foggia, hanno arrestato per bancarotta fraudolenta un imprenditore sequestrandogli, al contempo, beni e disponibilità finanziarie per circa 3 milioni di euro, in quanto ritenute provento delle sue attività truffaldine nonché di quanto sottratto all’Erario.

Operazione della GdF a Bologna
L’indagine che le Fiamme Gialle del capoluogo felsineo hanno condotto sotto il coordinamento della locale Procura della Repubblica, si è accentrata sugli strani artifizi contabili realizzati dall’indagato (un 60enne residente in provincia di Foggia), nonché su altre quattro persone – attualmente denunciate a piede libero – messi in atto per commettere plurimi reati fiscali, ovvero incassare sostanziosi guadagni senza versare nulla al Fisco, frodare i propri fornitori senza assolvere agli obblighi creditizi e poi sparire nel nulla con tutto il maltolto.
La vicenda ha preso le mosse dal fallimento di una società operante nel settore della compravendita di autovetture ed altri veicoli, peraltro già affermata nella zona di Cerignola (Foggia) ma che era poi stata stranamente trasferita a Bologna.
Secondo quanto ricostruito dagli investigatori della GdF l’imprenditore, nell’arco di 5 anni, si era reso responsabile non solo del reato di bancarotta fraudolenta patrimoniale e documentale, ma anche di altre condotte criminose tipiche come quelle di dichiarazione infedele, omessa dichiarazione e distruzione di scritture contabili.
Tutto ciò in base ad un preordinato disegno delittuoso che prevedeva la “volatizzazione” della sua società (trasferita presso un indirizzo bolognese dove però risultava sconosciuta) nonché intestando quote a cariche della società medesima in capo a semplici prestanome nullatenenti.
Lo schema, peraltro ricorrente in questo tipo di frodi tributarie, mirava dunque a realizzare truffe in danno di ignari fornitori che non si vedevamo mai corrisposto quanto da loro consegnato alla predetta “società-fantasma” la quale, dopo aver versato solo piccoli acconti, spariva poi nel nulla dopo aver emesso assegni post-datati privi di copertura, oppure resi irregolari al momento dell’incasso.
Tra gli stratagemmi messi in atto dal responsabile, infatti, c’era anche quello di cambiare a ripetizione l’amministratore formale della società (dunque della persona autorizzata alla firma delle traenze degli assegni in scadenza), trucchetto questo che mandava così a vuoto ogni legittima pretesa di pagamento.
In tal modo i debiti maturati in capo all’impresa commerciale in questione aumentavano a dismisura senza che venissero mai assolti, atteso che i sostanziosi guadagni derivanti della vendita degli autoveicoli venivano sistematicamente distratti dalle casse societarie causando così l’inevitabile fallimento (chiaramente fraudolento) della compagine stessa.
Un piano connotato da una spudorata disonestà, che danneggiava dunque anche le altre imprese della zona attive nel settore dell’auotomotive e che lavorano nel rispetto delle regole commerciali, concorrenziali e fiscali, ma che ora le Fiamme Gialle hanno finalmente portato alla luce a seguito di serrate indagini di natura patrimoniale e bancaria, nonché grazie all’esecuzione di numerose perquisizioni locali che i militari hanno effettuato nelle provincie di Foggia, Venezia, Verona, Treviso, Rovigo e Cosenza, sino alla completa acquisizione di tutto il materiale probatorio utile alle indagini ed all’esatta individuazione dei ruoli e delle responsabilità di tutti i soggetti coinvolti nell’illecita vicenda.
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